Home Approfondimenti 9 giugno 1937, i fratelli Rosselli vengono assassinati dal “fascismo”

9 giugno 1937, i fratelli Rosselli vengono assassinati dal “fascismo”

by Redazione

La lotta al fascismo è stata violenta e sanguinosa ed è costata all’Italia menti eccelse. Tra le più eccelse del socialismo liberale troviamo i fratelli Carlo e Nello Rosselli: politici, giornalisti e antifascisti per eccellenza.

Fiorentini di nascita, i Rosselli erano due rampolli di una famiglia agiata di fede ebraica. I due fratelli vissero in Francia a Parigi per lunghi anni come esuli.

Tanto la famiglia paterna quanto quella materna, fermamente legate agli ideali repubblicani e mazziniani, erano state politicamente molto attive.

I due fratelli crebbero respirando politica e partorirono idee elaborando un assetto sociale che non si era mai visto prima di allora.

Carlo aveva un amore incondizionato per l’umanità e aveva una spinta all’azione nel solco dello spirito mazziniano, che lo inserisce nel filone dell’interventismo democratico.

Nel testo, Libera Russia, viene esaltato il risveglio del paese di Gorkij, Tolstoj e Dostoevskij, supremi interpreti di un rinnovamento in atto già dal secolo precedente, per cui la rivoluzione di febbraio non era che il punto culminante di una lunga preparazione all’avvento di una società più giusta.

Vi «era tutta una massa che saliva lentamente, inesorabilmente. La marcia si poteva ritardare ma non impedire». Dei recentissimi eventi, inoltre, viene esaltata la componente “pacifica”, la loro attuazione relativamente non violenta.

L’articolo Wilson mostra tutta la fiducia nutrita per la razza umana e definì la Prima Grande Guerra come «a war to end wars» (una guerra per porre fine alle guerre), uno slogan che rappresentava bene le speranze di Carlo e di tutta la famiglia Rosselli.

Prima della guerra, i Rosselli erano impegnati intellettualmente in scontri con personaggi del calibro di Luigi Einaudi su temi economici (libero mercato, concorrenza) con un occhio sempre attento al mondo lavorativo (disoccupazione, organizzazione sindacale) e sulle teorie politiche.

Nel 1925 Carlo Rosselli, con Claudio Treves e Giuseppe Saragat costituì un triumvirato che, il 29 novembre successivo, costituì clandestinamente il Partito Socialista dei Lavoratori Italiani (PSLI), che prese il posto del P.S.U., sciolto d’imperio dal regime fascista, il 14 novembre, a causa del fallito attentato a Mussolini da parte del suo iscritto Tito Zaniboni, avvenuto il 4 novembre precedente.

Nell’ottobre del 1922 Mussolini salì al potere; nello stesso periodo, la fazione di Turati venne espulsa dal PSI.

Carlo sperava in cuor suo che in Italia si costituisse una seria opposizione antifascista moderata in grado di offrire un’alternativa politica alla borghesia che guarda con simpatia al fascismo. Ma non fu così.

Carlo venne detenuto nelle carceri di Como fino al maggio del 1927 e poi inviato al confino di Lipari in attesa del processo.

Al processo si difese attaccando il regime: «il responsabile primo e unico, che la coscienza degli uomini liberi incrimina è il fascismo […] che con la legge del bastone, strumento della sua potenza e della sua Nemesi, ha inchiodato in servitù milioni di cittadini, gettandoli nella tragica alternativa della supina acquiescenza o della fame o dell’esilio».

La sentenza fu di dieci mesi di reclusione e, avendone già scontati otto, Rosselli avrebbe potuto essere presto libero, ma le nuove leggi speciali permisero alla polizia di infliggergli altri 3 anni di confino.

Così il 27 luglio 1929 Carlo evase dall’isola, insieme a Francesco Fausto Nitti ed Emilio Lussu, con un motoscafo guidato dall’amico Italo Oxilia diretto in Tunisia, da cui poi i fuggiaschi raggiunsero la Francia per la libertà.

Ma non durò molto la sua libertà poiché nel 1937, mentre Carlo soggiorna a Bagnoles de-l’Orne, venne raggiunto dal fratello Nello, che aveva ottenuto il passaporto nel maggio 1937, su intercessione di Gioacchino Volpe (probabilmente in buona fede) e il 9 giugno, in Francia, i due fratelli vennero sequestrati e poi uccisi da una squadra di militanti dell’organizzazione di estrema destra francese Cagoule, guidati da Jean Filliol.

L’omicidio però venne organizzato con tutta probabilità da Santo Emanuele, tenente colonnello dei Carabinieri e capo della sezione controspionaggio, unitamente al generale Mario Roatta, al colonnello Paolo Angioy e al maggiore dei Carabinieri Roberto Navale, ma chi diede l’ordine con tutta probabilità fu il ministro degli Esteri Galeazzo Ciano e il suo capo di gabinetto Filippo Anfuso.

Oggi, la tomba dei due fratelli si trova nel Sacrario di Giustizia e Libertà nel Cimitero Monumentale di Trespiano. La loro lapide riporta il simbolo della “spada di fiamma”, emblema di Giustizia e Libertà, e l’epitaffio scritto da Calamandrei recita:

«GIUSTIZIA E LIBERTÀ, PER QUESTO MORIRONO, PER QUESTO VIVONO».

Il fuoco della ribellione portato avanti dai due fratelli, da allora, non si spense mai e verrà ricordato in eterno proprio come il loro coraggio per essersi esposti anche mettendo a rischio la loro vita contro la prepotenza del fascismo.

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