Per i politici (laici) del Csm c’è sempre un occhio di riguardo e, così, Cosimo Ferri di Italia Viva è stato salvato.
La sezione disciplinare del Csm non potrà utilizzare le frasi captate dal trojan in cui lo stesso aveva dei colloqui con il deputato Luca Lotti, con Luca Palamara e con cinque membri togati del Csm, all’hotel Champagne di Roma sulla nomina del nuovo procuratore di Roma.
A Montecitorio il diniego è stato approvato con 227 voti a favore e 86 contrari (M5S e Alternativa) confermando in tal modo la relazione della Giunta per le immunità dello scorso 16 novembre scorso, che, appunto, negava l’autorizzazione.
La relazione della Giunta per le immunità era stata firmata da Pietro Pittalis, Forza Italia. Ferri era stato sottoposto al procedimento disciplinare del Csm proprio per violazione del codice deontologico della magistratura e, adesso, l’organo di autogoverno dovrà decidere su questo caso specifico senza poter utilizzare le intercettazioni che risulterebbero essere fondamentali.
La Camera ha ritenuto non casuale l’intercettazione di Ferri e che i Pm abbiano usato l’indagine per intercettare indirettamente Ferri violando le guarentigie parlamentari, poiché i magistrati avevano una stretta frequentazione.
In questo caso, sostiene la relazione, in tale incontro il microfono avrebbe dovuto essere disattivato. Di parere contrario il Csm che ritiene le conversazioni di carattere occasionale e, quindi, che non rientrano nel perimetro della tutela parlamentare.
Il Movimento5 Stelle che ha votato contro l’inutilizzabilità condanna: “L’indagine era quella su Palamara, Ferri non è mai entrato nel perimetro dell’atto di indagine”, ha sostenuto il deputato Eugenio Saitta ribadendo in aula come “la garanzia costituzionale di cui gode il parlamentare” sia “soltanto quella di non essere oggetto di intercettazioni mirate. Quando, come nel caso di specie, il parlamentare non solo non risulti iscritto nel registro degli indagati, ma non risulti neppure inserito nel perimetro delle indagini, si deve escludere che le intercettazioni abbiano natura indiretta”, e in tal modo ha dichiarato il voto del proprio gruppo “per la concessione dell’autorizzazione all’utilizzo di tutte le intercettazioni”.
Mentre, per l’inutilizzabilità hanno votato sia il Partito democratico che Liberi e Uguali. “La nostra è stata una valutazione di ordine tecnico-giuridico: secondo noi, ci sono molti elementi che fanno presumere che le intercettazioni non fossero casuali, che ci fosse una presunzione di consapevolezza degli inquirenti che a queste conversazioni captate tramite trojan partecipasse anche Ferri. Questo ci ha fatto propendere per la decisione di non consentire l’autorizzazione, perché abbiamo ritenuto si tratti di intercettazioni non casuali ma indirette”, ha affermato l’esponente del Pd, Alfredo Bazoli.
A queste tesi si è accodato Federico Conte di LeU chiarendo che “la scelta di votare a favore della proposta del relatore nasce in ambito esclusivamente tecnico. Nessuna valutazione e nessun merito politico. Abbiamo analizzato la vicenda dal punto di vista strettamente giuridico, dentro il solo obiettivo del rispetto delle norme e della giurisprudenza costituzionale sulle guarentigie parlamentari”.
Il centro destra ha accolto con soddisfazione questo risultato e, a tal proposito, Antonio Leone, ex vicepresidente della Camera per Forza Italia e consigliere Csm, attuale presidente del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria ha esultato: “Finalmente un rigurgito di orgoglio (costituzionalmente protetto) del Parlamento. Finalmente rispettate le prerogative dei parlamentari. Prerogative, mi spiace dirlo, abbondantemente calpestate proprio da chi è preposto alla salvaguardia della tutela dei diritti di tutti”.