La disastrosa campagna di Letta e del Pd volge al termine. A niente è servito il richiamo al pericolo fascista perpetuato senza sosta dal segretario dem durante la campagna elettorale.
Il dado è tratto e Meloni con tutta probabilità diventerà la nuova premier d’Italia e prima presidente del Consiglio donna alla guida del Paese.
Letta comincia la sua conferenza stampa con un passo indietro ma, durante il mea culpa, addossa tutte le responsabilità all’ex premier e alleato Giuseppe Conte.
Il disastro di Letta era preannunciato, grazie alle gaffe che si sono susseguite durante la sua campagna elettorale, e da oggi il Pd è “il secondo partito italiano e il primo partito d’opposizione”, come viene definito più volte dal quasi ex segretario dem.
La strategia di Letta ha fatto annaspare il centrosinistra consegnando il Paese nelle mani di Giorgia Meloni.
L’agenda Draghi, che ha innescato un meccanismo boomerang per l’economia italiana, è stata perdente fin dal primo istante e perpetuare il pericolo Meloni, al posto di batterla sui contenuti, ha evidenziato una strategia superficiale e senza spina dorsale.
Le alleanze messe in piedi dal Pd sono state deludenti.
Le forze di sinistra più votate, M5S e Calenda, sono stati allontanati per tenere nell’ovile, Fratoianni e Di Maio, e la forte lontananza dai bisogni delle persone hanno condannato il Pd alla pesante caduta nell’oblio.
Il partito di “centrosinistra” ha una crisi di identità e le scelte fatte negli anni passati dovrebbero dar seguito ad analisi dettagliate.
Il segretario dem annuncia “un’opposizione dura e intransigente”, lanciando una prospettiva sul proprio futuro e su quello del partito che ha guidato alle elezioni: “Faremo tutte le analisi, gli errori ci sono e ci sono stati, io faccio una scelta nell’interesse massimo di un partito che ha bisogno di avviare la costruzione della legislatura e convocare il congresso”.
E aggiunge, sempre in riferimento al congresso: “Credo sia meglio convocarlo piuttosto che cominciare altre dinamiche che farebbero perdere tempo, è il mio gesto di amore verso il partito, la mia leadership finirà appena il congresso avrà individuato una nuova leadership”, dice Letta.
“Ero tornato il 14 marzo con due obiettivi – dice Letta – tenere unito e salvare il Pd dalla disgregazione, preparare una legislatura prossima nella quale vincessero i valori progressisti e democratici. Il primo obiettivo è stato raggiunto: siamo una comunità viva, forte e il Pd è la principale forza di opposizione, lavoreremo per costruire” un’alternativa.
“Credo che il nostro Paese entri in giorni bui – aggiunge il segretario dem – l’opposizione sarà istituzionale ma quello che ci divide dalla destra che oggi ha vinto è profondo ed era bene che gli italiani lo sapessero. Gli italiani hanno fatto un’altra scelta, una scelta che rispetto ma ho assolutamente creduto in quello che ho detto: siamo fortemente alternativi a questa destra, vigileremo e saremo determinanti e intransigenti nel nostro essere italiani dentro l’Europa”.
Nonostante la fine della campagna elettorale Letta evidenzia il richiamo della destra alla “paura”. “Quando si alzano le paure, la destra vince: è successo in Svezia, succede in Italia. La destra è stata brava a cogliere questo clima”, dice.
Poi il segretario dem fa un appello a Conte, Calenda e Renzi. “Sarebbe l’ultimo regalo alla destra e a Giorgia Meloni se le opposizioni andassero in ordine sparso – evidenzia Letta – è molto importante che si riprendano le fila di relazioni che consentano di fare un’opposizione efficace”.
“I numeri dimostrano che l’unico modo di battere la destra era il campo largo, ma non è stato possibile perché alcuni interlocutori si sono sfilati […]. Sono molto amareggiato per l’esito della candidatura di Emma Bonino, il ‘fuoco amico’ di Calenda non lo ha permesso”.
Ma il “Mea culpa” di Letta finisce quando viene identificato il vero colpevole di questa sconfitta, secondo il segretario dem: Giuseppe Conte.
Conte e il Movimento 5stelle hanno commesso il peccato “originale” secondo Letta, aver tolto la fiducia al governo Draghi e aver consegnato l’Italia alla destra “sovranista e populista”. Come se alle politiche non si dovesse arrivare mai.
Ma non è onorevole per Letta divincolarsi dalle sue gravi responsabilità. Tuttavia, ora, è più facile addossare le colpe ad un capro espiatorio che, al contrario di Letta, è riuscito a rimettere in piedi un partito che veniva dalle macerie dopo lo scontro contro l’ex leader, Luigi Di Maio.
Il Partito democratico ha bisogno di una svolta e serve una figura che rivoluzioni il tutto dando un imprinting più di sinistra e più radicale agli ideali democristiani, establishment, che hanno preso il sopravvento all’interno di un gruppo che oramai di sinistra ha ben poco.
Il Pd di Letta oramai è finito, si apre una nuova era di incertezza per il partito democratico e si spera, sia per la Repubblica che per la democrazia, che si riesca a trovare una strada che metta in primo piano gli interessi dei lavoratori, delle famiglie e del popolo innanzitutto.
E’ facile criticare chi utilizza il populismo, dopo che per anni si sono ignorati i bisogni e le paure della popolazione, la cosa davvero difficile, invece, è farsi carico di quelle stesse paure e dei problemi, risolverli nel miglior modo possibile e continuare ad andare Avanti seguendo una tua linea.