Italo Viglianesi nacque in Sicilia, a Caltagirone e fu uno dei fondatori della Unione Italiana del Lavoro. Da giovane frequentò la Scuola allievi ufficiali di Spoleto tra il 1937 e il 1938 e successivamente trovò impiego alla sede di Roma della Montecatini.
Il 15 settembre 1943 a Briga Marittima fu fatto prigioniero dalle SS e fu caricato su un treno insieme agli altri commilitoni con destinazione Germania. Evase e si rifugiò a Roma dove visse nascosto e isolato tra parenti e amici. Sentì forte una coscienza antifascista anche se non si collegò mai alla resistenza.
Dopo la Liberazione di Roma, riprese il lavoro alla Montecatini e contemporaneamente si occupò di sindacato costituendo la commissione interna di cui fu nominato segretario. Fu, quindi, dirigente nella Confederazione generale italiana del lavoro (CGIL) e, a soli trent’anni, divenne segretario generale della Federazione italiana lavoratori chimici (FILC).
Ebbe grandi doti di mediazione riuscendo a concludere importanti contratti di categoria. Ma ebbe conflitti all’interno della Cgil per via delle polemiche sul Piano Marshall poiché Viglianesi si dichiarò favorevole, mentre la corrente socialcomunista fu duramente contraria.
Si iscrisse al Partito socialista italiano di unità proletaria, in cui continuò a militare anche dopo la scissione di Palazzo Barberini del 1947 e la fondazione del Partito socialista dei lavoratori italiani (PSLI), promossa da Giuseppe Saragat. Fu sempre un convinto sostenitore dell’autonomia socialista e, con Giuseppe Romita e altri numerosi, presentò una mozione per affermare l’autonomia del partito e per l’indipendenza del sindacato dalle ingerenze dei partiti.
Sempre insieme a Romita, partecipò alla rifondazione del Partito socialista unitario (PSU) e poi nel 1951 questo partito si fuse con il PSLI, quando assunse il nome di Partito socialista democratico italiano (PSDI) e in cui Viglianesi divenne un esponente di primo piano.
Si arrivò alla frattura dentro la CGIL e Viglianesi uscì nell’ottobre del 1949 fondando l’anno successivo la Uil (Unione Italiana del Lavoro) in cu si riconobbero le componenti saragattiane, repubblicane e autonomiste di cui ben presto fu segretario generale dal 1958 al 1969.
Viglianesi seppe indirizzare la UIL il carattere di forza del mondo del lavoro autonoma rispetto alle altre due confederazioni. Nel riflesso della guerra fredda i sindacati americani fecero pressioni affinché si realizzasse un sindacato ‘democratico’, che fosse anticomunista e che rompesse con la CGIL.
Viglianesi impedì questo forte condizionamento e strinse forti legami, invece, con i sindacati britannici e tedeschi, con il CIO (Congress of Industrial Organizations). Nel 1951, la UIL fu ammessa nell’ICFTU con l’impegno a realizzare un’organica alleanza con la CISL che venne sottoscritto a Roma nel febbraio del 1953, ma Viglianesi lo fece valere in quanto ‘accordo di buon vicinato’.
Le pressioni americane furono sempre indirizzate a rompere l’unità d’azione con la CGIL e in questo quadro fu elaborata una strategia sindacale moderata. La prima rilevante affermazione della linea perseguita da Viglianesi fu ottenuta alla FIAT conquistando il 23% e il 1955 fu l’anno in cui la CGIL perse la maggioranza assoluta nella grande fabbrica torinese.
La crescita della UIL fu progressivamente sempre più forte nelle elezioni di commissione interna proseguendo negli anni successivi. Tra le iniziative, Viglianesi assunse la fondazione nel 1955 del giornale “La strada”, che auspicò la nascita in Italia di una forza politica fondata sull’organizzazione sindacale che fosse capace di rappresentare il mondo del lavoro realizzando il rinnovamento del sistema sociale e la vita democratica del Paese.
In realtà fu la la proposta di una grande forze politica democratica e laburista per raggiungere l’obiettivo di un nuovo partito socialista che superasse i due partiti. Viglianesi fu osteggiato dai socialdemocratici e abbandonò l’idea, ma non rinunciò al suo progetto di costruire il sindacato socialista con la costituzione del Movimento unitario di iniziativa socialista (MUIS).
In tal senso i repubblicani e i socialdemocratici lo sostennero, però dopo l’incontro di Pralognan nel 1956 tra Saragat e Nenni, quest’ultimo non volle isolare la CGIL dal resto della sinistra italiana. Neanche dopo i fatti di Ungheria del 1956 i socialisti della Cgil andarono verso la Uil anche se ci furono parecchie inquietudini che Viglianesi tentò di utilizzare per portarli nel suo sindacato laico-socialista.
Si oppose a questa strategia Fernando Santi, che era a capo della componente socialista nella CGIL. La UIL fu europeista e sostenne la realizzazione della Comunità europea del carbone e dell’acciaio e la costruzione economica e sociale dell’Europa.
Dopo la firma dei trattati istitutivi della CEE (1° gennaio 1958) i tempi dell’unità europea acquisirono ulteriore rilevanza. L’azione di Viglianesi riprese vigorosamente agli albori del centro sinistra e divenne più ostile nei confronti della Cgil sino al punto di non aderire allo sciopero di solidarietà antifascista proclamato dalla stessa Confederazione contro il governo Tambroni nel luglio del 1960.
Tuttavia gli iscritti UIL parteciparono in massa allo sciopero. Nel 1962 fu assaltata la sede della UIL perché aveva firmato un accordo separato alla FIAT e questa grave fatto costrinse il segretario generale a ripensare alla politica sindacale portata avanti dagli anni Cinquanta.
Il riformismo e l’autonomismo della Uil anelato per decenni da Italo Viglianesi acquistava concretezza, pur continuando a manifestarsi con il gradualismo moderato che non significava affatto come disponibilità al compromesso.
Per Italo fu importante l’unificazione socialista del 1966 e continuò a sostenere l’ipotesi su cui lavorò tutta la vita di un sindacato di partito e si oppose anche per l’incompatibilità tra cariche sindacali e parlamentari definendola “una iniziativa senza costrutto” e inefficace a superare i contrasti e le profonde divisioni tra i sindacati.
Era un tempo in cui vi fu una riflessione seria sull’autonomia del sindacato, sul ruolo autonomo dei corpi sociali, sulla distinzione tra azione del sindacato e azione del partito. Contemporaneamente si dichiarò contrario anche all’unità sindacale, posizione che tuttavia tralasciò molto presto nella consapevolezza che la UIL non poteva assolutamente isolarsi dal dialogo unitario con le altre sigle sindacali.
Al Congresso della UIL del 1969 si dimise e scelse la vita parlamentare. Quando l’unificazione socialista naufragò nel 1969 scelse il Partito socialista. Fu Senatore dal 1963 al 1979, fu vicepresidente del Senato fra il 1968 e il 1970. In questo ultimo anno assunse la carica di ministro dei Trasporti e dell’Aviazione civile, fino al 1972, rispettivamente nei governi di Mariano Rumor ed Emilio Colombo. Dal 1979 si ritirò dalla vita pubblica e morì a Roma il 19 gennaio 1995.