Subito dopo la strage di Piazza Fontana cominciò la caccia all’anarchico che doveva avvalorare la tesi che questi gruppi avessero messo la bomba alla Banca Nazionale dell’Agricoltura.
Adesso arriva un racconto di Gianadelio Maletti, che fu numero due del servizio segreto del Ministero della Difesa dal 1971 al 1975, che fornisce la sua versione sulla “caduta” dell’anarchico Pino Pinelli dalla finestra della Questura di Milano. Maletti è un vegliardo che ha quasi 100 anni ed è da decenni in Sud Africa latitante dal 1980.
Maletti è a conoscenza ovviamente di tanti segreti e misfatti italiani ed ha avuto una reviviscenza sul caso di quello che a suo tempo è stato fatto passare per suicidio. Secondo la su versione, Pinelli sarebbe stato interrogato sul davanzale della questura per terrorizzarlo in modo che così potesse fornire risposte di una colpevolezza degli anarchici.
Ma ad ogni risposta che non andava bene lo spingevano un pochino. Finché il ferroviere anarchico cade di sotto stramazzando al suolo. Una morte agghiacciante di un innocente e questo racconto ipotesi assai verosimile dell’ex vicecapo dell’intelligence è stato raccolto dalla viva voce di Maletti che ricordiamo è stato condannato in via definitiva a 12 mesi di carcere per i depistaggi proprio sulla strage di piazza Fontana.
Pino Pinelli, precipitò da una finestra del quarto piano della questura di Milano nella notte tra il 15 e il 16 dicembre 1969, appena tre giorni dopo la strage della Banca Nazionale dell’Agricoltura. Maletti è molto preciso nel descrivere i fatti che sarebbero avvenuti: “Pinelli si rifiuta di rispondere alle domande. Gli interroganti ricorrono quindi a mezzi più forti e minacciano di buttarlo dalla finestra. Lo strattonano e lo costringono a sedere sul davanzale. A ogni risposta negativa, Pinelli viene spinto un po’ più verso il vuoto. Infine perde l’equilibrio e cade. La morte dell’anarchico non era voluta – racconta il generale – tutti i presenti furono colti da sgomento e apprensione. La verità non li avrebbe sottratti da gravi sanzioni penali. Perciò si impegnarono ad avallare, per il bene proprio e delle istituzioni, la tesi del suicidio”.
Squarci di possibile verità che non potranno mai essere provati poiché sono passati ormai quasi cinquant’anni dai fatti, però rappresentano pezzi di storia che sono ancora incubi che turbano la nostra ragione.