All’indomani del voto, l’ex premier Giuseppe Conte cerca di fare un’analisi dettagliata su ciò che è andato storto a queste amministrative.
“Le amministrative sono sempre tabù per il M5s, è un po’ una costante. Abbiamo avuto in passato fiammate importanti a Roma e Torino, per il resto non è stato inusuale prendere percentuali basse alle amministrative e poi balzare al 30% nelle successive elezioni politiche. Non sono qui però per nascondermi dietro la costante storica. Quindi dichiaro che i dati che emergono, aspettando i definitivi, non ci soddisfano. Non possiamo cercare giustificazioni di comodo”, dice l’ex premier.
Durante la conferenza stampa Conte fa un mea culpa e aggiunge che il dato “che a me fa male e preoccupa” è quello dell’astensionismo.
A Palermo infatti “il 60% degli aventi diritto non ha votato” e, in effetti, questo dato rappresenta una sconfitta per tutta la classe dirigente che non può più ignorare che più della metà della popolazione non si sente coinvolta attivamente nella vita politica.
“Domani pomeriggio terrò una conferenza stampa per definire il percorso di completamento dell’azione politica del M5s e dell’organizzazione interna comprese le articolazioni territoriali”, sottolinea Conte.
“Questo doveva essere un corso di rilancio ma siamo in ritardo al punto che non abbiamo ancora gli strumenti efficaci per dialogare sui territori”, aggiunge l’ex premier.
Il sud non conferma i cinquestelle e, secondo Conte, “serve un lavoro costante sui territori, che non può essere improvvisato. Noi non infoltiamo le liste con i portatori di voti ma con chi condivide un progetto politico”.
“Mai il M5s prenderà decisioni sulla base di una tornata elettorale” e sulle alleanze dice: “L’azione congiunta” col Pd “non può essere compromessa da questa tornata elettorale per il semplice motivo che il M5s deve ancora organizzarsi sui territori”.
Poi l’ex premier parla del Referendum: “Il passaggio referendario è stato molto deludente nell’esito. Abbiamo registrato la più modesta partecipazione di sempre. È un dato di cui prendere atto senza grandi giustificazioni. Noi eravamo contro quei quesiti, i cittadini non hanno creduto ad un’artificiosa rappresentazione e che dietro ci fosse un serio tentativo di riformare la giustizia. Erano quesiti che nascondevano una vendetta della politica nei confronti della magistratura – sottolinea Conte.
“Di certo non era in quei quesiti la risoluzione ai problemi della giustizia. Servono riforme organiche e sistematiche come quelle avviate dal M5s con la riforma Bonafede”, dice il leader cinquestelle.
“I referendum sono stati molto deludenti negli esiti, con la più modesta partecipazione di sempre: i cittadini non hanno creduto che dietro ci fosse un tentativo vero di migliorare la giustizia. È quello che abbiamo sempre sostenuto noi, si trattava di una vendetta della politica contro la giustizia”, accusa infine Conte.
Difficile non dare torto alle affermazioni di Conte visti i quesiti “ad personam” del referendum sulla giustizia, ma, la verità evidente di cui deve prendere atto l’ex premier è che il suo MoVimento oramai è un triste ricordo di quello che erano un tempo.
Per vedere il fallimento dei grillini, non serve un’esame di coscienza o un’analisi dettagliata, basti vedere la metamorfosi di personaggi come Luigi Di Maio, nato come un “Masaniello” anti sistema, che per peccati di gola è finito per diventare parte della “casta”.