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L’ultima tentazione di Renzi

by Maurizio Ciotola

Siamo poco interessati a ciò che potrà accadere questa sera, dopo il Consiglio dei Ministri a causa di una noiosa e puerile azione di un partito maldestro.

Potremmo sottolineare che chi lo guida, ha sempre operato fuori dal Parlamento, nel legittimare o delegittimare una via di governo e soprattutto il suo sostegno.

Così come avvenne all’inizio della legislatura, sul palcoscenico televisivo di “Chetempochefà”, copia simildolciastra di “Porta a porta”. Matteo Renzi sembra non perseguire alcun progetto per il Paese, quanto l’obiettivo di contare, di esserci.

Un fiorentino dal livore recondito, che si è fatto strada attraverso il rancore, nutrito verso una moribonda classe politica. Risalendo le classifiche dell’apprezzamento nei sondaggi, grazie ai media, è stato proiettato su una poltrona che come sappiamo non ha saputo gestire.

Tanto basterebbe per ricacciarlo nell’abisso di periferia da cui proviene, se non fosse che una precisa ed estesa lobby del non fare, lo sostiene al momento attraverso un patto pragmatico del do ut des.

Lui continuerà a esistere se loro continueranno a usufruire dei flussi finanziari definiti dalle rendite di posizione, di cui è composta parte del nostro sistema economico e mediatico.

Renzi si è alleato con chi avrebbe voluto rigettare fuori dal sistema politico-economico, almeno nelle sue parole di propaganda, che immobilizza il Paese da oltre trent’anni.

L’uomo si mostra palesemente contrario alle riforme democratiche e costituzionali, necessarie affinché questo Paese si allinei sul piano delle funzionalità burocratiche, economiche e legali, ai membri principali dell’Unione Europea.

Per ripicca e non per scelta politica, impedì a D’Alema di essere il Commissario europeo della politica estera dell’UE. E’ un uomo di sgambetti, che destano risate e scalpore, fino al consenso, in un’epoca in cui si da credito a quattro parole messe in croce su Twitter, piuttosto che a un agire silenzioso ed efficace nelle istituzioni.

Probabilmente siamo giunti al punto per cui, una eventuale crisi, non potrà evolvere verso lo scioglimento delle camere per l’assenza di un consenso dei partiti, ma verso un governo politico limitato da un appoggio esterno, che non sarà quello di Italia Viva, ma sicuramente di un’altra “Italia”.

Negli oltre quarant’anni in cui Scalfari non né ha azzeccata una, pur lavorando sempre al disfacimento, è probabile che ai suoi novant’anni sia riuscito a cogliere una possibilità, seppur non nel modo e nel senso in cui la annunciò in campagna elettorale.

Forse quel partito nato con idee liberali, travolto dalla conservazione e dall’illegalità, oggi potrebbe avere la possibilità di rinascere sostenendo indirettamente quelle riforme che l’attuale Governo vuol portare avanti, malgrado Renzi.

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