Scoprire che ad uccidere degli uomini dello Stato furono altri uomini delle forze di polizia fu un enorme trauma che sconvolse l’Italia. Eppure è avvenuto; trent’anni fa a Bologna si consumò un eccidio del pilastro che resta una pagina drammatica della nostra storia.
Oggi Mattarella ha voluto ricordare questi Carabinieri vittime della crudeltà di una banda di assassini. Anche il sindaco di Bologna, Virginio Merola, ha reso omaggio ai tre carabinieri Mauro Mitilini, Andrea Moneta e Otello Stefanini, trucidati dai fratelli Savi, i capi della banda della Uno Bianca che, tra il 1987 e il 1994 uccisero 24 persone e ne ferirono altre 102.
A trent’anni dal barbaro eccidio del rione Pilastro, a Bologna, si rinnova il ricordo dei tre giovani Carabinieri, che furono assassinati da un vile agguato omicida e tuttavia furono capaci di reagire valorosamente prima di essere uccisi.
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella ha dichiarato: “In questo giorno desidero, anzitutto, esprimere i sentimenti più intensi di vicinanza e solidarietà ai familiari delle vittime, che negli anni hanno dovuto convivere con un dolore senza misura. I loro cari erano poco più che ventenni quando sono stati colpiti dall’infame crudeltà di una banda di assassini, che per lungo tempo hanno seminato morte con freddezza disumana, e hanno anche ignobilmente macchiato la loro divisa di servitori dello Stato”.
“Resta iscritto nella memoria della Repubblica il senso del dovere dei giovani Carabinieri – aggiunge il Capo dello Stato – il servizio prestato per la sicurezza della comunità. Figure che si aggiungono a quelle dei molti altri che hanno tenuto fede ai loro compiti fino a pagare – per la legalità e la giustizia – il prezzo più alto”, conclude Mattarella.
La commemorazione è avvenuta a Bologna senza i familiari per rispettare le misure anti-covid e il sindaco di Bologna, Virginio Merola, è stato presente alla commemorazione del 30esimo anniversario dell’eccidio. Nel rispetto delle misure imposte dalla pandemia in mattinata sono state deposte le corone al cippo di via Casini e verranno piantati tre arbusti floreali nel luogo dell’agguato. Una messa in suffragio delle vittime è stata celebrata nella chiesa di Santa Caterina da Bologna ed ha partecipato proprio in via Casini, dove i tre militari furono uccisi, il comandante generale dell’Arma, il generale Giovanni Nistri, che ha deposto una corona davanti al cippo.
Oggi il fratello di uno dei carabinieri uccisi, Ludovico Mitilini, ha detto: “Chiederemo di riaprire indagini. Siamo di fronte a una verità monca, ci sono lati oscuri: per questo da parte di alcuni familiari sarà fatta una richiesta formale di riaprire le indagini. Ci sono elementi che destano perplessità, testimonianze non valorizzate per quello che erano”.
La riapertura delle indagini sulla strage del Pilastro, “è un’idea da prendere in considerazione”. Una posizione condivisa dal sindaco di Bologna, Virginio Merola, anche se su questo punto, però, il primo cittadino sembra più vicino al pensiero di Rosanna Zecchi, presidente dell’associazione dei familiari delle vittime della Uno bianca, secondo cui prima di pensare a riaprire le indagini sarebbe meglio aspettare che gli atti vengano digitalizzati.
Il primo cittadino reputa che proprio la digitalizzazione in passato “ha dato risultati inattesi”, e per questo “è bene prendere in considerazione ogni approfondimento possibile”. “Continuiamo a essere al fianco dei parenti delle vittime e per questo ribadiamo la disponibilità della Regione Emilia-Romagna a sostenere la completa digitalizzazione degli atti processuali – dichiara a sua volta il Governatore dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini – affinché possano essere disponibili a chiunque (così come abbiamo fatto con tutti i fascicoli di atti di terrorismo e strage, a partire da quelli della strage alla Stazione di Bologna del 2 agosto 1980). Il nostro impegno rimane immutato, contro ogni forma di criminalità e ingiustizia”.
Persino Eva Mikula, fidanzata di uno dei fratelli Savi condivide queste posizioni: “Mi associo appello per riaprire indagini. Comprendo e rispetto l’immenso dolore dei loro congiunti – dice in una lettera aperta – e mi associo all’appello che lanciò lo scorso anno Ludovico Mitilini, il fratello di Mauro, che nei giorni scorsi ha annunciato richiesta formale per la riapertura delle indagini. Molti particolari infatti rimasero tra le pieghe dei fascicoli di quattro differenti procure, ognuna delle quali seguì differenti interpretazioni anche su particolari riguardanti le circostanze della cattura”.
Pm ricorda: “Indagammo sugli aghi dei cedri” “Entrai nelle indagini sulla Uno bianca perché di turno il giorno dell’ultima tentata rapina finita nel sangue. Esaminando la Uno bianca rubata, abbandonata subito dopo, chiesi di esaminare le canalette scorri-acqua poste di lato al cofano motore. Vennero trovati degli aghi che sembravano di pino”.
E’ un dettaglio oggi ricordato da Valter Giovannini, che da pubblico ministero seguì inchieste e processo sui delitti bolognesi della Banda, responsabile della morte di 24 persone e di oltre 100 feriti tra Bologna, Romagna e Marche tra il 1987 e il 1994.
“Incaricai l’istituto di botanica dell’università di Bologna di analizzarli”, prosegue il magistrato, oggi sostituto procuratore generale. “Venne fuori – continua – che appartenevano alla specie ‘Cedri del Libano’. Appurai che a Bologna e zone confinanti l’unico luogo in cui vi era una concentrazione di tali piante era il Parco dei Cedri di San Lazzaro. Disposi di verificare ogni giorno se nel parcheggio fossero presenti Uno bianche che risultavano rubate. L’idea, una volta individuatane una, era di sorvegliarla h24 per sorprendere chi fosse andato a ritirarla. Non ci fu tempo, perché pochi giorni dopo la Procura di Rimini strinse, con abilità, il cerchio su Roberto Savi”.