Di Pietro Carlomagno
Tra gli Stati Uniti che innovano e la Cina che produce, l’Europa regolarizza, spesso a solo discapito della stessa, a furia di guardarsi l’ombelico senza voler vedere cosa succede intorno.
Tra popoli e intere nazioni bombardate, vandalizzate e stuprate, l’Europa si indigna sventolando i nobili ideali che la pregnano, ma poi si alza e se ne va, non avendo più di tanto da poter fare.
Tra i paesi in via di sviluppo che, nonostante le difficoltà, incoerenze e distorsioni, partoriscono entusiasmo, figli e crescita, l’Europa da “vecchio continente”, espressione evocatrice di grandezza, storia e forza, è divenuta un “vecchio incontinente”, un “centro di culture” destinato a diventare un “centro geriatrico”, con aspettative poco confortanti, dove la stanchezza pare prendere il sopravvento alla reazione, imbrigliati nella paura di affrontare il rischio a cui non siamo più abituati, pensando di non subirlo mai giocando a non considerarlo.
La debolezza della sfiatata unione riflette la timida convinzione di essere Europei, pertanto a questo nuovo giro di elezioni europee sarà il caso di essere sinceri fino in fondo e qualcuno dovrebbe trovare il coraggio di mettere i cittadini europei avanti al vero bivio, chiedendo di rinunciare alla sovranità dei singoli stati per rendere sovrana l’Europa, richiedendo, se nel caso ve ne fosse, un segno di sentita e definitiva appartenenza, un fiero giuramento alla causa ed all’Unione Europea, altrimenti tanto vale continuare ad agire come singole nazioni, fino a prova contraria uniche protagoniste a cui sono appartenute le gesta della grandezza europea, dall’antica cultura Greca all’impero Romano, dall’espansione Spagnola alla grandeur Francese, dall’impero Inglese alla potenza economica Tedesca.
Pretendere di agire come singoli stati nel complesso e piccolo, ma grande nei nostri confronti, mondo di oggi, come fanno notare in tanti, è una strategia di certo perdente, ma quanto meno, in attesa del declino definitivo, ci si può cullare nell’illusoria gratificazione che si torni ad agire, ad avere titolarità di intervento senza dover nascondere la propria debolezza dietro al veto gessato della impossibile unanimità comunitaria che tutto rende inerme.
“Navigare necesse est”, furono le parole pronunciate da Pompeo davanti ai marinai che, spaventati da una tempesta, volevano evitare di affrontare il mare per trasportare a Roma un carico di grano vitale per i Romani.
Oggi quelle stesse parole devono essere lo sprono ed incitazione alla politica di ritrovare il proprio coraggio ad affrontare con decisione le questioni ormai vitali e non rinviabili, un Unione Europea vera, all’altezza dei propri ideali e della propria storia.
Se tale spirito non è presente, allora, tanto vale prenderne atto e smetterla di giocare.