Nacque a Novara Corrado Bonfantini nel febbraio del 1909 in una famiglia borghese. Il padre era una medico che godeva di stima e considerazione al punto che fece il sindaco per due mandati negli anni che precedettero l’avvento del fascismo. Suo fratello Mario fu invece uno scrittore che ebbe una certa notorietà.
Corrado, ad appena 16 anni, aderì al Psu che aveva avuto come segretario Giacomo Matteotti. Poi aderì al Pcd’I e, da studente universitario nella facoltà di Medicina, mostrò subito il suo carattere di cospiratore ribelle e radicale, cosicché, venne deferito al Tribunale speciale con l’accusa pesante: “congiura contro lo Stato” e fu condannato rimanendo in carcere per 18 mesi.
Successivamente venne inviato per tre volte al confino prima nell’isola di Ponza, poi a Vasto, infine nelle Tremiti. Abbandonò le posizioni comuniste nel 1933 e aderì al socialismo. Dopo il 1943 si impegnò attivamente con Basso, Fabbri, Andreoni, Viotto, Valcarenghi e diversi altri per la la costituzione del Mup – Movimento di Unità proletaria – che si poneva l’obiettivo della ricostituzione del Partito socialista.
Costoro pensavano ad un forma partito con strutture, organizzazione e pratiche rinnovate rispetto al passato. Immaginavano di superare tutte le controversie dei vecchi schematismi ideologici, del perenne conflitto tra il riformismo e il massimalismo, della lotta allo stalinismo, cercando di guardare alla realtà in modo nuovo e moderno costruendo uno strumento politico adeguato.
Il Mup si fuse con gruppi presenti a Roma in cui erano presenti figure come Zagari, Vassalli, Vecchietti che erano nel Partito Socialista. Quindi, si diede vita al Partito Socialista di Unità Proletaria in cui Bonfantini fu un dirigente che fece parte dell’organo direttivo del Comitato di Liberazione piemontese in rappresentanza appunto del Psiup.
Nel marzo del ’44 venne arrestato e tentò allora di fuggire. Venne ferito e fu ricoverato in ospedale, mentre era in sala operatoria tentò nuovamente di scappare e questa volta riuscì a ricongiungersi a Milano ai compagni di lotta. Fece allora parte dell’Esecutivo del Partito socialista per l’Alta Italia e divenne un partigiano tra i dirigenti delle Brigate Matteotti.
In questa fase si unì nell’esperienza della famosa “repubblica dell’Ossola”, che fu un interessante, originale e concreto esempio di autogoverno in un’area limitata del territorio, che si fondò su principi di democrazia effettiva e di antifascismo profondamente vissuto.
Il suo principale esponente di questa esperienza fu il medico socialista Ettore Tibaldi, che era il presidente. Nel settembre del ’44, la Repubblica venne sconfitta dai fascisti nel successivo ottobre, dopo 40 giorni di vita nei quali seppe organizzarsi con una Giunta di Governo supportata da illustri giuristi, tra cui Umberto Terracini, Gigino Battisti, Piero Malvestiti, Ezio Vigorelli.
Si era anche redatta una Carta nella quale si intendeva realizzare riforme democratiche avanzate che venissero incontro alle esigenze del popolo. Bonfantini condivise persino un tentativo di accordo coi “repubblichini” di Salò purché evitasse ulteriore spargimento di sangue accettando la loro resa.
Tuttavia, questa operazione non venne approvata dal Cln e non se ne fece nulla. Bonfantini si distinse per coraggio e intraprendenza annunziando a Milano da una radio la resa dei fascisti. Nel dopoguerra si impegnò attivamente per la riorganizzazione del Partito socialista. Divenne uno dei principali animatori promotore della corrente di “Iniziativa socialista” e fu anche il direttore del settimanale che ebbe come strumento di dibattito e di espressione il settimanale pubblicato a Milano.
Fece parte dell’Assemblea Costituente e si attivò in favore dei comparti della sanità, dei lavori pubblici, l’istruzione popolare. Bonfantini fu un genuino esponente dell’autonomia socialista che rifuggì dall’accordo con i moderati e dall’intesa letale con il Pci.
Tale posizione venne espressa appunto sul quindicinale “Iniziativa socialista” e nel gennaio del ’47 fu con gli autonomisti di “Critica sociale” e di “Iniziativa socialista” tra i promotori della nascita del Psli. Si unì a Mondolfo, Zagari, Matteotti, fece parte della Direzione nazionale e fu condirettore del quotidiano del partito “L’Umanità”.
Nell’aprile del ’48 venne eletto alla Camera e fu rieletto anche nel ’53 e nel ’59. La sua inquietudine e acutezza si manifestò nella critica al “governatismo” del Psli che poi divenne Psdi e che si esprimeva in un rapporto stringente con la Dc.
Tutto ciò, a suo avviso, soffocava la realizzazione di una politica di riforme. Nel 1959 con Caleffi, Vigorelli costituì il MUP e dopo aderì al Psu. Nel 1969 finì l’esperienza del Partito Socialista Unitario, scelse definitivamente di aderire al Psi dove militò sino alla morte avvenuta nell’agosto del 1989.