Lo Statuto dei Lavoratori compie 50 anni, è stata una legge fondamentale per la tutela dei diritti nei luoghi di lavoro, sulla difesa della dignità dei lavoratori, sulla libertà dell’attività sindacale. Oggi però è stata derogata e modificata specie dalla legislazione più recente.
In particolare con l’abrogazione dell’art. 18 che riteneva illegittimo il licenziamento senza giusta causa. L’approvazione del Jobs Act ha riportato indietro le lancette della storia sul piano dei diritti dei lavoratori e si è ritornato ad un periodo antecedente all’approvazione dello Statuto. Dal 1952 fu soprattutto la Cgil guidata da Giuseppe Di Vittorio che iniziò un’elaborazione di una proposta di uno Statuto del lavoro, a pochi anni dalla promulgazione della Costituzione.
Subito dopo la scissione sindacale, nel congresso di Napoli del 1952 il grande sindacalista propose l’idea di portare, come si disse all’epoca, “la Costituzione nelle fabbriche”. L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro che andava difeso e tutelato con moderne forme giuridiche e così Di Vittorio spiegò le sue ragioni con la sua accorata passione appunto nel 1952 proprio a Napoli.
“Il lavoratore è un uomo, ha una sua personalità, un suo amor proprio, una sua idea, una sua opinione politica, una sua fede religiosa, e vuole che, questi diritti siano rispettati da tutti e, in primo luogo dal padrone (…) perciò sottoponiamo al Congresso un progetto di “Statuto” che intendiamo proporre, non come testo definitivo, alle altre organizzazioni sindacali (…) per poter discutere con esse e lottare per ottenerne l’accoglimento e il riconoscimento solenne”.
Soltanto nel 1969 grazie al generoso impegno di Giacomo Brodolini si realizzò questo progetto a quasi vent’anni dalle ipotesi di Di Vittorio. Siamo in un epoca in cui ormai il passaggio da una civiltà contadina ad un mondo industrializzato era avvenuto e si cominciava a vivere la stagione buia della strategia della tensione che puntava a condizionare e frenare le lotte per i diritti dei lavoratori. Aumentava, quindi, il conflitto sociale, gli studenti scendevano in piazza, la protesta saliva nel Paese e lo Statuto dei lavoratori fu approvato ad appena cinque mesi dalla bomba di Piazza Fontana.
Giacomo Brodolini, ex vice segretario della Cgil, socialista, ministro del lavoro nel governo guidato da Mariano Rumor tracciò la strada di un disegno di legge che dava in via definitiva le garanzie della libera attività contrattuale delle organizzazioni sindacali, e con la loro consultazione, consentendo, una compiuta tutela dei lavoratori nelle aziende produttive di beni e servizi che assicurino dignità, libertà e sicurezza nei luoghi di lavoro, con particolare riferimento ai problemi della libertà di pensiero, della salvaguardia dei lavoratori singoli e della loro rappresentanza nelle aziende e delle riunioni sindacali.
A fare parte dello staff del ministro vi era anche un altro socialista, a quel tempo giovane. Gino Giugni, venne nominato all’epoca capo della commissione di esperti che Brodolini portò con sé al ministero, e così, lui stesso, raccontò la sua memorabile esperienza a fianco del Ministro: «Sembrava quasi aver fretta di portare a termine il suo compito. Riuscì a realizzare tre importanti obiettivi: la mediazione nella vertenza sulle cosiddette gabbie salariali, che favorì un accordo tra Cgil, Cisl e Uil e Confindustria sull’unificazione progressiva dei salari nel paese; una riforma che ancorando la pensione all’80% delle ultime retribuzioni ebbe effetti duraturi e venne modificata solo con Amato nel 1992, e, infine, lo Statuto dei lavoratori”.
Brodolini, infatti, ebbe fretta nell’approvazione perché era gravemente malato e non riuscì a vedere lo Statuto diventare legge, purtroppo, morì poco dopo, così l’iter del provvedimento fu seguito dal suo successore, Donato Cattin. Il ministro, però, in quei mesi straordinari diede impulso al lavoro della Commissione, affidando allo stesso Giugni la guida del progetto. Il 20 giugno 1969 il Consiglio dei ministri approvò il testo e diede così inizio al cammino parlamentare del disegno di legge che recava questo titolo “sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro”.
Quello che sarebbe diventato, un anno dopo, lo Statuto dei lavoratori, che resta la fonte normativa più importante, dopo la Costituzione, in materia di libertà e attività sindacale. Il testo composto da 41 articoli, divisi in 6 titoli, tutela la libertà e la dignità del lavoratore, la libertà e l’attività sindacale, e contiene norme sul collocamento e disposizioni penali.
Brodolini morì pochi giorni dopo quel Consiglio dei ministri del ’69. Lo statuto dei lavoratori è una pietra miliare dell’impegno riformista dei socialisti nei governi di centro sinistra e rappresentò un baluardo nella difesa dei diritti dei lavoratori.