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E’ ancora più buio

by Raffaele Mortellaro

E’ stata una settimana nera per Kiev. Dopo gli ultimi due “lampi” delle forze armate Ucraine, dove si è vista la controffensiva a Kharkiv e la distruzione di un intero battaglione russo durante l’attraversamento del fiume Donec, sono iniziate le brutte notizie.

Concentrando le proprie forze su uno spazio di appena 120 km, le Forze Armate Russe sono riuscite a sfondare il fronte all’altezza del villaggio di Popasna e hanno accerchiato la città di Severodonetzk, dove sarebbero quasi intrappolate quattro brigate di Kiev, all’incirca 10000 militari. Il 95% dell’ex Oblast di Luhansk è sotto il controllo dei Separatisti.

Le notizie peggiori, tuttavia, non arrivano paradossalmente dal fronte caldo del Donbass, ma dai territori esterni occupati dai Russi sul fronte sud, come l’area di Kherson a nord della Crimea.

In questi territori, è in corso la sostituzione del prefisso telefonico e del codice postale ucraino con uno russo, dal primo giugno il Rublo inizierà ad affiancare la Grivnia in un temporaneo regime di doppio corso monetario.

Si è semplificata la già semplice procedura per richiedere un passaporto russo e sembrerebbe si stia organizzando una serie di referendum per richiedere l’annessione alla Federazione.

Gran parte delle persone che scappano da quei territori non vogliono saperne di vivere, de facto, in Russia, per cui questo processo potrebbe essere molto rapido.

Sembrano invece poco attendibili i report che vedrebbero addirittura un esodo di cittadini dai villaggi della Russia profonda nei territori occupati.

Per quanto questo rievochi i tristemente noti esperimenti di ingegneria sociale di epoca zarista e sovietica, risulta poco credibile pensare che ci siano decine, forse centinaia di migliaia di Russi disposti a lasciare le proprie case per andare a vivere in mezzo alle macerie e a un conflitto così cruento.

Al capitolo energetico (particolarmente divisivo in Europa) e a quello alimentare, si aggiunge tra le armi asimmetriche per rispondere alle sanzioni anche un capitolo profughi.

Centinaia di migliaia di Ucraini che non vorranno mai tornare in territori di fatto russi, destinati ad aumentare con l’occupazione di ulteriore suolo ucraino.

Indipendentemente dalle conseguenze di questa politica per i territori occupati al di fuori della regione del Donbass, le contraddizioni tra la fermezza delle dichiarazioni europee e la vita quotidiana sono sul procinto di manifestarsi.

A Cracovia, per esempio, in concomitanza dell’entrata in corso del Rublo a Kherson, ai profughi ucraini sarà revocato il pass per usufruire, gratis, dei trasporti. Con buona pace di Zelensky che ha appena firmato una legge che rimuove le barriere doganali con Varsavia.

Di fronte a questa procedura di russificazione, è evidente come Kiev sia impossibilitata anche solo a negoziare un cessate il fuoco, che la porterebbe a perdere nei fatti altri territori e farebbe trovare il Mondo davanti al fatto compiuto.

Quanto alla Russia, non sembra avere fretta. L’ambasciatore Razov, ieri, ha dichiarato che “L’operazione militare speciale terminerà quando gli obiettivi della Russia saranno raggiunti”. Dichiarazione molto generica, che non tradisce di certo alcuna fretta.

Per venir fuori da questa situazione, Zelensky può soltanto organizzare un contrattacco contestuale alla ricezione dei tantissimi aiuti militari previsti per giugno, tra cui spiccano le micidiali artiglierie mobili francesi “Cesar”, con munizioni a guida GPS.

Le migliori artiglierie al Mondo. Il più grosso ostacolo per il raggiungimento di questo scopo, però, non è di natura materiale, ma è relativo al personale militare addestrato a disposizione.

Il più grande vantaggio di Kiev, in questi primi mesi, è stato l’aver adottato per le proprie truppe uno standard operativo ai livelli di un esercito occidentale integrato nella NATO, standard acquisito da Kiev con un programma, iniziato nel 2015, che all’inizio avrà stupito anche i paesi occidentali, per le capacità acquisite in meno di 10 anni.

Il problema è che questo livello di efficienza si basa, tra le altre cose, su una costante e continua turnazione degli effettivi impiegati nei combattimenti.

E nelle prime settimane si vedeva la differenza con un esercito novecentesco, che agiva seguendo rigide procedure, che non incentiva l’iniziativa, e in cui spesso i militari che occupano un luogo devono preoccuparsi persino di procurarsi il cibo.

Questo modello è devastante in guerre di breve durata contro eserciti tecnologicamente meno avanzati. Se una guerra si prolunga eccessivamente e si iniziano ad avere perdite considerevoli, inizia a mostrare i suoi limiti.

Nel Donbass, oramai, gli Ucraini sono costretti a combattere “alla russa”. E anche in virtù di questo oggi molti militari ucraini stanno abbandonando le posizioni, con tanto di video in cui lamentano l’assenza di assistenza, rifornimenti e soprattutto, parola molto ricorrente, “turnazione”.

In una situazione simile, tirare fuori quei 10000 militari dall’ assedio di Severodonetzk è letteralmente cruciale. Dall’altro lato, la Russia gioca di rimessa.

Se il fronte a sud est dovesse collassare con grosse perdite per Kiev, ciò che oggi sembra un obiettivo impossibile da raggiungere, come un assedio di Odessa, potrebbe improvvisamente diventare pienamente sostenibile.

Come in tutte le situazioni figlie di reciproci calcoli sbagliati clamorosamente, si sono prodotte conseguenze inimmaginabili allo scoppio del conflitto.

I Russi non hanno fatto “scacco matto” ad Hostomel, mentre gli Ucraini non sono riusciti a far abbandonare la presa al nemico, come dicevano le previsioni clamorosamente fallite sui Russi che avrebbero esaurito le forze nel giro di poche settimane.

La guerra è diventata una sorta di Limbo, una bolla oltre la quale entrambi i contendenti dovranno preoccuparsi di ricostruire un territorio che non hanno i mezzi per ricostruire.

Non molto tempo fa ci chiedevamo insieme a che punto fosse la notte, oggi sembra tutto ancora più buio.

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