Di Mario Ravida
Dopo la sentenza del processo “Borsellino quater”, tenutosi a Caltanissetta, che stabiliva come per l’attentato di via D’Amelio in cui trovarono un’atroce morte il Giudice Borsellino; Claudio Traina; Emanuela Loi; Agostino Catalano; Eddie Walter Cosina e Vincenzo Li Muli, vi erano stati dei depistaggi considerati i “più grandi depistaggi di stato” mai avvenuti in Italia.
Emblematica la vicenda del falso collaboratore di giustizia Vincenzo Scarantino che, in un primo momento, si autoaccusò di aver partecipato alla strage e chiamò in correità persone che nulla avevano avuto a che fare con l’attentato.
Solo in un secondo momento, dopo che questi innocenti vennero processati e condannati, Scarantino rivelò che tutto quello che egli aveva detto, ai Giudici e agli investigatori, gli era stato suggerito dagli stessi inquirenti che indagavano sulla strage!
Risultato: gli accusati da Scarantino vengono tutti scarcerati e prosciolti da ogni accusa. Bisognava, quindi, individuare i veri responsabili e trovare le motivazioni per cui alcuni uomini dello Stato avevano ordito quel clamoroso depistaggio.
Si sono dovute aspettare le dichiarazioni del collaboratore Gaspare Spatuzza, che ha iniziato a parlare ufficialmente solo nel 2008.
La Corte d’assise di Caltanissetta ha dunque condannato all’ergastolo per la strage di via D’Amelio i boss Salvo Madonia e Vittorio Tutino e a dieci anni, per calunnia, i falsi pentiti Francesco Andriotta e Calogero Pulci.
Attenzione però perché per arrivare a queste conclusioni, come si legge chiaramente dalle motivazioni, i giudici hanno tenuto conto della sentenza del 2006 (frutto dell’unione di due processi, uno stralcio del Borsellino III e parte del procedimento della strage di Via Capaci) e anche per quanto attiene alle dinamiche stesse della preparazione di quanto accertato precedentemente, soprattutto nel Borsellino ter.
Parentesi questa che andava aperta per spiegare dei gangli importanti di questa storia, perché si scrive e afferma spesso che “la strage di Via D’Amelio è stata interamente riscritta” facendo di tutto e di tutti un calderone unico. Così non è.
All’interno, nelle motivazioni, si fanno largo diversi altri fatti concatenati a quello principale di strage: la ricostruzione della sparizione dell’agenda rossa di Paolo Borsellino – che ha visto un filone d’indagine aprirsi separatamente- e il ruolo dei depistatori delle indagini sulla strage, per i quali è stato riaperto un nuovo filone.
A muoversi con motivazioni e dinamiche ancora irrisolte, secondo la corte, resta “l’occultamento della responsabilità di altri soggetti per la strage di via D’Amelio, nel quadro di una convergenza di interessi tra Cosa nostra e altri centri occulti di potere”.
A 30 anni dalle stragi chi osserva dall’esterno queste intrigate vicende, ne ricava una sola conclusione: non si vogliono realmente ricercare i veri colpevoli e non si vogliono realmente chiarire retroscena di altri gravi episodi collegati/collegabili ai fatti stragisti.
Lo dimostrano inequivocabilmente le sentenze del processo “stato-mafia”; le assoluzioni della mancata perquisizione al covo di Riina; le assoluzioni di chi materialmente prelevò l’agenda rossa dall’auto di Borsellino; il falso suicidio di Attilio Manca, il medico che avrebbe curato Provenzano alla prostata per conto dello “stato”; la mancata cattura dello stesso Provenzano, nel suo rifugio di Mezzojuso; le mancate immediate indagini sui favoreggiatori della latitanza di Provenzano; l’arresto del Colonnello dei CC Michele Riccio che aveva portato i suoi superiori al rifugio di Provenzano, senza che mai il latitante venne disturbato e poté restare latitante per altri 11 anni; la morte dell’infiltrato Luigi Ilardo che collaborava con Riccio, dopo che aveva scelto la strada del pentimento anticipando rivelazioni eclatanti sulle stragi avvenute in questo paese ad iniziare dagli anni ‘70, compreso quelle del 1992, omicidi di politici e altri come quello del piccolo Caudio Domino e tanti altri casi non chiariti.
Ilardo, come tutti sappiamo, non fece in tempo a verbalizzare tutte queste dichiarazioni, sebbene fosse stato ascoltato qualche giorno prima del suo omicidio, in circostanze strane e anomale, da Giudici antimafia come Caselli, Principato e Tinebra.
Ieri, 12/07/2022 a 30 anni dalle stragi, l’ultima assoluzione di alcuni Agenti, di medio grado, chi gestirono insieme ai Giudici di Caltanissetta (anch’essi precedentemente prosciolti da ogni accusa) del falso collaboratore Vincenzo Scarantino.