Home Senza categoria Fondo Salva Stati, tutta la verità (o quasi) sull’informativa del premier Conte

Fondo Salva Stati, tutta la verità (o quasi) sull’informativa del premier Conte

by Silvia Roberto

Ennesimo episodio, quello accaduto lunedì scorso, alla Camera prima e al Senato poi, che dimostra come la gara sia ancora aperta. Si potrebbe paragonare questa vicenda a una partita di calcio dove il traguardo da raggiungere è vincere la Champions League.

I protagonisti, oramai, sono noti a tutti. Da una parte c’è il premier Giuseppe Conte, che da avvocato del popolo è diventato “avvocato di se stesso” (nella sua informativa, infatti, spiega in maniera dettagliata tutti i movimenti parlamentari passati, presenti e futuri fatti fin qui, quasi a giustificarsi con chi non gli crede), dall’altra una opposizione molto agguerrita composta, in primis, dalla leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, e dal segretario nazionale della Lega, Matteo Salvini.
Al centro, invece, un Di Maio che vuole fare da arbitro ma in verità è colui che, insieme al suo partito di maggioranza relativa, all’interno del governo potrà decretare il prossimo 11 dicembre, durante il dibattito in Aula, se questa partita terminerà con una vittoria dell’Italia e dunque con una non sottoscrizione del Trattato oppure se avrà vinto l’Unione europea.

Il discorso di Conte è durato 44 minuti, tra dichiarazioni, provocazioni e frecciatine che il presidente del Consiglio ha lanciato, facendo molto discutere.

Il premier ha diviso il suo discorso in “Premessa”, “Ricostruzione del negoziato e della interlocuzione con il Parlamento” e “Considerazioni finali”. Nella premessa ha dichiarato di essere considerato (secondo la sua interpretazione) uno “spergiuro”. “Da alcune settimane – ha sostenuto nel suo intervento – i massimi esponenti di alcune forze di opposizione hanno condotto una insistita, capillare campagna mediatica, accusandomi di avere adottato, nel corso di questo negoziato con le istituzioni europee, condotte talmente improprie e illegittime da essermi reso responsabile di ‘alto tradimento’”.
“Al cospetto di un’accusa gravissima”, così come asserisce lo stesso premier, che se così fosse porterebbe egli stesso alle dimissioni immediate.

Cosa che però non fa e non farà perché, a quanto dichiara nella sua informativa, il premier dice di aver sempre tenuto un comportamento giusto e soprattutto indirizzato all’interesse nazionale.

Se si tornasse a parlare di quella partita di calcio si potrebbe dire che, quella attuata da Conte, è una primaria azione di gioco difensivo, seguita da una immediata azione di attacco nei confronti di chi lui ritiene responsabile di tutto questo (ovviamente Salvini). Testuali parole: “Se però queste accuse non avessero fondamento e anzi fosse dimostrato che chi le ha mosse era ben consapevole della loro falsità, avremmo la prova che chi ora è all’opposizione e si è candidato a governare il paese con pieni poteri sta dando prova, e purtroppo non sarebbe la prima volta, di scarsa cultura delle regole e della più assoluta mancanza di rispetto delle istituzioni”.

L’attacco dunque è la miglior difesa e allora il presidente del Consiglio decide di azzannare alla giugulare coinvolgendo un altro esponente politico dell’opposizione, la Meloni per l’appunto. E prosegue: “Mi sono sorpreso, se posso dirlo, non della condotta del senatore Salvini, la cui ‘disinvoltura’ a restituire la verità e la cui ‘resistenza’ a studiare i dossier mi sono ben note, quanto del comportamento della deputata Meloni di diffondere notizie allarmistiche, palesemente false, che hanno destato preoccupazione nei cittadini e, in particolare, nei risparmiatori: è stato detto che sarebbe prevista la ‘confisca dei conti correnti dei risparmiatori’ e, più in generale, che ‘tutti i nostri risparmi verrebbero posti a rischio’; è stato detto che il Mes servirebbe solo a beneficiare le banche altrui e non le nostre”.

La leader di FdI invece ha illustrato bene nella puntata di “Quarta Repubblica” di lunedì perché questa riforma sul Mes rischierebbe di essere un serio pericolo per i cittadini e per i risparmiatori agevolando così solo le banche altrui, a cominciare da quelle tedesche e lo spiega bene anche durante il suo intervento in Aula.

Semplificando, se le banche italiane un giorno andassero in default e chiedessero una ristrutturazione del debito, accedendo al Fondo Salva Stati, non avrebbero problemi a mettere in piazza i titoli di stato degli italiani. Ma attenzione, se si dice a qualcuno che quel titolo oggi vale 100 ma potrebbe poi valere 70 perché le banche sono in default, pagherebbero tutti gli italiani per salvare gli istituti di credito. E in che modo? Attraverso la riscossione forzata dei conti corrente.

Ma andiamo avanti.

Nella seconda parte del suo discorso Conte elenca tutti i passaggi passati, presenti e futuri del suo operato nei riguardi della trattativa di riforma sul Mes. In particolare si è soffermato sulle comunicazioni rese il 27 giugno dell’anno scorso, al vertice europeo del 29 giugno 2018 passando per l’11 dicembre 2018 e sulle comunicazioni alle Camere, dove ha riferito nuovamente sugli sviluppi del negoziato in materia di rafforzamento dell’Unione economica e monetaria.

Va comunque evidenziato, come sottolineato da Conte, che in tutte le citate comunicazioni nessuno dei parlamentari, tra Camera e Senato, ha voluto mai approfondire l’argomento, se non in alcuni “sporadici interventi” come quello della Gelmini di Forza Italia o di Molinari della Lega dove, a seguito delle comunicazioni del premier rese il 27 giugno 2018, le parti si sono “limitate a esprimere valutazioni di principio”; o del senatore Bagnai della Lega che rivolgendosi a Conte, in occasione delle comunicazioni dello scorso 19 giugno e dove lo stesso senatore aveva affermato “che lei, in applicazione di questa norma e in completa coerenza con quel principio di centralità del Parlamento, fin dal primo giorno affermò in questa sede di voler rispettare, sia venuto ad annunciarci che questo approfondimento tecnico ci sarà”.

Ora, non entrando troppo nello specifico e nel tecnico, a seguito del coinvolgimento dell’allora ministro dell’Economia Tria, preso anche lui in causa, il presidente del Consiglio fa sapere come lo stesso ex ministro era intervenuto sulle linee programmatiche del suo dicastero, rese davanti alla sesta commissione del Senato nella seduta del 17 luglio 2018 affrontando anche il tema della revisione del trattato istitutivo del Meccanismo europeo di stabilità. O quando era stato invitato in audizione dalle quinte commissioni di Camera e Senato nella seduta del 17 aprile, a richiesta dell’onorevole Fassina, dove sempre Tria riferiva nuovamente sul trattato MES e il successivo 31 luglio rispondeva sullo stesso tema a un’interrogazione a risposta immediata presentata dall’onorevole Borghi, o in ultimo dove lo stesso già ministro aveva adempiuto all’obbligo imposto dalla normativa italiana (articolo 5 della legge n. 234 del 2012), inviando la bozza di testo di revisione del Trattato istitutivo del MES ai presidenti delle Camere, con lettera del 9 agosto scorso.

Insomma, una serie di eventi e di incontri dove, secondo Conte, si poteva certamente discutere sul Mes ma non lo si è fatto. Il premier dichiara quindi a gran voce che “tutti sapevano”.

Al “tutti sapevano” ha risposto la Meloni, facendo notare come ci sia qualcosa che non vada nell’informativa del premier perché se dice che tutti erano stati informati e dunque tutti, laddove avessero avuto dubbi e perplessità sulla riforma avevano la possibilità di intervenire, allora come mai il ministro dell’Economia Gualtieri parla di un testo inemendabile? Si può discutere o non si può discutere? È emendabile o non può essere considerato modificabile?

Un intervento, quello della Meloni, in linea con quanto dichiarerà più tardi il senatore Salvini proprio nell’Aula di Palazzo Madama, soffermandosi anche lui sul tema dei risparmiatori, delle banche tedesche, di ciò che è avvenuto in Grecia e chiuderà il discorso con un “si vergogni”.

Ma ciò che lascia più sorpresi è stato l’intervento del parlamentare del Movimento Cinque Stelle Francesco Silvestri che, non in linea con la maggioranza di governo, ha preferito dire ciò che pensava e cioè che vuole sapere la verità e che, in fondo, è giusto che il Parlamento sia chiamato in causa per trattare un tema così delicato che va a toccare il presente e il futuro del nostro paese: “Giusto che non ci sia stata la luce verde, il Parlamento dovrà avere l’ultima parola”.

Così, in una giornata politica così frenetica, ancora non si è compreso chi abbia detto cosa ma soprattutto chi è il “Pinocchio” della situazione. Una partita, dunque, ancora tutta da giocare.

Potrebbe interessarti

Lascia un commento