Il G7 appena terminato si conclude con una dichiarazione di sfida nei confronti di Pechino. Infatti, la riunione che coinvolge quelle che un tempo erano riconosciute come le sette economie più forti al mondo si è conclusa con un “patto d’acciaio” che esclude, quasi del tutto, Pechino dai commerci dei sette.
In questo periodo la Cina si è vista più intenta a smorzare gli animi dei propri abitanti piuttosto che affermare una vera e propria leadership commerciale mondiale. La grave repressione dei diritti nei confronti delle proprie minoranze e la forte pretesa di annettere i territori di Hong Kong e Taiwan, non sta facendo una bella pubblicità alla Cina; trasformatasi, nel tempo, in uno Zio Sam Rosso molto più sanguinario e meno tollerante nei confronti dei diritti e della democrazia.
Uno Zio Sam targato Pechino che non irrompe negli Stati con i suoi eserciti creando aspre polemiche, ma che si infiltra, pian piano, nelle Istituzioni degli stessi Stati, acquistando e corrompendo cittadini che fanno avanzamenti di carriera in politica e fanno approvare leggi “Pro China”.
Basta Cina!
Basta con il lavoro forzato! Basta con le violazioni dei diritti umani e soprattutto basta con questi insabbiamenti; a cominciare dall’indagine internazionale sulle origini del virus.
L’iniziativa, targata Usa, prenderà il nome di ‘Build Back Better World (B3W)’, ed è una scossa per Pechino, di fatto una contromossa dell’America – affiancata da Italia, Francia, Canada, Germania, Giappone, Regno Unito – alla competizione economica del Dragone.
Una situazione che vede l’Italia con il piede in due staffe, essendo l’unico paese Occidentale a siglare, nel marzo del 2019, accordi sulla via della Seta, col primo governo Conte. Ma Mario Draghi, in conferenza stampa al termine del G7, non esclude che quegli accordi possano essere rivisti. In sintesi, smantellati. Il memorandum siglato nel 2019, con tanto di liste lunghissime di singole intese tra i due Paesi “non è stato mai menzionato, nessun accenno” durante il G7, assicura il presidente del Consiglio.
“Per quanto riguarda l’atto specifico, lo esamineremo con attenzione…”, dice il premier. “Sulla Cina si è scritto tanto della nostra posizione – dice Draghi richiamando le indiscrezioni che lo descrivevano ‘freddo’, assieme alla cancelliera Angela Merkel e ai vertici Ue, sull’accelerazione impressa dagli States contro Pechino – si è parlato di divisioni ma io credo che il comunicato rifletta la posizione non nostra ma quella di tutti, in particolare rispetto alla Cina e alle altre autocrazie”.
Del resto, aggiunge Draghi: “Il comunicato finale riflette perfettamente la nostra posizione sulla Cina, che deve essere fondato su tre principi: cooperazione, competizione, franchezza”.
Una specie di tabula rasa tutta da riscrivere, considerando l’incidente avvenuto un paio di mesi fa quando, il premier Mario Draghi, ha annunciato di aver impedito la vendita del 70% di una azienda italiana attiva nel settore dei semiconduttori a una società cinese. Un autentico sbarbo a Pechino che si è contrapposto al gesto di piaggeria nei confronti degli americani, il tutto tradotto in una perdita del 70% del fatturato di quel mese per l’azienda italiana, sola ed unica vera vittima della vicenda.
Ma il premier si è giustificato così: “Nessuno disputa il fatto che la Cina abbia diritto ad essere una grande economia come le altre. Quello che è stato messo in discussione sono i modi che utilizza, anche con le detenzioni coercitive. E’ un’autocrazia che non aderisce alle regole multilaterali, non condivide la stessa visione del mondo delle democrazie”. A Biden l’Italia riconosce di aver ” voluto ricostruire quelle che sono le alleanze tradizionali degli Stati Uniti dopo il periodo di Trump, in cui queste alleanze sono state seriamente incrinate”.
Di sicuro nessuno approva le repressioni e i modi di fare discutibili del Dragone, ma non è questo il modo di imporsi. Bisogna essere vicini alla Cina, quanto agli Stati Uniti e alla Russia, sebbene le loro idee di libertà e diritti siano diversi gli uni dagli altri. Un uomo saggio diceva: E’ molto più produttivo istruire che rimproverare. Inoltre la nostra economia e le nostre produzioni fanno gola tanto all’Oriente quanto all’Occidente, non possiamo precluderci un commercio di miliardi di euro solo per fare un piacere agli americani. Bisogna ripristinare le alleanze, giusto. Ma non si può pretendere che l’Italia, come la stessa Europa, ritorni ad essere strumentalizzata dagli Stati Uniti e sempre pronta a fare da “picciotto” allo Zio Sam Originale.
Gli accordi con la Cina sono stati fatti proprio a causa delle politiche applicate dall’amministrazione Trump; poiché, non riuscendo a vendere così tanto agli americani grazie ai dazi imposti dalla amministrazione del tycoon, i governi europei si sono attrezzati vendendo anche in Oriente.
Una volta cambiata la bandiera, da Rep a Dem, gli Usa non possono pretendere si cambi politica solo per fare un favore al nuovo Presidente, per quanto bravo o bello egli sia.
L’Italia è libera di commerciare e fare i suoi scambi con chi vuole, è un paese libero. Qua si parla di diritti ma si vuole utilizzare l’Italia come se fosse una provincia degli Usa. E’ una grandissima contraddizione questa!
Non si può tornare indietro cari premier, Biden e Draghi, l’Italia, come l’Europa, sono destinate a svincolarsi dalla forte pressione americana e diventare “una realtà nella realtà” a sé stante. Se si andasse incontro ad un’altra era Trump l’Italia potrà mai tornare dalla Cina o dalla Russia dopo aver promesso eterna fedeltà agli Usa? Non credo proprio.
Inoltre, la legge deve essere universale e non può essere di bandiera. O si conclude il commercio nei confronti di tutti coloro che reprimono i diritti e le libertà e quindi includere anche i paesi come Arabia, Egitto ecc… Oppure, si continua ad applicare dei dazi a quei Paesi che reprimono i diritti e le libertà, fino a quando non saranno stufi di pagare un costo extra per dar sfogo alla propria ignoranza.