Il Psi è sceso ieri in piazza di fronte a Montecitorio per dire no alla legge del ministro della Giustizia Bonafede che prevede il blocco della prescrizione dopo il primo grado. Il provvedimento è stato da poco approvato e entrerà in vigore dal prossimo 1 Gennaio 2020. La questione, che tocca trasversalmente tutta la società civile, ha richiamato in causa i socialisti. Si devono a loro le battaglie in passato in nome dell’Art.111 della Costituzione per il giusto processo e i tempi certi.
Con questa modifica, dicono, si va certamente in errore, non considerando i principi fondamentali della Costituzione che prevede la presunzione di innocenza fino a prova contraria e i tempi ragionevoli del percorso processuale.
La norma Bonafede prevede l’interruzione dei termini di prescrizione dopo la sentenza di primo grado, sia in caso di assoluzione che di condanna volendo “evitare le lungaggini processuali”. Ciò sicuramente non riduce i tempi troppo lunghi delle indagini dei processi (che è causa principale dell’eccessiva durata dei tempi della giustizia) e in definitiva rende molto lunghi se non eterni i processi successivi a quello di primo grado perché, dopo che il reato cade in prescrizione, si perderebbe l’interesse a procedere con un secondo grado di giudizio, non garantendo così la presunzione di innocenza fino a prova contraria. Molti sono stati gli scontri in Parlamento e Pd e Italia Viva si sono ferocemente opposti, ma lo stesso è passata, con l’avallo del premier Conte senza poter apportare nessuna modifica nemmeno per le tempistiche delle indagini di processo.
Contro i principi stessi di libertà e contro i principi costituzionali con questa legge si dà della giustizia una percezione distorta. La prescrizione non è e non deve essere una scorciatoia e la legge Bonafede non si inserisce nemmeno all’interno di una riforma strutturale né tantomeno è in linea con il contesto europeo in materia giurisprudenziale, ma resta invece isolata e con l’inganno in Italia si continua a consegnare la politica in mano alla magistratura. L’ Anm ha definito infatti questa legge “essenziale”. Ma doverosamente si deve ricordare che il 40% dei processi vengono già prescritti in fase preliminare e quindi non se ne vede l’urgenza, tantomeno l’essenzialità.
Perché non si cerca di investire invece negli organici della magistratura e sulla polizia giudiziaria? Bloccare la prescrizione significa arrendersi di fronte a un sistema che andrebbe invece riformato, su cui l’urgenza sono gli investimenti per un sistema che sia più giusto ed efficiente.
Si chiude così il sipario sulla macchina che già avanza a fatica e di cui il Psi è vivo testimone. Lo Stato non può diventare carnefice e questa potrebbe essere l’anticamera della dittatura. Non si può scambiare la giustizia con il giustizialismo. La riforma passa così sottobanco, quando invece andrebbe raccontata alle persone perché sappiano che si sta attentando all’ordine su cui la giurisprudenza si deve fondare e la legalità non va confusa con la giustizia. È una lesione alla tutela della dignità delle persone innanzitutto. Il Psi con avvocati, studenti, ricercatori, politici sono scesi in piazza per dire di no e per richiamare alla battaglia tutti coloro che hanno a cuore lo stato di diritto, per una giustizia che sia tale, per i tempi certi e la tutela dei principi dello stato democratico e liberale.
Il sovvertimento costituzionale sta lì dove dalla presunzione di innocenza costituzionale si passa alla presunzione di colpevolezza culturale. Questi princìpi vanno usati nell’interesse della collettività contro ogni forma di populismo demagogico. Un richiamo a tutti per fare “i socialisti insieme” perché questo socialismo riguarda tutti. Questa è una battaglia contro chi nega i principi della Costituzione e fa appello a tutte le forze trasversalmente, dicono nel Psi. Cancellare la prescrizione significa che c’è uno Stato che si arrende e che lo Stato non è più Stato. La Costituzione deve essere applicata, non sovvertita. Questo provvedimento è la mannaia che non garantisce più tempi certi per la giustizia e ghigliottina la dignità di cui le persone hanno diritto.
Ci sono in gioco famiglie che potrebbero essere distrutte, cittadini onesti a cui potrebbe essere tolta loro la libertà ingiustamente, dipendenti pubblici che vedrebbero franare le loro carriere, tra processi infiniti e condanne ingiuste. E si interrompono le verifiche di condizione dell’imputato che viene rispedito alle calende greche e il processo diventa esso stesso un ergastolo.
Non si possono aspettare anni per una sentenza. Non si può fallire di fronte allo Stato democratico di diritto, che ha il dovere di dare risposte all’imputato. Non si può far fallire lo Stato. Il Psi ha dichiarato che si batterà, e che la guerra è appena iniziata, per riportare la norma dell’ex ministro Costa sul tavolo e impedire alla legge Bonafede di essere attuata. No alle soluzioni populiste, sì allo Stato garantista e sì alla vera giustizia.