A quanto pare le trattative tra “pezzi” dello Stato e le organizzazioni criminali sarebbero state molteplici, proprio come rivela un pentito della camorra: “Nel 2007 i servizi segreti proposero un patto per tenere il centro di Napoli sotto controllo senza fare morti”.
Si tratta del racconto di Maurizio Ferraiuolo, ex camorrista e collaboratore di giustizia dal luglio 2013, che ha rivelato a un sostituto procuratore napoletano nel corso di un interrogatorio in carcere. L’uomo ha narrato che un capo della camorra venne prelevato dai servizi segreti e condotto in un ristorante per proporgli un accordo.
E secondo queste cose riferite al Pm i servizi segreti avrebbero proposto un patto alla camorra per “fare affari” nel centro di Napoli che non comportassero sangue e morti. Gli stralci di quanto sostenuto da questo pentito sono stati diffusi all’agenzia Ansa e si dice appunto che nel 2007 i servizi avevano preso contatti con la camorra e in particolare con Raffaele Stolder, ex capo dell’ormai estinto clan omonimo legato a quello del boss Giuliano, per chiedergli di “tenere il territorio del centro di Napoli di sua pertinenza sotto controllo, gestendo tutte le attività illecite senza fare morti e feriti…”.
Ferraiuolo era un capo del clan napoletano della “Maddalena“, e ha riferito che Stolder venne letteralmente prelevato dai servizi segreti e portato in un ristorante sul mare, a Salerno, per proporgli “una sorta di accordo” nel corso di un summit. Tutte queste notizie sono state fornite allo stesso Ferraiuolo da una persona terza di sua conoscenza, e “i menzionati rappresentanti dello Stato volevano evitare i morti dovuti alle schegge impazzite (ovvero gli elementi della criminalità organizzata fuori controllo) e, dunque, avevano individuato – spiega il collaboratore di giustizia – in mio zio, vecchio capo camorra storico, il referente affinché tenesse tutto sotto controllo”.
Tuttavia Stolder si rifiutò di collaborare con i servizi, affermando di non essere in grado di poter fare fronte alle richieste: “Mi risulta, personalmente – riferisce il pentito – che mio zio Raffaele Stolder abbia rifiutato ogni patto e ogni collaborazione con i servizi di sicurezza, e che abbia risposto che ormai, dopo tanti anni di carcere, non era più il capo camorra e che voleva riprendere a fare il ladro come faceva da ragazzo…”.