L’iniziativa di pace del Premier Draghi e del Ministro Di Maio era stata “salutata” dalla stampa con tanto ottimismo, ma si è scontrata con la realtà dei fatti.
Si è infranta contro le repliche di Zelenskiy (“Prima aiutateci a riconquistare i territori”) e della Russia nelle figure di Medvedev e Peskov (“Piano avulso dalla realtà”).
Effettivamente non era difficile immaginare che una Crimea “ampiamente autonoma, ma sotto Kiev” sarebbe stata accolta come una provocazione.
Si parla di un accordo, anche parziale, tra le parti come una cosa necessaria e indispensabile per entrambi. Ma i comportamenti di Kiev e Mosca sembrano suggerire il contrario.
L’Ucraina, soprattutto, sembra paradossalmente essersi messa, incalzando il nemico al ritmo di innegabili successi militari, in una condizione disperata.
Un accordo esaustivo e definitivo sui territori occupati era molto difficile già il 22 febbraio. È diventato impossibile adesso che si sono aggiunti territori occupati in questi 3 mesi, che come nel caso di Kherson sembrano destinati ad essere annessi direttamente alla Russia e non alle Repubbliche Popolari del Donbass. È già in corso, in quella zona, la sostituzione della Grivnia con il Rublo.
Anche un cessate il fuoco, per chi governa a Kiev, è diventato uno sbocco inaccettabile. Il Porto di Odessa magari riprenderebbe a funzionare, ma questo farebbe cessare, o ridimensionerebbe, non solo il flusso di armi ma anche quello di aiuti esteri dall’Occidente, grazie ai quali oggi l’Ucraina continua a erogare e assicurare servizi e stipendi ai cittadini.
La timeline per l’ingresso in UE è molto lunga, e sarebbe ingenuo non scorgere, tra le righe delle dichiarazioni di Macron e Scholz, l’indisponibilità a farsi carico della ricostruzione con fondi UE.
Terminato il conflitto, il fallimento politico nel non essere stati accolti, nonostante le sofferenze patite, né nella NATO e né nella UE scoppierebbe in faccia al governo in modo molto violento.
Anche il proseguo del conflitto non sembra molto semplice per Kiev. L’impressione è che la “cura Dvornikov” inizi a dare i suoi frutti.
Russi e Separatisti riescono sempre più a incanalare l’intensità degli scontri dove più conviene loro. E questo è un pessimo segnale per chi si difende in un contesto di drammatica inferiorità di uomini e mezzi, per quanto Kiev possa contare su armi più moderne, pare abbia iniziato a far proprio il concetto di “soldato” dei paesi occidentali e riceva dall’Occidente un’assistenza sul campo che non ha precedenti nella Storia.
Respinti i Russi quasi al confine all’altezza di Kharkiv, ora una parte consistente delle forze ucraine è bloccata lì. E nel resto del fronte i Separatisti guadagnano terreno, mentre il fatto che anche gli Ucraini abbiano preso a far saltare i ponti può essere indice di un’imminente resa di altre porzioni di territorio.
Si capisce da questo come, a dispetto dei pronostici catastrofici che li vedono prossimi al collasso dai primissimi giorni, i Russi non abbiano fretta di concludere il conflitto, e possano guardare al nemico con rinnovata assertività.
Chi vuole la pace, sono le parti terze. Una UE sempre più messa di fronte alle proprie contraddizioni e al differente grado di interdipendenza economica dei suoi membri con Mosca, una Cina sospesa tra L’ importante partnership commerciale con Kiev e il proprio irrinunciabile alleato alla guida di un terremoto geopolitico dagli esiti imprevedibili.
Ma vorrebbero una pace anche gli USA, in cui l’Ucraina ha un grado di priorità differente tra l’Agenda di Biden e la Dottrina (geo)politica del paese , che ha già segnato il suo punto il 22 febbraio, con l’impegno dei paesi europei al riarmo.
Impegno che le consentirà di concentrarsi sul Pacifico, lasciando all’Europa la chiave della gabbia dell’Orso Russo.
Anche la contraddizione tra un obiettivo raggiunto e un impegno sempre più esoso in un Teatro che si vorrebbe abbandonare , è destinato a manifestarsi sul cammino della Casa Bianca in modo imprevedibile.
La pace è sicuramente indispensabile per tanti Paesi poveri che temono l’esplodere di una crisi alimentare che porterebbe l’Umanità su un terreno inesplorato, ma colpirebbe molto più duramente gli angoli più sfortunati della Terra.
Si dice che, tra il 44 e il 45, a Berlino dicessero “Godiamoci la Guerra, perché la Pace sarà terribile”, e Zelenskiy non è poi così lontano da quest’ottica.