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Salvo Andò: “Gelli, un millantatore protetto dal potere”

by Rosario Sorace

La loggia massonica P2 aleggia come un fantasma nella storia del nostro Paese con l’affiorare di sorprendenti e inquietanti misteri anche a distanza di decenni dalla scoperta delle liste degli affiliati. E’ stata una vicenda che ha segnato la vita della Repubblica e che sembra ancora presentare molti punti oscuri nonostante vi siano state inchieste giudiziarie e una lunga inchiesta parlamentare che durò oltre tre anni e che, comunque, svolse un prezioso lavoro e fornì una ricostruzione più che puntuale di fatti e protagonisti di questo torbido groviglio di interessi che hanno infettato la vita democratica condizionando il futuro del nostro Paese. Per capire il clima di quegli anni, cos’è stata la P2 e fare luce sulla figura di Licio Gelli è utile parlarne con l’ex ministro, Salvo Andò, che ricoprì la carica di vice presidente vicario della Commissione Parlamentare sulla Loggia Massonica P2 per tutta la durata dell’inchiesta parlamentare.

Il 17 marzo di quarant’anni fa veniva ritrovato nel corso di una perquisizione avvenuta nella residenza di Licio Gelli l’archivio segreto di una loggia massonica, denominata P2, che annoverava tra suoi membri politici, generali, giornalisti, alti dirigenti della Pubblica Amministrazione, insomma personaggi noti e meno noti dell’Italia che conta. Si trattava, da quel che emergeva dalle carte, di una struttura di potere occulto ed alternativo che sfuggiva a qualunque controllo delle istituzioni e dell’opinione pubblica operando in un regime di estrema segretezza. La vicenda ha subito prodotto un grande scandalo e comprensibili preoccupazioni, considerato che la loggia pareva perseguire, per la sua struttura ed attività, un centro di potere tendente a svolgere un’opera di corrompimento di tutti i settori della vita pubblica.

Con la legge del 23 settembre 1981 fu costituita una commissione parlamentare d’inchiesta che si insediò il 9 dicembre 1981 e lavorò fino al 10 luglio del 1984. La commissione, che aveva il compito di indagare sulle attività della loggia e di accertarne eventuali attività illegali, giunse alla conclusione che le attività svolte dalla loggia avevano carattere eversivo di inquietante portata e che esse avevano avuto un’indiscutibile rilevanza in molte vicende della vita politica nazionale.

Lo scandalo della P2 ha profondamente segnato la vita della Prima Repubblica perché dalle inchieste è emerso che la loggia era un’organizzazione che aveva avuto un ruolo non marginale nelle stragi di matrice terroristica e mafiosa, che per anni, nonostante le molte indagini compiute dai magistrati, sono state annoverate, a causa della difficile identificazione dei reali mandanti, tra i tanti misteri che costituiscono un vero e proprio libro nero della Repubblica.

Nel corso degli anni dalle indagini della magistratura su molte vicende oscure della storia del nostro paese è emersa una capacità criminale della P2 che neppure la commissione d’inchiesta parlamentare, che ha indagato in profondità anche sul sistema delle coperture istituzionali di cui l’organizzazione di Gelli si è avvalsa, era stata in grado di ricostruire nella sua complessità. Via via con la scomparsa di alcuni protagonisti della trama eversiva ordita dalla P2 si sono acquisite delle certezze in ordine al ruolo avuto dalla P2 nella strategia stragista.
Nel 2020 Gelli verrà individuato come uno dei mandanti della strage di Bologna. Altre indagini sono state svolte, in tempi recenti, sull’ attività eversiva della loggia da una nuova Commissione Moro costituitasi sotto la presidenza dell’on. Fioroni.

Pensi che la P2 abbia avuto un ruolo fondamentale nel sequestro Moro?

Non si sono acquisite prove certe in ordine al ruolo attivo della loggia nella preparazione dell’attentato e nella gestione del sequestro. E tuttavia in quegli anni Gelli era riuscito a coinvolgere nella sua organizzazione personalità che stavano al vertice degli apparati di sicurezza dello Stato, che poi sono stati indagati per i depistaggi posti in essere allorché si svolgevano indagini a tappeto per scoprire la prigione del popolo dove veniva tenuto Moro.

Non pare dubbio che il venerabile potesse acquisire notizie di prima mano in ordine all’andamento delle indagini tenuto conto del massiccio reclutamento di uomini delle forze dell’ordine e dei servizi che era riuscito a realizzare.
Insomma Gelli non poteva non sapere viste le fonti di cui disponeva e non poteva non sapere neppure con riferimento alle altre stragi di natura terroristica e mafiosa.

Sicuramente Gelli aveva rapporti con Sindona, il quale intratteneva rapporti eccellenti con alcuni massoni mafiosi, conosceva alcuni boss che poi si erano pentiti, e si era rivolto a Gelli per essere aiutato nella vicenda della bancarotta che lo coinvolgeva. Gelli aveva firmato una dichiarazione giurata in favore di Sindona per alleggerirne la posizione dal punto di vista penale, e aveva anche allertato alcuni affiliati alla loggia per aiutare il bancarottiere, soprattutto per trovare soluzioni politiche alla bancarotta che poi finirà per distruggere l’impero di Sindona.

Negli anni in cui l’Italia veniva messa a soqquadro dal terrorismo e dalle stragi mafiose. Risultavano affiliate alla loggia di Gelli i capi dei servizi segreti e alcuni loro collaboratori che ricoprivano ruoli di grande responsabilità all’interno di questi apparati. Ma anche i magistrati che indagavano su queste vicende erano sodali del venerabile, che quindi poteva utilizzare le notizie che gli arrivavano in modo conveniente per potenziare il ruolo della sua organizzazione e organizzare ricatti in grado di destabilizzare i vertici delle istituzioni.

Gelli ha potuto contare anche sulla coperture che gli venivano assicurate da magistrati affiliati o comunque coinvolti nelle trame della P2. Un fatto che una volta scoppiato lo scandalo, destinato a produrre nel paese un terremoto di proporzioni mai viste, la procura di Roma ha sollevato un conflitto di competenza per scippare le inchieste giudici milanesi Colombo e Turone, ipotizzando un reato molto più grave di quello su cui indagava Milano, cioè il reato di cospirazione mediante associazione ai danni dello Stato.

Vi furono manovre poste in essere anche ai vertici delle istituzioni per insabbiare l’inchiesta fintanto che non si decise l’istituzione della commissione parlamentare e quindi si pose argine ai tentativi di insabbiamento. Non bisogna mai dimenticare che due anni dopo la scoperta delle liste il 13 maggio 1983 il giudice istruttore del tribunale di Roma Ernesto Cudillo concludeva l’inchiesta sulla P2 con una sentenza di proscioglimento generale.

Pare comunque acquisito sia dalle indagini fatte dai magistrati e da quelle svolte dalla commissione parlamentare che molte delle attività della loggia si iscrivevano in quella strategia della tensione che tendeva a destabilizzare il quadro politico italiano per fermare i processi di cambiamento che si annunciavano nella vita politica e sociale del paese man mano che l’indirizzo politico dei governi si connotava per significative aperture a sinistra.

Le indagini via via facevano emergere che Gelli ed suoi sodali più stretti, inoltre, attraverso i ricatti posti in essere con la complicità di autorevoli personaggi delle istituzioni erano riusciti a esercitare un controllo su alcuni santuari della finanza italiana condizionando l’esito di processi economici di rilevante portata.

A tuo avviso la P2 si è connotata come un’organizzazione segreta che puntava a destabilizzare le istituzioni democratiche?

In questi mesi su Gelli e la P2 si è sviluppata una intensa discussione pubblica sul ruolo avuto dalla loggia su alcune vicende della politica italiana che avevano dato luogo a forti conflitti ai vertici delle istituzioni, sulle protezioni di cui Gelli si è avvalso in Italia ed all’estero, sulle lezioni che da quella esperienza si sarebbero dovute trarre per sviluppare una coraggiosa azione di rinnovamento delle istituzioni volta a presidiare meglio i valori e principi fondanti della Costituzione ritenuti a torto obsoleti, soprattutto da parte di chi da sempre ne aveva rifiutato l’afflato progressista pur senza operare in modo esplicito per il collasso della Repubblica.

Il cammino delle riforme nel nostro paese non è stato mai agevole, anche quando i governi all’atto della loro formazione spiegavano che alcune innovazioni non erano rinviabili. Ciò è accaduto ai tempi della Prima Repubblica, ma è accaduto anche in occasione del passaggio dalla Prima alla Seconda repubblica. Si spiegava che bisognava dare più trasparenza, oltre che più efficienza al sistema istituzionale, che i troppi scandali che avevano via via segnato la vita della Repubblica inevitabilmente avevano reso più fragile il sistema politico, abbassato la qualità delle classi dirigenti, insomma creato la condizioni perché l’azione dei pubblici poteri risultasse sempre più subalterna alle volontà dei poteri forti, all’interno di un processo di semplificazione della democrazia che andava nel senso auspicato dagli ambienti più conservatori del paese, dei quali Gelli intendeva erigersi a paladino.

Si sono chiesti in tanti in questi giorni, ancora una volta ,come in un sistema politico conflittuale da sempre come quello italiano di sia potuto creare un centro di potere eversivo come quello della P2, così ben radicato dentro gli apparati dello Stato ed in grado di sfuggire al controllo della politica e dell’opinione pubblica. Era questa la domanda che quaranta anni fa polemicamente rivolgeva Craxi agli investigatori.

Quali sono stati gli aspetti eversivi della Loggia P2 e di quali coperture si avvaleva Gelli?

Si è fatto luce in seno alla commissione parlamentare di indagine su un groviglio di complicità gravissime che riguardavano importanti servitori dello Stato, ma non si è riusciti a stabilire chi e come al di sopra degli apparati infiltrati dalla P2 dava coperture a Gelli, ne consolidava la credibilità come formidabile facilitatore di carriere ed affari.

Insomma, il sospetto legittimo era che Gelli non potesse costruire un sistema di potere cosi capillare ed efficace da solo, cioè senza che qualcuno sopra di lui lo indirizzasse e ne agevolasse in qualche modo la penetrazione all’interno di apparati pubblici essenziali per la sicurezza dello Stato.

Questo sospetto è rimasto tutt’altro che fugato dalle indagini. Però non si è riusciti ad andare al di là di esso. E’ stato questo il limite più vistoso delle indagini svolte sulle attività del venerabile in Italia e all’estero. La P2 ha agito certamente in combutta con i protagonisti di vicende che hanno segnato in modo tragico la storia del nostro paese, anche se non sempre le indagini hanno potuto chiarire la oggettiva sproporzione esistente tra la ambiziosa e ben riuscita costruzione di una struttura di condizionamento dell’intero sistema dei poteri pubblici e la modestia del personaggio che di essa appare l’interprete principale.

E’ un interrogativo questo che la commissione parlamentare non ha lasciato cadere, ma che non è riuscita a sciogliere. È stato spiegato con una metafora che il reale dante causa del venerabile può essere rappresentato attraverso una piramide il cui vertice è costituito da Licio Gelli; quando, però si voglia dare a questa piramide un significato è giocoforza ammettere l’esistenza sopra di essa, di un’altra piramide che, rovesciata, vede il suo vertice inferiore nella figura di Gelli.

Il quale quindi sarebbe solo il punto di collegamento tra forze gruppi che contano molto più di Gelli stesso. Era ed è importante approfondire questo aspetto del fenomeno piduista, considerato tra l’altro che tanti capi della massoneria ufficiale sconfessavano Gelli.

Sempre Craxi si chiedeva se Gelli insomma fosse solo il segretario generale dell’organizzazione al cui vertice c’era un capo politico. I dubbi qui riportati paiono ancora oggi pertinenti se si considera che nel corso degli anni il metodo Gelli è stato proseguito da personaggi che agivano sotto la protezione di centri di potere non organizzati attraverso logge, ma comunque in grado di esercitare una rilevante influenza sull’esito di affari che riguardavano l’interesse generale.

Si è parlato in questo senso di P3, di P4, le cui attività sono state provate, nonostante si siano adottate da tempo le misure suggerite dalla Commissione parlamentare di inchiesta per scongiurare il ripetersi di fenomeni come quello piduista sotto mutate spoglie. Per Gelli, infatti, la copertura massonica era solo un pretesto per gestire affari illeciti approfittando del vincolo di segretezza che proteggere le attività svolte dalle logge.

Attraverso le indagini della commissione parlamentare e della magistratura si è ricostruita l’imponente rete di relazioni esistenti tra soggetti che stavano al vertice degli apparati pubblici e che si impegnavano in base ai doveri che l’appartenenza alla loggia comporta a scambiarsi protezioni, favori, ad aggirare i vincoli posti dalle leggi e degli atti di indirizzo politico decisi dal governi.

La credibilità di Gelli insomma si fonda sulla sua capacità di aggirare le regole, di svuotare di significato le direttive che vengono dalle autorità politiche, di dimostrare con i fatti che esiste un potere ancora più forte del potere politico perché in grado di ricattarlo, di condizionarlo.

Sono sorprendenti in questo senso le dichiarazioni fatte da persone unanimemente considerate al di sopra di ogni sospetto, mai invischiate in trame eversive, mai sospettate di devianze nell’assolvimento dei propri doveri pubblici, le quali hanno rivelato alla commissione parlamentare d’inchiesta che non avevano nulla da chiedere alla loggia di Gelli, ma sentivano comunque la necessità di poter usufruire di una adeguata protezione in caso di bisogno, qualora la competizione politica potesse danneggiarli. La P2 in questa ottica era considerata in grado di esercitare un potere ancora più forte di quello politico.

La loggia P2 di Gelli era un centro di potere che proteggeva gli affiliati per consentire carriere e per distribuire favori?

Cera anche questo tra gli scopi perseguiti dall’organizzazione. C’è da chiedersi come facesse Gelli a convincere tante personalità appartenenti a mondi diversi ad affiliarsi alla loggia, anche personalità non contigui a centri di potere soprattutto politico che magari erano arrivati ai vertici delle istituzioni per meriti propri senza avere santi protettori di cui vergognarsi.

Gelli aveva bisogno di arricchire il suo catalogo dei protetti, da utilizzare poi come esca per allargare il giro e quindi esercitare un’influenza sempre più grande. Nulla più di un potere ostentato attraverso le figure dei potenti che accettano la protezione offerta dal venerabile può risultare convincente per cedere alle lusinghe del capo della P2, e, quindi, assecondare la crescita inarrestabile dell’organizzazione. In sostanza chi si affiliava era convinto di potere così fare parte dell’Italia che conta.

E’ stato spiegato da Elisabetta Cesqui, un pubblico ministero romano, che ha indagato sulla P2 senza lasciarsi intimidire né dai rischi che l’indagine comportava, né dagli avvertimenti che gli arrivavano dai suoi superiori, che la P2 era un servizio parallelo che raccoglieva informazioni per metterle a frutto a fini di ricatto. Un ricatto che via via tendeva a colpire sempre più in alto, considerato che la massa delle informazioni di cui il venerabile disponeva era tale da consentirgli di ottenere collaborazioni, di stringere patti omertosi anche con personaggi che erano collocati sui rami alti delle istituzioni.

Spesso ricattati e ricattatori si sentivano coinvolti in uno stesso destino. Il venerabile li metteva a parte di rischi imminenti che grazie alla sua opera potevano essere scongiurati. Pare che Gelli durante gli incontri si svolgevano presso la suite dell’hotel Excelsior di Roma filmasse gli incontri e registrasse le conversazioni, dopo di che chi accettava la protezione era completamente nelle mani del venerabile.

Si pensi all’uso che il venerabile faceva dei magistrati e degli uomini dei servizi reclutati. Costoro fornivano notizie preziose per consolidare la sua fama di protettore di chi correva dei rischi e di facilitatore di chi voleva fare buoni affari in grado arrivare, magari millantando il potere di dare salvacondotti giudiziari per chi aveva ricevuto soltanto un avviso di garanzia o avrebbe potuto riceverlo. Aveva rapporti con magistrati che gli erano particolarmente devoti, al punto che questi magistrati hanno poi gestito le indagini sulla P2.

Non bisogna dimenticare che i risultati delle inchieste giudiziarie sulla P2 sono andati in una direzione diametralmente opposta a quello della commissione d’inchiesta parlamentare. La Corte d’Appello di Roma ha stabilito che la loggia P2 non cospirò contro l’istituzione dello Stato confermando la sentenza di assoluzione nei confronti di una serie di aderenti all’organizzazione di Gelli, che erano accusati del reato di cospirazione politica mediante associazione.

E la Cassazione ha chiuso poi definitivamente le inchieste sulla P2 confermando la sentenza della Corte d’Appello, cancellando i reati di calunnia e di millantato credito. La vicenda giudiziaria della loggia P2, ha commentato la Cesqui “si è chiusa con la sentenza che conferma la sentenza di assoluzione di primo grado. Resta il giudizio storico che sta nei fatti, che conferma la consistenza dall’ associazione e di quel modo di operare radicato nella vita politica e sociale italiana ogni volta che si ha a che fare con la gestione del potere. Io mi sento tranquillo per quello che ho fatto rispetto alla vicenda processuale, di più non si poteva fare. Ci fu una tale concomitanza di elementi di ostacolo che rendevano la strada totalmente in salita …. La Cassazione ha respinto il ricorso dall’ avvocatura dello Stato per mancanza di motivazione”.

 

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