Home Cronaca Indagato in un’inchiesta antimafia in Calabria Lorenzo Cesa si dimette

Indagato in un’inchiesta antimafia in Calabria Lorenzo Cesa si dimette

by Rosario Sorace

Esplosiva inchiesta in Calabria in un intreccio tra Ndrangheta e politica viene indagato anche il leader Udc Lorenzo Cesa, che si dimette. Sono stati effettuati quarantotto arresti e il senatore è sotto inchiesta nell’atto d’accusa della procura antimafia di Catanzaro guidata dal procuratore Nicola Gratteri.

L’operazione denominata ‘Basso Profilo’, si svolse su tutto il territorio nazionale e coinvolge il personale della Dia, insieme con quello della polizia di Stato, dell’Arma dei carabinieri e della guardia di finanza che ha eseguito numerose misure di custodie cautelari nei confronti dei maggiori esponenti delle ‘ndrine tra le più importanti di Crotone, Isola Capo Rizzuto e Cutro come ‘Bonaventura’, ‘Aracri’, ‘Arena’ e ‘Grande Aracri’, nonché di imprenditori di primo piano ed esponenti della pubblica amministrazione collusi con le predette organizzazioni criminali.

L’operazione ha visto anche la perquisizione della casa romana del segretario Udc, Lorenzo Cesa e adesso il leader del partito centrista è indagato. Nell’atto d’accusa della procura si legge che Cesa è sotto inchiesta in qualità di «partecipe all’epoca dei fatti eurodeputato Udc si impegnava ad appoggiare il gruppo criminale nel campo degli appalti». Accuse gravi che devono naturalmente essere dimostrate su fatti che risalgono al 2017.

Nella contestazione i magistrati riportano anche l’aggravante di agevolazione mafiosa. Cesa si è dichiarato «estraneo» e ha comunque annunciato le sue dimissioni da segretario del partito: «Ho ricevuto un avviso di garanzia su fatti risalenti al 2017 – ha scritto in una nota politica – mi ritengo totalmente estraneo. Chiederò attraverso i miei legali di essere ascoltato quanto prima dalla procura competente. Come sempre ho piena e totale fiducia nell’operato della magistratura. E data la particolare fase in cui vive il nostro Paese rassegno le mie dimissioni da segretario nazionale come effetto immediato».

In tale operazione sono stati impiegati 370 membri delle forze dell’ordine e insieme a queste misure cautelari, la procura di Catanzaro ha disposto l’esecuzione di numerosi sequestri di beni costituiti da compendi aziendali, immobili, autoveicoli, conti correnti bancari e postali per un valore di oltre trecento milioni di euro.

Nelle carte dell’inchiesta risulterebbe che uno degli indagati riferisce di aver incontrato, a Roma, il senatore Pierferdinando Casini, ex presidente della Camera dei deputati, che è comunque assolutamente estraneo all’indagine. Durante una riunione avvenuta nel luglio 2017, a casa del consigliere Tommaso Brutto, ritenuto tra i promotori del sodalizio criminale, ci sono l’imprenditore Antonio Gallo, Saverio Brutto, consigliere comunale, Ercole D’Alessandro, finanziere, e Luciano D’Alessandro, figlio di Ercole.

Costoro sono tutti coinvolti nell’operazione condotta dalla procura di Catanzaro. Il tema della riunione riguardava appunto le “entrature” da ottenere mediante l’intercessione di Lorenzo Cesa, ed anche di Pierferdinando Casini, che comunque non è indagato.

Si legge nelle carte dell’inchiesta: «A tal proposito D’Alessandro affermava: ‘io l’altro giorno quando sono andato a Roma, mi sono incontrato anche con Pier Ferdinando Casini che questo amico mio che stiamo andando giorno 12, praticamente è il braccio destro suo per quanto riguarda l’estero… e mi ha detto Casini che io, qualsiasi cosa avete bisogno, in Albania io… capito?’».

Tale affermazione è stata accolta positivamente dagli altri indagati. Il presidente della Commissione parlamentare antimafia, Nicola Morra, ha manifestato la sua soddisfazione per il lavoro degli inquirenti. Gli arresti «dimostrano che lo Stato non solo è presente, ma è anche più forte e tenace» ha affermato. “La ‘ndrangheta ha questa straordinaria capacità di infiltrarsi dappertutto, di trovare il ventre molle dello stato e della società civile per far soldi».

Ha espresso preoccupazione anche per il contenuto emerso dalle indagini: «se gli uomini che dovrebbero rappresentare le istituzioni democratiche che sono chiamati a combattere la criminalità organizzata cercano invece la criminalità per ottenere voti in cambio di appalti, la situazione è particolarmente grave».

Nicola Morra ha rivolto un plauso e un ringraziamento a Nicola Gratteri e al nuovo capo della Dia Maurizio Vallone, rivolgendo un appello finale anche alle forze politiche: «Il mio appello è a tutte le forze democratiche sindacali e politiche affinché si interessino al meridione, alla Calabria e anche al Sud».

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