Un altro politico che promette di ritirarsi dall’attività politica se non ottiene il risultato del 5% alle elezioni.
La domanda che sorge lecita è questa: chissà se lo farà mai?
Ad aggiungersi alla lunga lista di coloro che delusi dai risultati elettorali fanno come Cincinnato, che si è ritirato in campagna, stavolta vi è Totò Cuffaro, ex presidente della Regione e fondatore della Nuova Dc in Sicilia.
Cuffaro viene da una condanna per avere favorito la mafia e rilevato segreti giudiziari.
Bisogna dire che il politico ha scontato la pena con dignità e sapienza laureandosi persino in legge dopo la prima laurea conseguita a suo tempo in medicina.
Ora è impegnato a Palermo in sostegno di Roberto Lagalla, candidato sindaco del centro destra, e questo endorsement ha creato polemiche e scontri al veleno.
Sono di queste ore gli arresti per scambio elettorale politico – mafioso di una candidato al Consiglio Comunale e l’ex presidente della Regione sente l’esigenza di affermare con chiarezza agli elettori: “Se la Dc a Palermo non raggiungerà il 5 per cento e il progetto che sto portando avanti verrà bocciato, chiuderò con la politica”.
Cuffaro era stato condannato a 7 anni di carcere ed è comunque interdetto per sempre dai pubblici uffici.
Non può quindi naturalmente candidarsi e per marcare la sua distanza dagli ambienti mafiosi ha sempre gridato ai suoi comizi “la mafia fa schifo” invitando gli attivisti a farlo a voce alta.
Cuffaro ha esordito nella multisala Politeama davanti a oltre mille persone per presentare la lista della Democrazia Cristina e nutre molte speranze per raggiungere l’obiettivo che si è prefissato.
Nessuno nasconde che Cuffaro ha voluto in modo esplicito rivendicare il suo ruolo di leader a sostegno di Roberto Lagalla.
Oggi però tiene banco la vicenda clamorosa e scandalosa della presenza di Cosa nostra nelle elezioni amministrative a Palermo e che è venuta alla luce con l’arresto di un candidato di Forza Italia, Pietro Polizzi, accusato di scambio politico mafioso insieme a un fedelissimo di Totò Riina.
Bisogna anche dire che Polizzi è stato già candidato con una lista a sostegno di Leoluca Orlando ed in passato ha militato proprio nell’Udc, il partito che Totò Cuffaro ha guidato per un lungo periodo.
Oggi Cuffaro è incoraggiato dai risultati raggiunti nelle precedenti amministrative in Sicilia dove è riuscito a fare eleggere consiglieri comunali anche nei piccoli comuni.
Allora ha iniziato un tour de force per aprire nuove sezioni sino all’oceanica manifestazione di Palermo.
E anche in quell’occasione l’ex presidente della Regione aveva sottolineato come fosse decisivo il risultato di Palermo: o dentro o fuori.
Da qui l’appello che suona come un invito a votarlo per le sue capacità di organizzare la vita politica e di gestire il potere anche senza avere cariche elettive: “Se invece ritenete che io possa essere ancora utile alla politica, aiutatemi a far crescere la Dc”.
Nel frattempo in Sicilia si muovono sia Giuseppe Conte che Enrico Letta, e prima ancora Giorgia Meloni.
Il clima in città a Palermo appare sempre più pesante, risentendo del fatto che il centrodestra ha trovato l’unità su Roberto Lagalla, messo in ombra adesso dagli appoggi pubblici di Dell’Utri e dello stesso Cuffaro.
Bisogna dire che Dell’Utri, dopo avere organizzato incontri per tessere una tela di consensi intorno a Lagalla, è scomparso di scena lasciando ad altri il compito di svolgere gli incontri pubblici a cui lui non è stato mai aduso.
Ma Cuffaro è in prima linea poiché conosce molto bene Roberto Lagalla, in quanto l’ex rettore è stato anche assessore regionale nella sua giunta e il candidato sindaco è stato presente anche sul palco di Palermo per la presentazione della lista della nuova Dc.
I presupposti di partenza di Cuffaro sono all’insegna di una rifondazione profonda che si presenta come lui stesso afferma “all’insegna degli ideali, non una politica fatta di interessi, di scambi elettorali o di formazioni lobbistiche: questo è il volto nuovo per il quale stiamo lavorando”.
Tiene a precisare comunque, per evitare di commettere lo stesso errore di quelli che hanno trasformato il voto in un referendum sulla propria persona di lui, dicendo: “Non è un referendum su di me, è un referendum sulla nascita della Democrazia Cristiana nuova. Se gli elettori non voteranno la nascita di questo partito, è chiaro che il mio sforzo potrebbe essere inutile”.