Home Attualità Quattro imprenditori arrestati nel casertano per legami di affari con la camorra

Quattro imprenditori arrestati nel casertano per legami di affari con la camorra

by Rosario Sorace

Un’indagine, sui rapporti tra la camorra e degli imprenditori, ha portato a 4 arresti. Infatti, grazie a lavoro degli inquirenti, sono stati scoperti i legami di affari su appalti e riciclaggio al clan dei casalesi. La camorra si è infiltrata da sempre nel tessuto economico del territorio della provincia di Caserta e, oggi, in questa inchiesta vengono contestati i reati di associazione mafiosa, turbativa d’asta, corruzione, abuso d’ufficio e riciclaggio.

Sono state emesse anche due misure interdittive: la prima al responsabile protempore dell’ufficio tecnico del Comune di Capua, mentre la seconda a un impiegato di banca in servizio a Santa Maria Capua Vetere, accusato di avere consentito trasferimenti di denaro contante su conti bancari riconducibili al clan.

Sono quattro i noti imprenditori ritenuti vicini al clan dei Casalesi delle famiglie Schiavone e Zagaria. Si è proceduto anche al sequestro da parte della guardia di finanza di beni per 15 milioni di euro. Il primo imprenditore oggetto delle indagini è Domenico Pagano, titolare della società Immobiliare Generale che è gravemente indiziato di essere inserito nel clan dei Casalesi avendo allacciato, fin dagli anni ’90, rapporti collusivi in particolare con Michele Zagaria e Giacomo Capoluongo, che è anche divenuto secondo gli inquirenti l’imprenditore di riferimento per la fazione Schiavone alla quale procurava stabili finanziamenti come quota sui lavori ottenuti grazie all’intervento del clan.

A Pagano è stato anche sequestrato il cosiddetto “Palazzo delle Cento Persone” di Capua dove sarebbe dovuta sorgere una Rsa. L’immobile in passato era stato pignorato ad Angela Iovene, moglie di Rodolfo Statuto che era deceduto e già condannato con la cosiddetta sentenza Spartacus per concorso in associazione mafiosa ed era stato acquistato per poco meno di un milione e mezzo di euro. In tale compravendita la fazione Schiavone aveva reinvestito la somma di 500mila euro.

Un altro destinatario di una delle misure, eseguite questa mattina da carabinieri, guardia di finanza e polizia valutaria, è Domenico Farina, che è ritenuto gravemente indiziato per concorso esterno in associazione di tipo mafioso, amministratore unico della Prisma Costruzioni Srl, società riconducibile al collaboratore di giustizia Francesco Zagaria, che si sarebbe aggiudicato vari appalti pubblici con la connivenza di vari amministratori locali.

Le indagini della Guardia di Finanza hanno coinvolto anche il gruppo imprenditoriale casertano riconducibile ai cugini Giuseppe e Francesco Verazzo, che erano operanti nel settore delle costruzioni edili che secondo l’accusa, si sono avvalsi della forza di intimidazione del clan dei Casalesi e in tal modo con la compiacenza di amministratori locali, si sono aggiudicati appalti pubblici nel territorio casertano, assumendo peraltro il ruolo di portavoce di Nicola Schiavone nella zona di Capua e assicurando il sostegno elettorale alle compagini politiche locali legate ad esponenti del clan.

Le indagini sono state portate avanti ricostruendo illecite ricchezze accumulate negli ultimi 20 anni dagli indagati, anche attraverso i propri nuclei familiari e società a loro riconducibili, consentendo l’adozione di provvedimenti cautelari finalizzati alle ipotesi di confisca previste dalla legislazione antimafia.

A Verazzo e Pagano sono stati sottoposti a sequestro preventivo anche due complessi aziendali e anche delle quote societarie per un valore di circa 15 milioni di euro. Nell’ambito della stessa ordinanza è stata infine applicata la misura cautelare interdittiva per la durata di un anno e della presentazione alla polizia giudiziaria all’ingegnere Francesco Greco, responsabile pro tempore dell’ufficio tecnico del Comune di Capua, che è ritenuto gravemente indiziato per turbata libertà degli incanti e corruzione, e ad Andrea D’Alessandro, impiegato in un istituto bancario, all’epoca in servizio presso una filiale bancaria di Santa Maria Capua Vetere, ritenuto gravemente indiziato anche per riciclaggio in quanto con il suo operato avrebbe consentito trasferimenti di denaro contante su conti bancari riconducibili al clan.

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