Pubblichiamo con immenso piacere la lettera che ci ha inviato Carlo Rossetti, il Coordinatore Nazionale Politico del Mohd (Movimento Oltre L’Handicap e il Disagio) in occasione della Giornata Internazionale delle persone con disabilità. Mai come quest’anno questa giornata assume un significato particolare, profondo, immenso che, anche grazie alle parole di Carlo, deve farci riflettere sullo stato in cui si trovano le persone con disabilità in questo difficile momento contrassegnato dalla presenza di un virus, il Coronavirus. Persone che sono state lasciate sole e per quanto si è potuto fare non è mai stato e non è abbastanza e, nelle parole che seguono, capiamo molto bene il perché. Buona lettura
Disabile? Veramente mi chiamo CARLO!
Come ogni anno il 3 dicembre 2020 celebriamo la Giornata Mondiale per le Persone con Disabilità e ancora c’è chi ci chiama Handicappati o Persone Diversamente Abili o ……, IO MI CHIAMO CARLO !!!
Da 30 anni impegnato per diritti e doveri delle persone con disabilità e ancora bisogna intervenire sui fondamentali come “Le parole giuste”, “L’Accessibilità Fruibile”, “L’Inclusione”, “I Livelli Essenziali di Assistenza” ….. occorre essere Pazienti di nome e di fatto … sic!
A tutto ciò si è aggiunto il Coronavirus, Covid-19 “Il Virus del Disagio”. Chi dice che il virus non fa distinzione e siamo tutti uguali non è un tipo attento o è disinformato. Non siamo tutti uguali dal punto di vista del rischio di contagio, non siamo tutti uguali per partecipare alla ripartenza, la cosiddetta fase X, chissà poi per la fase 3 e la 4. E non siamo tutti uguali nel restare in casa per tanti mesi e forse più.
In questi mesi restare a casa è significato, per moltissimi, vivere stretti senza avere un proprio momento “Ovvio il medico dice sei depresso, nemmeno dentro al cesso possiedi un tuo momento”, cantava Guccini nell’Avvelenata. È aumentata la povertà assoluta come ci racconta la Caritas, guai seri per chi lavora nell’economia informale, il cosiddetto nero, non perché è un evasore, ma costretto dal sistema di lavoro in alcuni settori che ben si conoscono. Da parte di chi decide c’è una puntigliosa distinzione tra chi ha diritto e a quale tipo di sostegno, senza valutare il reale bisogno, ma solo valutando la categoria di appartenenza, e intanto aumenta il malcontento sul quale soffiano alcuni politici cinici ed ipocriti in campagna elettorale permanente, in barba al reale bene comune.
A fronte degli interventi necessariamente drastici adottati dal nostro Governo, che hanno stravolto le abitudini e bloccato gli spostamenti, considerati non necessari ma direi vitali per molti, cosa è accaduto e sta accadendo alle persone con disabilità e alle loro famiglie? Intanto diciamo che sia i legislatori che gli staff di esperti consulenti del governo hanno quasi sempre dimenticato le persone con disabilità, lasciando i pareri agli specialisti e gli interventi alle regioni, considerando ancora il tema disabilità un tema sanitario e non un tema di politiche generali. La protezione della salute delle persone con disabilità uguale agli altri cittadini, il proseguimento degli studi a distanza anche con la scuole chiuse, il sostegno alle famiglie che abbiano al proprio interno persone con disabilità, sono le priorità che chiedono le organizzazioni di settore.
Durante questo (confinamento) abbiamo evidenziato tanti punti oscuri, alcuni scioccanti che pensavamo superati ma, eravamo solo illusi dalle belle parole e dalle risoluzioni contenute in leggi e dichiarazioni internazionali e nazionali. Intanto la stragrande maggioranza di persone con disabilità seguite dai servizi sociali si sono ritrovate improvvisamente senza assistenza ma, cosa ancora più grave, senza possibilità di informazione.
Abbiamo ascoltato, quando qualcuno ha risposto, tutte le scuse possibili ed immaginabili ma resta il fatto che i servizi sociali della maggior parte dei comuni italiani sono per la maggior parte carenti (il numero minimo di assistenti sociali indicato è di 1 ogni 6 mila abitanti, in alcuni comuni si arriva a 1 ogni 36 mila, sei volte di meno del necessario).
L’organizzazione dei comuni va ripensata, così funziona male in tempo di quiete e si inceppa gravemente in emergenza, ma tutti quelli che ricevono il reddito di cittadinanza non dovevano ricevere anche offerte di lavoro pena l’esclusione al terzo rifiuto? Formiamoli e assumiamoli in questi settori che non possono essere gestiti da robot e algoritmi automatici almeno allo stato attuale).
Abbiamo assistito a situazioni paradossali, ad esempio nei centri diurni e nelle strutture riabilitative dove i rischi di contaminazione sono maggiori che negli altri luoghi pubblici, data la difficoltà a mantenere il “distanziamento sociale”, un termine aberrante introdotto nel linguaggio corrente ma ne parleremo in un’altra sede. Infatti la natura dei centri diurni e delle strutture riabilitative pone delle difficoltà oggettive al distanziamento tra utenti e operatori nonché all’uso impeccabile delle protezioni. A causa di ciò molti centri hanno sospeso le attività e la maggior parte degli utenti, e delle famiglie, ha preferito non rischiare il contagio, così dove è continuato il servizio si è creato il paradosso di avere più operatori che utenti, anche perché molti operatori vengono pagati solo presenza dalle cooperative che generalmente gestiscono i servizi.
Si, il sistema va ripensato! E vanno predisposti piani di sostegno anche per questi lavoratori che hanno una miriade di contratti atipici, occorre semplificare per intervenire in caso di emergenza, al diavolo le lobby e gli interessi di mercato. Più efficienza e meno profitto. La chiusura delle scuole, altro tema inquietante per tante famiglie che hanno ragazzi con disabilità, spesso intellettiva, down e/o autistica, comportamentale ecc, ha causato la regressione dai progressi ottenuti, sono saltate le importantissime temporizzazioni giornaliere, la socializzazione con i compagni, i delicati rapporti fiduciari con gli insegnanti non surrogabili con l’insegnamento a distanza che un esercito di docenti ha messo in piedi spesso con impeto personale e vero spirito di dedizione all’insegnamento. Per questi alunni con bisogni specifici occorre prevedere, organizzare delle task force specializzate per la continuità dell’insegnamento, e tenerle pronte per far fronte alle emergenze.
Sì il sistema va ripensato! È inadeguato rispetto ai bisogni di tutti gli alunni e studenti della scuola dell’obbligo e dell’opportunità. Ora con la ripartenza tutti questi temi saranno più che mai attuali, speriamo ma siamo pessimisti, infatti ancora non vediamo impegni veri anche economici a favore delle persone con disabilità che permettano un mantenimento dei servizi almeno pre-emergenza, figuriamoci ora e nei mesi a venire in cui per usufruire dei normali servizi (sanità, scuola, trasporti ecc.) e dei servizi alla persona, sarà necessario mettere in atto tutte le misure di prevenzione dettate dai decreti legge e dal buonsenso, con notevole incremento delle spese personali per l’autonomia di scelta come persone e famiglie con disabilità.
Tra tutte le cose inquietanti, striscianti, sub-culturali venute alla luce in questo periodo, una su tutte mi ha preoccupato in particolare e non so quanti ne siano coscienti, il timore che ce ne dimenticheremo e alla prossima “guerra “ saremo di nuovo in queste condizioni, è tanto. Parlo del Triage di Valutazione Selettivo. Il triage – termine francese che significa “cernita”, “smistamento” – è un sistema utilizzato per selezionare i soggetti coinvolti in infortuni secondo classi di urgenza/emergenza crescenti, in base alla gravità delle lesioni riportate e del loro quadro clinico. In questo caso si applica a pazienti che devono essere trattati in terapia intensiva. Chi non ricorda l’infermiera che usa il rossetto per segnare i feriti nel film Pearl Harbur dopo l’attacco giapponese alla flotta USA …… te vivi forse, te muori certo perché nemmeno proviamo a curarti. Diritti umani sospesi ed eguaglianza di trattamento immolati sull’altare, prima del costo economico, poi per le probabilità di sopravvivenza, le aspettative di vita, le comorbilità severe, lo status funzionale, con l’ottica della «massimizzazione dei benefìci per il maggior numero di persone». (N.d.a. La comorbilità o comorbidità in ambito medico indica la coesistenza di più patologie diverse in uno stesso individuo).
In questa situazione di emergenza sono state diramate raccomandazioni di “etica” clinica su chi scegliere e chi scartare per l’ammissione a trattamenti intensivi e per la loro sospensione. A marzo scorso la SIAART (Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva) ha diffuso le Raccomandazioni, su come agire in condizioni eccezionali di squilibrio tra necessità e risorse disponibili. All’interno di questo documento si inserisce il triage di valutazione su coloro che dovessero, in situazione di scarsità di risorse strumentali, logistiche e di personale, essere selezionati negli interventi di terapia intensiva. Nel caso del Covid 19 le persone più colpite sono quelle anziane (probabilità di sopravvivenza, aspettative di vita) e quelle con disabilità (le comorbilità severe, lo status funzionale).
Forse uno scienziato ricco e famoso come Stephen Hawking, se riconosciuto, non sarebbe stato sottoposto a questa forma di triage, ma una persona qualunque con disabilità intellettiva o malattia rara e incurabile ha una comorbilità severa o uno status funzionale che lo candidano ad essere scartato e andare incontro a morte sicura. È terribile che nonostante l’incredibile sviluppo di medicina e tecnica debba prevalere l’interesse economico che taglia la sanità, i posti letto, i pronto soccorso, le terapie intensive e attiva il suddetto triage. Fortunatamente alcuni responsabili di strutture ospedaliere, che ringraziamo, si sono rifiutati pubblicamente di considerare tali raccomandazioni. Potrebbe capitare per altre emergenze, eventi naturali, catastrofi tecnologiche, eventi bellici (l’assetto mondiale sta cambiando e tanti vorrebbero tornare a prima della Unione Europea senza ricordare che avevamo un conflitto ogni venti anni).
È essenziale l’opera delle Associazioni e delle Federazioni e dei Comitati di persone con disabilità nella denuncia e segnalazione di ogni tipo di discriminazione eseguita in mala o in buona fede. La Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata dall’Italia con la Legge n.18 del 3 marzo 2009 e da 181 Paesi aderenti all’ONU indica le azioni per passare da un welfare di protezione, dove le persone con disabilità vengono trattate spesso, senza giustificazione, in maniera differente, considerandole fragili e vulnerabili – ad un welfare di inclusione, dove sono cittadini a pieno titolo, e non sono disabilitati e vulnerati da politiche e trattamenti speciali e segreganti.
Le persone con disabilità devono beneficiare al pari degli altri cittadini dello sviluppo, di beni, di servizi e di strutture per tutti, di politiche generali e di adeguati sostegni, anche in situazioni di emergenze di qualsiasi tipo.
E PER FAVORE CHIAMATEMI ……. CARLO !!!
Carlo Rossetti