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Angela Cavalli: “La signorina di Scordia” tra politica e solidarietà sociale

by Freelance

Di Nunziatina Spatafora 

Non ha mai pensato a sposarsi, a farsi una famiglia propria? No! La mia è stata una scelta di vita. A rispondere così in una intervista di Nino Pisasale, qualche anno prima di morire, è stata Angela Cavalli e non una femminista o una donna manager emancipata degli Anni ‘80 e ‘90.

Angela Cavalli era nata a Scordia, paese vicino alla piana di Catania, ed è stata una donna rivoluzionaria perché ha invertito l’ordine del sistema, infatti, può rappresentare una madre simbolica della genealogia femminile, come Teresa d’Avila, Christine di Pisan ed Olympe de Gouge.

Insomma questa signorina ha lasciato alle donne, ma anche agli uomini, del nostro territorio un immaginario di soggetto femminile attivo e protagonista, in un tempo in cui alle donne non erano stati concessi ancora pieni diritti di cittadinanza e, di conseguenza, neanche quello della parola in pubblico.

Angela Cavalli nasce a Scordia il 5 dicembre 1913 e vi muore il 6 gennaio 2001: la sua non brevissima vita é segnata dall’impegno sociale e da quello politico. Un impegno difficile da vivere e da realizzare, all’inizio del secolo, per una signorina della piccola borghesia di provincia.

Il padre era insegnante. La chiesa rappresenta il luogo dove si può agevolmente soddisfare un forte desiderio di vita sociale. Angela infatti, passa dall’impegno sociale a quello politico con molta fluidità, i due aspetti per Angela sono il rovescio della stessa medaglia.

Non si sposa per scelta, come anche ricordano le donne della sua scuola politica, e questa scelta va definita non come una missione, ma più laicamente come una rivoluzione permanente della sua vita. Una vita pubblica, spesa per la collettività, che non conosce soste, lo sanno bene gli uomini che l’hanno sempre vissuta delegando gli affetti e le responsabilità familiari alle donne.

Essendo lei una donna non poteva delegare che a sé stessa : sceglie allora di non sposarsi e di non avere figli in un tempo storicamente non ancora maturo per reggere le trasgressioni femminili.

Angela sa che il suo desiderio di politica non poteva coniugarsi con i tempi di una famiglia, istituto in cui credeva. Piuttosto che contraddirsi preferisce negarsela una famiglia propria.

Il suo impegno comincia giovanissima, durante il ventennio fascista, nelle organizzazioni cattoliche. La ragazza non profonde lo stesso impegno nei movimenti del regime, viene condannata al confino.

La sentenza non viene applicata perché ancora non diciottenne e per motivi di ordine pubblico: un componente della Federazione Provinciale, il tenente Di Stefano, intuisce che l’esecuzione della condanna sarebbe controproducente.

Naturalmente viene controllata a vista dal regime e purtroppo a Scordia non ha molto sostegno dai preti, che hanno invece scelto la via del silenzio, come afferma lei stessa nell’intervista già citata. D’altronde lei fu una donna di chiesa ma non per questo acritica.

Angela non solo parla alla sua città ma anche agisce. Durante la guerra, ed anche subito dopo, di fronte alla miseria ed alla fame della gente, con molte altre ragazze di Scordia attiva la “cucina economica”. Si raccolgono fave, ceci, pasta per soddisfare molte famiglie, almeno una volta al giorno.

Finita la guerra, il passaggio di Angela in politica è quasi naturale: si batte per la Repubblica, anche se a Scordia a vincere sarà la monarchia, poiché i parroci erano apertamente monarchici, come lei stessa afferma nell’intervista che il giornalista Nino Pisasale, suo concittadino, ha voluto raccogliere, come bilancio della vita politica di questa donna.

Dopo la guerra Angela, proveniente dalla scuola di Don Sturzo, aderisce alla Democrazia Cristiana, vivendo in pieno la tensione del dopoguerra tra le forze del centro e il blocco di sinistra, insomma quando le prime elezioni portano alla vittoria della D.C., anche a Scordia il clima tra il centro e la sinistra è molto duro, e lei naturalmente è una protagonista dello scontro.

Negli anni Cinquanta è delegata regionale dell’Azione cattolica. Il suo primo comizio lo celebra nel giorno del Corpus Domini nel 1964, quando infatti una parte della Democrazia Cristiana le chiede di candidarsi per le Amministrative, risultando la prima delle elette e legittimandosi quindi a diventare il sindaco di Scordia.

Ma in politica niente è facile, soprattutto per una donna. E infatti, l’altra anima della D.C., forse quella degli affari che di certo non si ispirava agli insegnamenti di Don Sturzo, fa cadere la sua amministrazione. Era la prima sindaca del comune di Scordia.

Non era stata sostenuta neppure l’anno prima quando si presentò candidata per le politiche. Nonostante gli ostacoli, riuscì comunque ad ottenere ben ventiquattromila voti. Non si candiderà più per il Parlamento, come a dire: sono a disposizione ma senza accanimenti personali.

Ed Angela si era scommessa veramente, si dice che abbia intaccato il suo patrimonio personale per fare fronte alla campagna elettorale, poiché il suo partito aveva ancora una volta investito su altri. Eppure Angela Cavalli poteva recuperare i suoi soldi spesi per la politica, ma non lo ha fatto: nella qualità di Presidente dell’Ospedale più volte hanno tentato di passarmi le bustarelle per avvantaggiare alcuni farmaci rispetto ad altri.

Quei tentativi non solo non passavano, ma si ribaltavano negativamente su quei signori e coloro che li mandavano. Alla domanda del giornalista se ci sono personaggi che volesse ricordare, naturalmente sono Aldo Moro ed Alcide De Gasperi.

Ma sono soprattutto le giovani e i giovani che la interessano, ne coinvolge tante e tanti. Naturalmente le “tante” sono redarguite dalle famiglie preoccupate che le proprie figlie, impegnate socialmente, possano perdere occasioni di matrimonio.

Lei stessa, d’altronde, deve rassicurare il padre preoccupato per il nugolo di giovani che la circondano. Un suo discepolo di partito, Francesco Perticone, che è stato dirigente alla Provincia Regionale di Catania, ridendo, ha ricordato quando il padre di Angela, sempre attorniata da giovani uomini, la rimproverava pubblicamente dicendole: Ma dove vai con tutti sti maschi? Al che lei rispondeva: Ma non vedi che sono tutti ragazzi di prima comunione? Insomma non potevano ledere il suo onore di donna.

Lorena Testa, mia collega d‘ufficio, ricorda la signorina Cavalli, già matura negli anni, come una donna carismatica. Veniva a trovarci raramente, e per noi tutti era una festa, perché arrivava una donna speciale con cui mia suocera, Giovanna Grassi, aveva condiviso la passione politica.

Angela Cavalli non è una donna di potere, anche se forse un po’ se ne pentirà, infatti negli anni sessanta non accetta la carica di vice presidente della Provincia come ricompensa per le mancate elezioni. Forse la sua visione della politica la indusse a non accettare le cariche politiche come merce di scambio.

Se ne pentirà in seguito, perché consapevole di avere perso uno spazio istituzionale attraverso cui attuare politiche in cui credeva, per esempio la solidarietà sociale, terreno che praticò per tutta la vita.

Dalla politica non si ritirò, nonostante gli ostacoli, ma sperimentò in quel luogo un antico esercizio femminile: quello della mediazione. Non le sembrò un ripiego il fatto di aver lavorato nell’ombra allo scopo di contribuire a mantenere il partito unito ed efficiente come afferma ancora nell’intervista.

Si è visto mai, scusate se sembro di peccare di retorica, un uomo che dedica la sua vita alla politica lavorando anche nell’ombra? Difficile.

Per una donna così, allora, non è complicato essere in sintonia con le varie generazioni ma anche cogliere la propria inadeguatezza dichiarando che prova: per la prima volta una sorta di inadeguatezza verso le nuove generazioni e i tempi che cambiavano velocemente. Accoglie con favore il rinnovamento conciliare, soprattutto il rinnovamento della liturgia perché più vicina alla gente.

Si ritira dalla politica quando: “nonostante la mia buona volontà, cominciava a venire meno l’incisività della mia azione e lo stimolo al cambiamento”. Prima che lo chiedano gli altri, matura la scelta di tornare da dove è partita: alla pratica della solidarietà.

Angela infatti non si ritira a casa, anzi fa un grande e coerente atto politico, e questa volta parla alla sua generazione, fonda una “casa comune” per gli anziani, per dirla brutalmente per i vecchi, il cui ruolo si è trasformato negli ultimi decenni.

Ed ancora una volta Angela intacca il suo patrimonio di piccola proprietaria per un atto politico generoso: negli anni ottanta vende la sua casa in paese per completare la costruzione della struttura per anziani, oggi chiamata Villa S. Andrea.

Anche in questo gesto, la nostra femminista non svolge un ruolo di pura assistenza, ma pensa e realizza un progetto proiettato nel tempo, dedicato a quelli della sua generazione e ai giovani che un giorno diventeranno anziani.

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