Redatto da Huffpost
Dietro la decisione del presidente tunisino Kais Saied che ha congelato in una notte il parlamento repubblicano e ha liquidato il governo votato dallo stesso parlamento, non c’è nient’altro che dare una risposta al disagio di un popolo piegato dalla crisi economica e dalla contundente crisi sanitaria.
Non c’è alcun progetto, oltre al mantenimento del suo potere, al ritorno in forme presupposte democratiche a una vecchia dottrina autoritaria che nel paese mediterraneo ha sempre conosciuto un certo successo. In questo caso non è un male dal quale potrà scaturire un bene, nel senso che se la nottata tunisina ha visto un popolo gioire per la liquidazione di un governo imbelle contro il Covid e la drammatica situazione economica, il risveglio non da meno offrirà chiara la situazione che è quella di un paese sull’orlo di un fallimento economico che necessita almeno di 15/20 miliardi entro la fine dell’anno, che ha visto la comunità internazionale voltargli le spalle sia per gli aiuti di carattere sanitario che per gli aiuti di carattere economico, sui primi va detto che l’Italia ha fatto bene la sua parte.
Blindato il parlamento, il presidente della camera non ha potuto mettervi piede ieri notte bloccato dai militari, soppresse le voci libere, Al-Jazeera ritenuta scomoda è stata perquisita e infine silenziata. Presidente Saied non ha mai fatto mistero della sua inclinazione populista, pur professandosi laico e uno sciita coperto con buone relazioni in Iran ma anche negli Emirati e con il presidente Sissi.
Non si è dannato particolarmente per contrastare il governo durante la pandemia crescente, ha quasi approfittato della situazione per sferrare un colpo decisivo ai suoi avversari politici del partito islamico H’nada. Naturalmente questi ultimi non mancheranno di far sentire la propria voce, hanno già definito l’interpretazione estensiva dell’articolo 80 della Costituzione come di un abuso che fa pensare a un vero e proprio Colpo di Stato. Prassi e dottrina ricorrente in Tunisia in altri tempi, ma con situazioni tutt’affatto che similari a quella di una democrazia, seppur giovane, come quella scaturita dalla Rivoluzione dei gelsomini del 2011.
Cosa accadrà quindi? Superato lo shock e affrontato le inevitabili contenute proteste allo Stato dei partiti defenestrati dal potere e dalle istituzioni, constatato l’isolamento internazionale della Tunisia, sarà necessario dare vita a un governo di salute pubblica sostenuto dalle forze parlamentari “scongelate” e predisporre una revisione costituzionale e una nuova legge elettorale più convincente che assembli le forze politiche e non le moltiplichi come è avvenuto in modo crescente negli anni post-rivoluzionari.
Così l’azione di forza del presidente della Repubblica acquisterebbe il prestigio e il sostegno che in queste ore viene a mancare perché sono chiari gli obiettivi che intendeva colpire, ma meno convincenti quelle che lo ritengono artefice di una manovra personalistica che riprodurrebbe lo schema presidenzialista che la Tunisia rivoluzionaria aveva voluto scartare dopo cinquant’anni di assolutismo degli inquilini del Palazzo di Cartagine.
Le bandiere nazionali avevano incominciato a sfilare nelle città fin dal pomeriggio, ma nelle prime ore questo era avvenuto per salutare l’inatteso oro del nuotatore Ahmed Hafnaoui nei 400 Stile Libero. Sono riprese le scene di giubilo nella serata per la decisione antipolitica del presidente che è sceso in pieno centro di Tunisi per rendere questa decisione una scelta calata dal basso e voluta dal popolo.
Non c’è alcuna aspettativa particolare da parte dei dodici milioni di popolazione tunisina, alle illusioni rivoluzionarie sino seguite una lunga serie di aspettative frustrate dalla realtà, è un paese piccolo, orgoglioso, strategico ma che è rimasto povero e deve fare i conti con la concorrenza nordafricana, lo scomodo vicino libico, l’inquieta Algeria, la crescente disillusione della nuova generazione attirata dalle luci dell’occidente e la distrazione dei propri vicini di casa mediterranei, nonché la distanza dell’antica padrona di casa, la Francia, che sembra tenere ancora il broncio dopo gli anni della decolonizzazione ritenendosi un partner straprivilegiato.
La Tunisia torna a far parlare di se: è iniziata la stagione balneare ma questa volta si tratta di governi balneari, ultima spiaggia per la giovane democrazia Tunisina.