Home In evidenza Riforma pensioni e taglio delle tasse, Lega e Pd mostrano la loro vera natura

Riforma pensioni e taglio delle tasse, Lega e Pd mostrano la loro vera natura

by Romano Franco

La riforma delle pensioni è in cantiere e il rischio di spaccatura man mano che avviene la stesura del testo si fa sempre più alto.

Non si placa la tensione tra il secondo e il terzo partito a sostegno della maggioranza Draghi sul delicato tema delle pensioni: un fronte questo che sembra destinato a rimanere aperto perlomeno fino a giovedì quando dovrebbe essere convocato il Cdm per l’approvazione della legge di bilancio.

Questi giorni serviranno al governo per trovare una difficile intesa tra maggioranza e parti sociali, a partire dal meccanismo per superare Quota 100.

La stesura è già stata decisa con i paletti posti sul Documento programmatico di bilancio (Dpb) inviato a Bruxelles dal governo. Per ciascun capitolo della manovra sono state definite le grandi cifre e – il messaggio è chiaro – non si intende stravolgere quell’impianto.

Ma la questione cruciale rimane come usare questi fondi e, soprattutto, da dove attingere. Anche perché Enrico Letta dice no al sistema delle Quote che è invece è fortemente voluto dalla Lega che chiede di intervenire con un meccanismo flessibile, in particolare per lavori gravosi e donne.

La proposta della Lega di applicare la Quota 102 per due anni è stata respinta dall’esecutivo, perché creerebbe uno scalone.

L’idea è quella di stabilire un meccanismo con età fissa di uscita a 64 anni fino al 2024 e contributi crescenti. Ma la proposta potrebbe essere più gradita ai Dem e non convincerebbe ancora i leghisti, che dicono di voler trattare e lanciano le loro contro-proposte.

La questione vedrà più chiarezza dopo l’incontro con i sindacati, che hanno già bocciato la proposta del governo sulle pensioni, e dopo la riunione della cabina di regia.

Ma mentre l’incontro si fa più vicino, Matteo Salvini dice di voler incontrare Draghi. A questo colloquio, secondo fonti, pare debba partecipare anche il leader M5s Giuseppe Conte, che preme per la proroga (ad oggi non prevista) del ‘suo’ cashback.

Ma mentre i tecnici sono chiamati a sciogliere le problematiche più frequenti o ostiche, il governo si mette in contatto con i vari capi partito.

Il nodo cruciale rimane quello delle risorse e come trovarle. Il piano sarebbe quello di aumentare il budget di circa un miliardo di euro in più, ma da dove prenderli?

Diremmo che sarebbe auspicabile, in mancanza di altre soluzioni, mettere mano ai portafogli più elastici e più folti.

Inoltre, rimane da definire anche l’argomento del taglio delle tasse. Draghi e Franco vorrebbero destinare gli 8 miliardi disponibili a tagliare il cuneo per i lavoratori, ma centrodestra e imprese insistono per cancellare o almeno ridurre l’Irap.

Il fatto di inglobare al suo interno una maggioranza così ampia e così diversa, genera non pochi problemi all’esecutivo Draghi, chiamato molto spesso a fare da paciere e a decidere lui stesso sulle soluzioni da applicare, alle volte anche venendo meno agli stessi principi democratici.

Gli argomenti messi sul piatto sono spinosi e sono enormi, nella loro complessità e estensione, e metterebbero in crisi anche il governo più forte.

Ecco perché, per l’esecutivo Draghi, la sfida presentatasi in questo momento si fa ardua ed estrema e, anche se la capacità del premier di accontentare tutti decidendo da solo pare sia l’unica formula vincente in questo momento per tenere insieme una maggioranza così ampia, questa volta sul tavolo c’è molto di più di una decisione fatta durante un’emergenza, si tratta di decidere del destino di milioni di persone per molti anni. Ci vuole molto di più.

Visti i precedenti, il socio destinato a rimanere scontento e costretto a subire è Matteo Salvini, vista la sintonia del primo e secondo polo a sostegno di Draghi e i loro temi in comune.

Il Capitano, trovatosi dentro a questa maggioranza più per altri che per un proprio volere, non gode dei numeri per tenere il banco senza Berlusconi e Renzi che gli fanno da sponda.

Tenere contenti tutti in questo caso è quasi impossibile e il governo Draghi è chiamato agli straordinari. Se si va avanti con questa riforma, uno dei due partiti tra Lega e Pd terrebbe scontento il proprio elettorato e subirebbe un’emorragia di voti non indifferente.

Chi dei due sarà disposto a cedere all’altro? Riuscirà Draghi o il governo a trovare una sintesi, oppure si appresterà come sempre a decidere da solo per tenere unità la maggioranza? E, infine, questa soluzione funzionerà anche questa volta?

Potrebbe interessarti

Lascia un commento