La rivoluzione Meloni tarda ad arrivare e, nel frattempo, il governo arranca sui primi passi.
Niente scudo fiscale per il rientro dei capitali dall’estero da inserire nella manovra. L’intenzione, infatti, sarebbe quella di avviare successivamente una riflessione sugli strumenti per far emergere i capitali non dichiarati.
Questo esecutivo, che si è sempre speso a favore della famiglia “tradizionale”, ha annunciato un raddoppio da 100 a 200 euro per quanto riguarda l’assegno unico universale per i nuclei familiari con quattro o più figli e 100 euro in più per i nuclei familiari con figli gemelli, fino al compimento del terzo anno di età.
Sono queste le proposte che il ministero della Famiglia avanza in vista della messa a punto della prossima legge di bilancio. La maggiorazione avverrebbe a decorrere dal 2023.
Il ministero guidato da Eugenia Roccella ha anche promesso 68 milioni di euro, a decorrere dall’anno 2023, per i centri estivi a favore dei ragazzi.
Inoltre il governo ha poi annunciato l’incremento della dotazione del fondo per le misure anti-tratta (2 milioni in più per il 2023 e 7 milioni in più per il 2024).
Per quanto riguarda l’economia Giorgia Meloni non si discosta dalla ricetta Draghi e conferma il taglio di due punti del cuneo fiscale, introdotto dall’ex premier, per un costo di circa 3,5 miliardi.
L’estensione della tassazione al 15% per autonomi e partite Iva, che era fino a 65mila euro, è stata estesa fino a 85mila euro; al di sotto dei 100mila promessi in campagna elettorale.
Sul fronte mini-cartelle, si punta allo stralcio di quelle fino a mille euro per le annualità fino al 2015 e sanzioni ridottissime, al 5%, e pagamento dimezzato per le cartelle tra i mille e i cinquemila euro.
In manovra verrebbe inserito anche il rialzo a cinquemila euro del tetto al contante, depennato dal Dl Aiuti Quater non avendo un profilo di urgenza.
La proposta dovrebbe anche prevedere l’azzeramento di Iva sul pane, pasta e latte e fino al 5% per i prodotti per l’infanzia e assorbenti.
Il governo inoltre vuole aggiungere anche una tassa abbastanza inutile sulle consegne a domicilio, per favorire il commercio di prossimità e penalizzare le persone fragili, che non si possono muovere, e quei già numerosissimi lavoratori che sono impiegati nel mondo del delivery.
L’altro tema caldo per questo governo sono le pensioni. Il governo introduce quota 103 che prevede il pensionamento per gli individui che hanno compiuto 62 anni d’età e hanno 41 anni di contributi alle spalle. Ci sarebbe anche la proroga dell’Ape sociale e di Opzione donna.
Nella manovra viene anche introdotto un fondo ad hoc per la valorizzazione e la tutela del made in Italy. I settori ammissibili al finanziamento e il riparto delle risorse saranno decisi dal ministero insieme al Tesoro. Sperando che la proposta diventi più universale e meno clientelare di quanto si evince dal testo.
Viene avanzato anche il rifinanziamento per un altro anno del bonus tv e decoder, che prevede uno stanziamento di 100 milioni.
Il rifinanziamento è per due contributi già esistenti: per l’acquisto di tv, previa rottamazione di un apparecchio non conforme, con l’erogazione di un solo contributo per nucleo familiare, pari al 20% della spesa nel limite di 100 euro; un altro per l’acquisto di apparecchi televisivi senza rottamazione o di decoder, con un contributo per i nuclei familiari con Isee fino a 20mila euro.
Ma spunta anche un milione di euro per rafforzare gli aiuti ai piccoli birrifici che producono birra artigianale e tre milioni di euro (nel triennio 2023-2025) per un fondo per l’alfabetizzazione mediatica e digitale e tutela dei minori nell’ambito dei media digitali.
Dulcis in fundo: le bollette. Nella proposta, quasi non ce ne fosse bisogno, alla fine c’è anche un trafiletto che parla del caro energia.
Il governo pensa infatti ad una rateizzazione delle tasse dichiarate ma non pagate degli ultimi tre anni. L’entità lorda della manovra resta intorno ai 30-32 miliardi, di questi 21 miliardi andranno al finanziamento delle misure contro il caro-energia fino a fine marzo.
Un po’ pochini se si considera il fatto che il governo Draghi abbia utilizzato un tesoretto che equivaleva quasi al triplo del valore, con scarsissimi risultati.
Nella proposta del governo non si parla di tassazione sugli extraprofitti e non sono previsti investimenti seri che potrebbero far rientrare e portare introiti nel breve o nel lungo periodo.
Se sono queste le ricette di Giorgia Meloni per uscire dalla crisi sono inefficaci. Qualche toppa e qualche mancetta, alcune solo per carità, e il governo di spessore, come dice la premier, in poco tempo ha già mostrato la sua vera natura vacua e le sue idee stagnanti e retrò.
Dopo il via libera del Cdm, il ddl passerà in esame alla commissione Bilancio della Camera per poi approdare in Aula intorno al 20 dicembre.
In conclusione possiamo dire che la prima manovra del governo Meloni non ha proprio le sembianze di una riforma rivoluzionaria e lo schianto della nostra economia sul lastrico non è più solo un’ipotesi è quasi realtà.