Il legale di Giovanni Castellucci, ex Ceo di Aspi e Atlantia, dopo l’accoglimento della sua richiesta di revoca dei domiciliari, dice: “Siamo molto soddisfatti per la revoca dei domiciliari. Avevamo detto fin da subito che la misura ci sembrava sproporzionata. Aspettiamo le motivazioni”.
Castellucci è l’accusato nell’inchiesta sulle barriere antirumore pericolose e secondo la procura e la Guardia di finanza, gli allora vertici di Aspi sapevano che le strutture erano difettose ma non le cambiarono per fare risparmiare la società. I giudici hanno però disposto per il manager l’interdizione.
Giovanni Castellucci è indagato dalla procura di Genova anche per la vicenda delle gallerie, inchiesta aperta dopo il crollo della volta della galleria Bertè in A26 la Genova – Gravellona Toce il 30 dicembre dell’anno scorso. Quella sera caddero oltre due tonnellate di cemento, nessun mezzo rimase coinvolto.
Dopo quell’incidente inizià una nuova inchiesta su Aspi e scattarono controlli sulla rete che portarono a interventi di manutenzione che hanno causato code chilometriche e danni economici per circa un miliardo. Il fascicolo sulle gallerie vede indagate una decina di persone tra le quali anche l’attuale direttore di tronco Mirko Nanni.
Secondo gli inquirenti, coordinati dal procuratore aggiunto Francesco Pinto e dal sostituto Stefano Puppo, gli ex manager anche per le gallerie avevano fatto scarse manutenzioni per poter contenere i costi.
Nell’inchiesta infatti, tra le accuse rivolte a Giovanni Castellucci “emerge un quadro di totale mancanza di scrupoli per la vita e l’integrità degli utenti delle autostrade”. Lo scrivono i giudici del Riesame nelle motivazioni della revoca dei domiciliari per l’ex ad di Aspi e Atlantia.
“Gli indagati hanno compiuto azioni ed omissioni relative praticamente a tutti i tipi e gli oggetti di manutenzione ed adeguamento nell’ambito della gestione delle autostrade”. Le condotte di Castellucci non erano finalizzate solo a compiacere gli azionisti di maggioranza, ma anche per un proprio tornaconto economico.
“Le condotte – dicono i giudici – erano tutte volte a una poliedrica e persistente politica del profitto aziendale, soprattutto risparmiando le spese dovute, ma anche cercando di imputarle a capitoli non pertinenti perché potessero in parte essere detratte dai debiti verso la controparte”.
“I soddisfatti azionisti di maggioranza lo compensavano adeguatamente: già nel 2010 riceveva compensi per oltre un milione e 250mila euro all’anno per Aspi e 750mila per Atlantia”.
Secondo l’accusa, la vecchia gestione di Aspi avrebbe così ottenuto un tornaconto economico per diminuire i debiti assunti verso lo Stato con la sottoscrizione della Convenzione unica.