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Draghi sotto pressione per la contestata riforma della giustizia

by Freelance

Di Mirko Fallacia

Mario Draghi sta lottando per tenere insieme il suo governo di coalizione a causa delle divisioni sulla tanto contestata Riforma della Giustizia che trova nei 5 Stelle il nemico più ostico.

L’Italia è stata a lungo perseguitata da un sistema giudiziario disfunzionale e dolorosamente lento, ma i ripetuti tentativi di revisione non sono riusciti a ridurre significativamente gli arretrati in molti tribunali.

Per decenni, la giustizia è stata l’area più controversa della politica italiana e l’ultima disputa è la prima significativa minaccia all’unità della coalizione multipartitica di Draghi, entrata in carica a febbraio.

Il governo ha approvato il progetto di legge l’8 luglio come una delle serie di riforme che Draghi ha promesso all’Unione europea di sbloccare come parte dell’accordo per avere i miliardi di euro del Recovery Funds ma, ad oggi, non ci sono stati significativi passi avanti, almeno in maniera ufficiale.

La riforma proposta mira a ridurre gli arretrati e ad accelerare i procedimenti giudiziari, ma molti membri 5 stelle affermano che impedirà il completamento di migliaia di processi che verranno semplicemente annullati prima che venga raggiunto un verdetto.

Impantanato dalla giustizia, Draghi ha dovuto rallentare altre riforme promesse del sistema fiscale e delle regole di concorrenza.

Per accelerare le cose, ha detto che sottoporrà la revisione giudiziaria a un voto di fiducia, un modo rischioso per forzarlo in parlamento troncando il dibattito sugli emendamenti. Il voto è previsto per l’inizio della prossima settimana.

Se un governo perde la fiducia deve dimettersi. Questo è quasi impossibile perché anche se 5 Stelle votasse contro Draghi, avrà comunque la maggioranza. La sua coalizione sarebbe però molto meno solida in futuro.

“Non voglio nemmeno considerare la possibilità che la riforma non venga cambiata”, ha detto ai giornalisti il ​​leader dei 5 Stelle ed ex primo ministro Giuseppe Conte dopo aver incontrato Draghi martedì.

La parte più controversa della riforma prevede l’ennesima revisione della prescrizione, che annulla automaticamente i processi se non viene emessa una sentenza entro un termine prestabilito da quando è stato commesso il reato.

Il sistema giudiziario italiano ha tre gradi di giudizio, il che significa che gli imputati possono presentare due ricorsi. Cosa che potrebbe dare adito a molte più prescrizioni rispetto a prima.

Il ministro della giustizia del precedente governo ha rimosso i limiti di tempo sui procedimenti penali una volta raggiunto un verdetto iniziale, sostenendo che molti trasgressori, in particolare i criminali colletti bianchi, evitano la giustizia usando tattiche legali per ritardare i procedimenti giudiziari.

Ma il compromesso della nuova riforma del ministro della Giustizia, Marta Cartabia, ex Presidente della Corte Costituzionale, congelerebbe la prescrizione al termine del primo processo ma fisserebbe termini rigorosi per i due ricorsi.

Se il primo appello non si completa in due anni e il secondo in un anno, esclusi i reati punibili con l’ergastolo, si estingue senza sentenza; a meno che i giudici non concedano una deroga speciale per la prosecuzione del processo.

Cartabia afferma di poter accelerare i processi grazie a misure per incoraggiare gli imputati a cercare patteggiamenti e l’assunzione di migliaia di personale di supporto nelle aule dei tribunali. Non male come compromesso, anche se ci si aspetta di più. Serve responsabilità civile e talvolta anche penale nei confronti di quei giudici che organizzano cacce alle streghe facendo processi basati sul nulla. Avanti così!

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