Alfio Mannino, è stato nuovamente confermato Segretario Generale della Cgil Sicilia al XVII congresso con un voto plebiscitario.
Lo ha eletto infatti l’Assemblea generale del sindacato, con 148 voti a favore e solo 4 voti contrari, su 152 aventi diritti 3 astenuti.
Il nuovo segretario della Cgil regionale ha 52 anni, una laurea in giurisprudenza, è sposato con una figlia.
Nato in Germania, da bambino si è trasferito con la famiglia a Randazzo (Ct). E’ un militante della Cgil da molti anni e ha sempre ricoperto incarichi di vertice, tra gli altri, nella Flai di Catania, è stato nella segreteria della Camera del Lavoro etnea e nella Flai regionale.
Succede quindi a sé stesso con un consenso ampio e schiacciante che testimonia la stima e l’apprezzamento di cui gode nella base del sindacato e nelle varie categorie del Sindacato.
Viene peraltro confermata anche la segreteria uscente composta da Angela Biondi, Ignazio Giudice, Francesco Lucchesi e Gabriella Messina.
Appena eletto abbiamo sentito Mannino per capire come si muoverà il sindacato nei prossimi anni e che temi saranno al centro dell’iniziativa sindacale.
In Sicilia la Cgil sembra imboccare in via definitiva un rinnovamento generazionale e una struttura innovativa. Tale svolta agevola un mutamento della proposta del Sindacato?
In questi ultimi anni abbiamo intrapreso la strada dell’immissione e valorizzazione dei giovani nei gruppi dirigenti, confermandola con l’ultimo congresso. Abbiamo anche confermato la centralità del territorio come luogo in cui si presentano condizioni sociali e di lavoro particolari e diversi. Attraverso queste iniziative puntiamo a rendere sempre più rispondente alle esigenze di un mondo del lavoro e di una società in continua evoluzione la nostra proposta e le nostre rivendicazioni.
Insisti da tempo appunto sul tema del lavoro per le nuove generazioni e sugli effetti che portano i giovani abbandonare l’Isola per mancanza di prospettive. Quali proposte concrete fa il Sindacato per sanare questa “frattura generazionale”?
I giovani vanno via verso destinazioni dove l’inserimento nel mondo del lavoro non è difficile come in Sicilia e dove la proposta formativa è più valida e articolata.
Sono due le leve su cui occorre dunque puntare: un sistema di istruzione e formazione valido e al passo con i tempi e un mercato del lavoro in grado di offrire prospettive durature. Quindi occorre puntare sullo sviluppo, investendo sui settori più innovativi e sulla transizione ecologica, sulle filiere, sulle vocazioni territoriali, sul welfare e sulla ricerca creando, al tempo stesso, nuovi posti di lavoro.
Il tema della “questione morale” è stato in cima ai pensieri del Sindacato che rappresenti. Che tipo di modifiche proponi nel campo degli appalti e delle concessioni pubbliche?
Qualche mese abbiamo proposto un protocollo di intesa finalizzato a superare le insufficienze nell’applicazione delle misure vigenti producendo anche l’accelerazione delle procedure. Pensiamo a una contrattazione d’anticipo sui bandi per assicurare trasparenza e legalità a partire dal lavoro. A questa nostra proposta, condivisa da più fronti, chiediamo si dia seguito.
La formazione professionale può servire ancora oggi a creare manodopera specializzata e non essere luogo di speculazione della spesa pubblica?
Assolutamente sì. Il sistema di formazione professionale deve guardare al mercato del lavoro e alle sue possibili evoluzioni e produrre un’offerta collegata ai bisogni reali. Anche qui serve pianificazione e trasparenza per evitare le storture del passato.
Come si recuperano le disuguaglianze sociali e il degrado territoriale?
Con una nuova politica di investimenti per il Mezzogiorno da parte del governo nazionale, con le politiche di sviluppo da parte della Regione. Siamo tuttavia molto preoccupati dal progetto di Autonomia differenziata, che aumenterà le disuguaglianze sociali e territoriali penalizzando un sud che in realtà non è mai stato favorito dagli investimenti pubblici.
Contro questo progetto ci batteremo. Per quanto riguarda il degrado territoriale c’è da mettere a regime gli investimenti delle misure per la qualità dell’abitare ma anche prevedere da parte della regione un grande piano di lotta al dissesto idrogeologico nell’ambito della riforma della forestazione.
Oggi sono in arrivo ingenti finanziamenti europei con i fondi del PNRR e si cominciano a sviluppare nuovi appetiti della mafia e della politica corrotta. Che tipo di azione di prevenzione e non solo di repressione si può condurre per evitare l’inquinamento della pubblica amministrazione?
Ferma restando l’importanza dell’azione di repressione della magistratura e delle forze dell’ordine, bisogna puntare sulla trasparenza delle procedure, sull’immissione nei ruoli di personale qualificato, su un efficace sistema di controlli. Noi abbiamo parlato di controllo sociale. Questo significa che tutte le forze sane della società devono contribuire, anche con la denuncia, per ottenere la totale trasparenza della pubblica amministrazione. Non sfugge che a monte c’è comunque la trasparenza dell’azione politica. La selezione della classe politica deve avvenire attraverso griglie rigorose. Il sistema delle clientele e del voto di scambio è un pernicioso grimaldello della criminalità organizzata per infiltrarsi
Nel tuo intervento hai parlato anche tu della “borghesia mafiosa” di chi ha sottovalutato e taciuto delle collusioni e delle connivenza con Cosa Nostra e con Matteo Messina Denaro. Come si annidano tali complicità sociali?
Ho voluto sottolineare che senza fiancheggiatori, complici e collusi sarebbero stati difficili la lunga latitanza di Messina Denaro e i suoi affari. Questo è evidente, come lo è il fatto che c’è un tessuto sociale che è subalterno, per paura, per bisogno, per propensione culturale. Occorre dunque svelare queste complicità, ma anche investire per creare lavoro e cultura dell’onestà, eliminando anche la paura. In tal senso la sopravvivenza e il rilancio nella legalità delle aziende confiscate è un segnale importante che lo Stato può e deve dare.
L’autonomia differenziata può sortire l’aumento del differenze tra Nord e Sud, tra il solito settentrione che vola e il mezzogiorno che arretra?
Come ho già detto l’autonomia differenziata è un provvedimento delle regioni ricche che vogliono diventare ancora più potenti, ma è anche una riforma che spacca il Paese poiché, in maniera miope, non si riesce a scorgere che il rilancio dell’intera Italia parte proprio dal sud.