Una figura di rilievo del socialismo municipale fu Emilio Caldara che ricoprì la carica di sindaco di Milano da fine giugno 1914 al novembre del 1920. Fu il primo sindaco socialista della città lombarda e, pur provenendo da una famiglia modesta, completò gli studi in Giurisprudenza all’Università di Pavia.
Si dedicò dal 1891 a Milano svolgendo l’attività professionale di libero professionista. Si impegnò molto presto in politica scegliendo il movimento socialista e collaborando inoltre alla rivista Critica Sociale. Si schierò sin dal primo momento vicino alle posizioni riformista di Bissolati e Turati.
Nel 1899 venne eletto consigliere comunale per la prima volta e da quelle elezioni si realizzò una maggioranza di sinistra, con il PSI che appoggiò dall’esterno la giunta del sindaco radicale Mussi e successivamente Caldara fece l’ingresso nella giunta Barinetti.
Nel 1901 fu nominato segretario generale della neonata ANCI, l’Associazione Nazionale Comuni Italiani e mantenne questa carica fino al 1916. Nel 1905 non si ricandidò alle elezioni comunali e invece fu eletto a quelle del 1910. In quelle elezioni la maggioranza al Comune di Milano fu conservatrice, e il PSI si collocò all’opposizione.
Nelle elezioni politiche del 1913 ci fu un poderoso aumento di consensi del PSI e alle elezioni comunali del 1914 la lista socialista ottenne il primo posto dei voti degli elettori aggiudicandosi in tal modo l’ampissimo premio di maggioranza previsto dalla legislazione dell’epoca, che fu quello di ottenere 64 seggi su 80 e Caldara, dopo la rinuncia del capolista Luigi Majno, divenne sindaco del capoluogo meneghino, il primo sindaco socialista della storia del municipalismo meneghino.
Nella sua attività amministrativa Caldara si impose come un grande innovatore e si impegnò all’aumento dell’assistenza pubblica ai disoccupati e ai ceti deboli mediante la calmierazione dei prezzi, realizzò un importante politica di municipalizzazioni e nel 1916 furono municipalizzati i trasporti pubblici, si fece una politica di investimenti per fare grandi opere pubbliche.
Quando scoppiò la Prima guerra mondiale, Caldara estese la rete di assistenza pubblica, coinvolgendo tutte le forze politiche in favore delle popolazioni. La sua posizione sul conflitto fu neutralista anche se intervenne per chiedere un supplemento di indagine prima di espellere dal PSI l’allora consigliere comunale Mussolini, membro della sua maggioranza, dopo che il futuro duce era divenuto interventista.
Fu sempre convinto della pratica politica del gradualismo e quando nel Psi si affermò il massimalismo, specie nel 1917, dopo la rivoluzione d’ottobre, avanzò l’idea delle dimissioni di tutti i sindaci socialisti. Caldara dovette fare fronte alla difficile situazione finanziaria del comune di Milano.
Caldara amareggiato e deluso per le critiche e le opposizioni decise di non ricandidarsi a sindaco nel 1920 anche se la sua lista fu la più votata e lui fu eletto moltissimi voti. Caldara passò la mano da sindaco ad Angelo Filippetti e lasciò il consiglio comunale di Milano nel 1921 poiché fu eletto a deputato alle elezioni politiche.
Nel 1922 fece parte del gruppo di deputati riformisti espulsi dal PSI che costituirono il Partito Socialista Unitario. Fu rieletto deputato nel 1924. Nel 1925 si unì alla secessione dell’Aventino e poi fu dichiarato decaduto da deputato nel 1926. Si ritirò dall’impegno politico anche nel 1934 fece un tentativo di creare una rivista dedicata al lavoro che doveva nascere con il consenso di Mussolini, che ebbe sempre grande rispetto e stima per Caldara. Morì a Milano nel 1942.