Di Pietro Carlomagno
Se i brutali attentati terroristici eseguiti nel nome di Allah hanno la stessa degenerata, falsa, infame e vile natura di chi si ostina a giustificare il genocidio di interi popoli nel nome dei valori democratici, se allora è così, che si trovi il coraggio di chiamare le cose per quelle che sono, terribili crimini contro l’umanità.
Se invece, per macabro pragmatismo, mi si vuole spiegare che è la legge naturale della sopravvivenza, che è l’inevitabile guerra fra le parti, la salvezza che spinge a dominare per non essere dominati, allo sterminio per non essere sterminati, se allora è così, che si trovi il coraggio di chiamare le cose per quelle che sono, terribili Guerre.
Guerra, senza suffissi o deboli giustificazioni che lavano con lo sciacquone dei gabinetti le coscienze prima di scaricarle nelle fogne.
Se è così, se è la guerra l’inevitabile mezzo per la sopravvivenza identitaria e fisica di culture, popoli e religioni che si è deciso essere incompatibili, allora dobbiamo ritenerci tutti in guerra e, senza stordimento o stupore, prepararsi ad ammazzare il figlio dell’altro, o attendere che prima o poi l’altro entri in casa ad ammazzare i nostri figli, perché l’epilogo non potrà essere che questo.
Se invece, nell’osservare il disperato abbraccio di un padre che lava con amare lacrime di dolore il cadavere del proprio figlio ammazzato, non si vedono bandiere, torti o ragioni, ma solo orrore che incancrenisce e incendia con odio e rabbia ogni umanità, se si vede un padre a cui è stato ammazzato il figlio, un uomo a cui è stato tolto tutto l’amore e iniettato tutto l’odio, se allora è così, che si trovi il coraggio di essere umani.