Incredibile svolta della Procura sulla tragedia del ponte Morandi che il 14 agosto del 2018 ha portato alla morte di 43 persone. L’ipotesi di reato è di “crollo di costruzioni o altri disastri dolosi”; sono queste le nuove accuse dalle quali dovranno difendersi gli ex vertici di Aspi, accusati di voler risparmiare sulla manutenzione della rete per accrescere gli utili del gruppo Atlantia. Secondo l’accusa emerge un’ipotesi inquietante infatti, sono stati falsificati gli atti per nascondere i mancati restyling ed, inoltre, erano consapevoli del pericolo.
Le accuse dei 71 indagati vanno da attentato alla sicurezza dei trasporti, falso, disastro colposo e omicidio colposo plurimo.
“Questa contestazione – spiegano dalla Procura – non significa che hanno volutamente fatto crollare il viadotto ma che hanno messo insieme una serie di comportamenti dolosi come la mancata manutenzione o la realizzazione di falsi verbali, tali da portare al crollo dello stesso”.
“Si rischia un massimo di dodici anni contro i cinque del reato colposo”. “Ovviamente le formalizzazioni della Procura potrebbero essere poi cambiate dai giudici in sede di processo”. La prova regina, punto di svolta del caso, pare proprio essere quella mancata manutenzione. La scorsa settimana dall’analisi delle carte del tribunale del Riesame era emerso come la Procura contestasse anche il reato di falso.
Questa nuova imputazione, così come il crollo doloso, è stata messa nera su bianco dai giudici nello spiegare perché le intercettazioni telefoniche effettuate proprio nell’indagine per il viadotto crollato siano rilevanti anche per le barriere fonoassorbenti, filone di inchiesta, quest’ultimo che nei giorni scorsi aveva portato agli arresti domiciliari l’ex Ad di Aspi e Atlantia, Giovanni Castellucci, l’ex direttore delle operazioni centrali di Aspi Paolo Berti, Michele Donferri Mitelli, ex direttore delle manutenzioni di Aspi, e Michele Donferri Mitelli, ex direttore delle manutenzioni di Aspi.
Secondo l’accusa gli ex vertici di Autostrade avevano messo in atto falsi rapporti per nascondere «l’assenza di reali ispezioni» e per «nascondere la sottovalutazione dei reali vizi accertabili».
Intanto emerge che Donferri Mitelli e Berti, dopo il crollo del Morandi furono promossi “per non accusare Castellucci. Il primo fu mandato in una società spagnola controllata dai Benetton, il secondo venne destinato ad occuparsi di appalti per Aeroporti di Roma spa. Di sicuro sono molti i punti oscuri dell’inchiesta e si spera venga fatta al più presto giustizia per le vittime di quel massacro.
Se quello che dicono gli inquirenti fosse vero, ci si aspetta il massimo della pena e una punizione esemplare per i dirgenti e una multa ad almeno nove cifre alla società dei Benetton che, se si dovessero provare le accuse, pare si sia arricchita sul sangue di quella povera gente malcapitata.