Di Mirko Fallacia
La strada per Mario Draghi, ex presidente della BCE e futuro premier italiano, è ardua e in salita. Anche dopo la chiamata al sostegno di Pd, Italia Viva e Forza Italia, intenzionate a dare a Draghi “carta bianca”, non se ne fa nulla se a loro non si unisce o il restante centro destra o il M5s; chiamati nel pesante ruolo di ago della bilancia per il nuovo esecutivo.
Mattarella è stato chiaro: o governo di “alto profilo” o voto. Tertium non datur. Ma non è finita qua, il nuovo premier verrà chiamato a risolvere diversi problemi rimasti in sospeso. Le difficoltà sono notevoli e la sua amministrazione dovrà occuparsi della nuova tranche di ristori che superi le rigidità dei codici Ateco alle misure per gestire la ‘bomba’ cartelle esattoriali, dei 50 milioni quando tramonterà la stagione delle proroghe per l’emergenza coronavirus. Bisognerà mettere mano anche ai dossier Rete unica e Autostrade. Il decollo della nuova Ita, ex Alitalia, il cui piano industriale è ora all’esame delle Commissioni competenti di Camera e Senato, chiamate a esprimere un parere motivato non vincolante al quale seguirà quello decisivo di Bruxelles che chiede discontinuità rispetto alla vecchia compagnia. Centrale rimane, poi, il dossier Aspi.
Per non rendere le cose troppo facili vi è anche il dossier legato alla questione ex Ilva. Che, dopo l’ok dell’Antitrust europeo sull’accordo di coinvestimento tra Invitalia e A.Mittal, viene sancito l’ingresso dello Stato nella siderurgia.
Tuttavia, rimane il nodo legato ai 400 milioni con cui Invitalia dovrebbe acquisire il 50% del capitale di Am. Invest.co che non sono stati ancora sbloccati così come risultano congelate le norme per l’integrazione salariale alla cig dei 1.600 lavoratori dell’Ilva in amministrazione straordinaria.