Le capitali dell’UE vieteranno oggi il commercio di armi con la Russia come parte del loro ultimo pacchetto di sanzioni contro il Cremlino.
Un po’ assurdo pensare che questa misura non sia stata presa prima, ma l’ultimo divieto di importazione ed esportazione di armi è esplicitato nell’articolo 2 del pacchetto sanzioni e vieta definitivamente la vendita diretta di armi alla Russia.
Come se li americani e l’occidente non possano sfruttare i vari Lord of War per vendere armi sottobanco anche ai russi.
La riforma curiosa, esclude la fornitura, l’esportazione o la vendita diretta o indiretta di armi, munizioni, equipaggiamento, veicoli militari e pezzi di ricambio alla Russia con alcune esenzioni, riferiscono da Bruxelles.
Il divieto si estende ad altri servizi all’interno del mercato militare, come servizi di intermediazione e assistenza tecnica.
È altresì vietato il finanziamento di attività militari con la Russia, mediante sovvenzioni, prestiti, assicurazioni o garanzie.
Rispecchia da vicino un embargo sulle armi del 2014, ma elimina una clausola che consente la prosecuzione dei contratti esistenti.
“Si tratta di chiudere le scappatoie per evitare l’elusione delle sanzioni già in vigore”, ha detto uno dei diplomatici a condizione di anonimato.
Ma il fatto che queste scappatoie siano continuate anche dopo che la Russia ha invaso l’Ucraina il 24 febbraio rischia di mette in estremo imbarazzo i leader dell’UE. Che si sono prodigati per inviare armi all’Ucraina ma non per toglierle ai russi.
L’importante è vendere armi, per le teste d’uovo di Bruxelles. Anche il ricordo dell’esistenza delle scappatoie arriva in un momento imbarazzante, proprio mentre la NATO accetta di aumentare le forniture di armi all’Ucraina.
Il Consiglio dei governi dell’UE non ha menzionato il divieto in un precedente comunicato stampa di oggi, concentrandosi invece sul divieto delle importazioni di carbone russo e sul freno al commercio di criptovalute, manco fosse un mercato centralizzato.
Un altro diplomatico ha ipotizzato che il divieto fosse stato escluso dal comunicato stampa per evitare di attirare l’attenzione sul commercio di armi che alcune capitali dell’UE hanno fatto con la Russia nonostante un simile embargo emerso quando Mosca ha deciso di annettere la Crimea nel 2014.
Un’indagine giornalistica di Disclose, ad esempio, ha rilevato che il ministero della Difesa francese aveva venduto equipaggiamento militare a Mosca per un valore di 152 milioni di euro tra il 2015 e il 2020.
L’attrezzatura venduta includeva termocamere per carri armati e sensori a infrarossi per aerei da combattimento ed elicotteri, secondo l’indagine. Indagare sull’Europa ha anche mostrato che l’UE ha continuato a fornire armi alla Russia nonostante l’embargo del 2014.
Il ministero ha negato di aver violato le sanzioni, in quanto onorava i contratti firmati tra Parigi e Mosca prima del 2014.
Il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba ha espresso indignazione per il fatto che alcuni veicoli russi durante la guerra utilizzassero parti della società tedesca Bosch.
La società non ha risposto a una richiesta di commento ma in precedenza ha detto ai media tedeschi che avrebbe condotto un’indagine sui componenti e ha insistito sul fatto che non stava più effettuando nuove consegne. Ed era pure ora.