Sarebbe necessario un Recovery Fund anche per il sistema politico italiano e non solo per la sua disastrata economia. La Crisi politica del Governo Conte uno e due hanno messo alla luce le difficoltà del sistema, la crisi dei suoi partiti che la Costituzione garantiva essere l’architrave democratico della nazione ma che via via hanno finito per entrare in contraddizione e crisi talmente violenta da lasciare sul terreno a gestire la cosa pubblica maggioritariamente le forze che quel sistema volevano abbattere, difficile definire altrimenti la parabola politica, sia detto vincente, della Lega, che voleva sfasciare la nazione e far uscire l’Italia dall’Euro, dei Cinquestelle che volevano sfasciare il sistema e aprirlo come una “scatoletta di tonno”, e gli epigoni del msi che come il gambero, a ritroso, hanno riesumato il lemma autarchico senza neanche avere l’ambizione e la grandeure di costruire un “Impero” ma limitandosi ad invocare il lockdown sovranista, Dio, Patria e Famiglia.
In mezzo tutti gli altri a cercar di salvare un minimo di tenuta democratica, europeista ed atlantica, ma sostanzialmente a tentar di salvare la ghirba e un po’ di governance da condividere con i papi stranieri che si sono affacciati sull’agone per salvar la patria, dalla famosa trincea del lavoro, delle università e delle banche.
L’affondo di Zingaretti è stato contundente: “Nel momento in cui il paese è alle prese con la pandemia il partito si occupa delle poltrone..”. L’assemblea PD come se niente fosse mette all’ordine del giorno la sostituzione del segretario senza alcun chiarimento Politico sulle frasi gravi pronunciate.
Un’assemblea decadente che sì auto-flagella nel silenzio assenso eleggerà un nuovo segretario. Enrico Letta come Cincinnato fa ritorno in Italia e cercherà di mettere una pezza alle difficoltà emerse nel Partito Democratico dopo la cocente sconfitta della linea “O Conte o Morte” che ha finito per soccombere dinnanzi alla realpolitik ed alle centinaia di morti che ancora contiamo a causa della inarrestabile ed offensiva pandemia.
Letta è una persona seria, appartiene alla schiatta della generazione cresciuta da Nino Andreatta che fu un rigorista ante-litteram, un europeista atlantista convinto ed un sincero cattolico che aveva sulle scatole i laici ed in particolare i socialisti. Enrico è cresciuto in una temperie diversa, ha studiato da uomo di Stato si ritrova oggi a guidare una forza politica che non ha risolto le sue contraddizioni ideologiche ma che tuttavia rappresenta, o dovrebbe rappresentare, il partito del progresso nel paese erede della sinistra DC e del PCI.
Ha governato con i populisti che Letta avendoli conosciuti da vicino nel suo autoesilio parigino disprezza cordialmente, ma dovrà per l’istante cercare di non rompere quel filo sperando di rovesciare (come per esempio in Spagna) i rapporti di forze e costruire un’alternativa di Governo che non si allontani dalla gestione Draghi, anzi la rivendichi, e che riqualifichi e ridefinisca il perimetro accettabile di un’alleanza fra forze progressiste ove i cinquestelle siano radicalmente ridimensionati.
Allo stato i numeri dei sondaggi non dicono questo e sarà necessario sudare le proverbiali sette camicie affinché il Partito Democratico riconquisti la sua autonomia dall’idea fallimentare dell’alleanza coi cinquestelle e riconsideri l’allargamento alle aree che si sono mostrate più scettiche se non quando ostili al ripiegamento sui populisti nostrani.
Il Partito Democratico non ha candidato un Segretario ma un Presidente, e sul crinale dello scontro Conte-Letta che si ridisegneranno le alleanze politiche. In attesa naturalmente che si metta mano alla crisi istituzionale che rischia con la nomina del nuovo presidente della Repubblica di allargarsi e aggravarsi se essa sarà il frutto di un mercato parlamentare e non di una scelta che implichi un indirizzo politico e strategico chiaro che chiuda definitivamente la parentesi populista. Non sarà affatto semplice!
Se non si imbarca nuovamente nella strategia ormai consunta della vocazione maggioritaria del Partito Democratico attorno a Letta ed alla sua possibile candidatura sarà possibile anche riaggregare le aree laiche, riformiste, socialiste ed ambientaliste che si muovono oggi in ordine sparso ma che potrebbero rappresentare un elemento necessario per generare un’alternativa di sistema all’alternativa populista di destra e sinistra purché esse siano in grado di riqualificare i temi programmatici in sintonia con le esigenze stringenti del paese e risintonizzandosi con la parte dell’Europa che non intende cedere alla tentazione del rigurgito nazionalista.
Si voterà in Germania ad autunno e se venisse confermato il quadro politico uscente è auspicabile che le nazioni che si sono attardate nell’azione di contrasto ai populisti potrebbero trarne un giovamento se esse sapranno motivare l’elettorato con azioni efficaci senza facili concessioni alla demagogia.
In Italia devono riconquistare il terreno le forze riformiste, non sarà facile, non sarà semplice, ma l’occasione si è presentata. Se perpetuerà nell’errore di ritenersi l’alfa e l’omega della sinistra democratica italiana il PD è destinato ad una sconfitta ancora più netta di quella elettorale e strategica che ha dovuto subire in soli tre anni.