Le comunicazioni del Ministro Di Maio alla Camera ed al Senato sulla crisi mediorientale che formulavano auspici per il ripristino della pace e dello “status quo in Terrasanta” hanno fotografato la situazione di impotenza della Comunità Internazionale in queste ore ed hanno tutto sommato riferito di una “preoccupazione” italiana per l’aggravarsi della situazione del cronico conflitto.
Quel che è apparso chiaro é che la linea, non del Ministro ma del Ministero, cerca di sintonizzarsi con le possibilità che sono date dal ripristino di una capacità degli strumenti multilaterali che durante l’era Trump sono andati in soffitta lasciando spazio, con l’abbandono americano dei teatri di crisi in MedioOriente, alle forze medie e piccole dell’area di sviluppare politiche che hanno arato i terreni delle divisioni aprendo dei solchi anziché ricercare soluzioni su larga scala e di forte condivisione, tale possiamo considerare gli “accordi di Abramo” che hanno avuto il demerito di rappresentare la Palestina e la sua causa separata dagli interessi delle potenze del Golfo.
D’altronde Israele non ha altra scelta che continuare a dividere il mondo arabo ed ha goduto dei vantaggi indiretti delle crisi che si sono aperte l’indomani delle cosiddette Primavere Arabe; la destabilizzazione dei regimi egiziano, siriano ed anche il lungo conflitto inter-iracheno hanno prodotto una relativa calma in terrasanta in modo che potesse svilupparsi la propria politica di espansionismo degli insediamenti mentre la “road map” degli accordi conclusi più di un decennio orsono, sul prato della Casa Bianca, marcivano all’ombra delle inconcludenti divisioni nel campo palestinese dove é prevalsa la posizione peggiore, fanatica ed arretrata di un movimento Hamas che tiene sotto ostaggio la striscia di Gaza e che ricerca velleitariamente la via dello scontro armato, impari quindi perdente dal principio.
L’allargamento del Conflitto in realtà riguarda la strumentalità con la quale Iran e Turchia intendono sfruttare la causa palestinese, mentre l’essenza dello stesso riguarda ormai la capacità di ripristinare la Convivenza arabo-israeliana sul territorio di Israele e la necessità di ripercorrere con realismo un nuovo dialogo che indichi degli obiettivi possibili e non chimerici; che produca una condizione di vita accettabile per i palestinesi che vivono in territori occupati militarmente e circondati da muri e fili spinati; così come é necessario impedire che la popolazione civile in Israele non sopravviva nel terrore e l’angoscia di attacchi indiscriminati provenienti dalla striscia di Gaza provocati da razzi che hanno aumentato
Potenza offensiva e lunghezza di gittata.
Di Maio non ha sviluppato alcuna proposta politica italiana, tuttavia ha cercato di inscriversi in un solco tradizionale della politica estera italiana come giustamente ha rilevato Pierferdinando Casini; d’altronde la debolezza europea rischia di crescere se non si riuscisse a sviluppare una linea concertata e condivisa all’interno della stessa Unione, dove la prevalenza tedesca non può sviluppare la condizione di neutralità necessaria per poter essere interlocutore privilegiato per entrambe le parti.
Di Maio durante le ore nelle quali l’aviazione israeliana martellava Gaza (devastanti sono state le distruzioni e numerose le vittime civili) e i razzi illuminavano il cielo di Tel Aviv, ha ricevuto alla Farnesina il Ministro degli Esteri Iraniano, non proprio un interlocutore utile per sviluppare un terreno di confronto Pacifico avendo l’Iran fra i suoi obiettivi quello di “cancellare” Israele dalla mappa geografica.
Il quartetto UN, Federazione Russa, Usa e UE deve cercare di isolare gli estremisti e ripristinare un dialogo fecondo con le nazioni che nel mondo arabo hanno interesse a ritornare protagoniste nella vicenda di pace, l’Egitto in primis che sta ritornando un player politico ed economico essenziale con buona pace di tutti coloro che invocano, in Italia, la rottura dei rapporti diplomatici.
Le forze politiche italiane si sono schierate nella loro stragrande maggioranza a fianco di Israele rispondendo ad un impulso anti-arabo, lo hanno fatto anche partiti nei quali é sempre prevalso un certo equilibrio di opinioni, a sinistra in particolare, attenta alla sicurezza ed alla Pace per Israele ed alle ragioni di una difesa della vocazione palestinese di ottenere una pace ed il riconoscimento della legalità internazionale disattesa da oltre quarant’anni.
Il Ministro ha cercato di rafforzare una politica di equivicinanza se non altro incoraggiato dalla posizione francese che si è spinta con grande vigore a richiedere nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite la condanna di Israele per la sproporzione dei suoi attacchi.
Può l’Italia essere un interlocutore privilegiato perché nel Mediterraneo la sua voce appare ancora credibile ed interessata alla cessazione dei conflitti in atto per scongiurare il perpetuarsi dello “scontro fra civiltà” che sembra segnare i giorni nostri.
Il compito del Governo Italiano resta quello di rimanere vigile sulle evoluzioni della crisi mediorientale e la discussione parlamentare é stata all’altezza di questo compito e della sua Storia recente in materia di Politica Estera nel Mediterraneo.