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Trump, sì della Camera all’impeachment. Ora la parola al Senato

by Silvia Roberto

Tanto hanno fatto che alla fine i democratici sono riusciti a mettere sotto accusa il presidente degli Stati Uniti d’America Donald Trump. Dopo settimane di battaglie, alcune “fantasiose e grottesche” altre a dir poco “creative”, la Camera, cui un ramo appartiene totalmente ai dem, si è espressa. Due i capi di imputazione per il tycoon: abuso di potere e ostruzione al Congresso. Il primo per le pressioni esercitate su Kiev per far indagare il suo principale rivale nella corsa alla Casa Bianca, Joe Biden, il secondo per aver bloccato testimoni e documenti.

Otto
ore di lungo dibattito alla fine del quale i membri della Camera americana hanno
deciso: Il primo capo d’accusa è stato approvato con 230 voti favorevoli e 197
contrari, il secondo con 229 voti a favore e 198 contrari. E se i repubblicani sono
stati compatti ed uniti per votare no in entrambi i casi, due democratici hanno
votato ‘no’ all’accusa di abuso di potere e tre hanno votato contro quella per
ostruzione.

Trump è il terzo presidente nella storia politica americana ad essere finito sotto impeachment (il quarto se vogliamo includere anche Richard Nixon nel 1974, per lo scandalo Watergate, anche se lui si dimise prima ancora che la Camera votasse). Nel 1869 Andrew Johnson, il 17° presidente, fu accusato di abuso nell’esercizio dei poteri presidenziali. Una storia che fini con un “assolto”. Poi c’è Bill Clinton, finito sotto accusa per falsa testimonianza e ostruzione alla giustizia (meglio conosciuto come lo scandalo sessuale legato a Monica Lewinsky). Anche qui la vicenda si chiuse con una assoluzione.

E molto probabilmente anche per il 45° presidente Usa questa brutta vicenda finirà con un “happy ending”. In Senato infatti i Repubblicani hanno la maggioranza e hanno anche le idee molto chiare. Il leader dei repubblicani alla Camera Alta, Mitch McConnell, ha fatto sapere che non sarà suo compito essere un “giudice imparziale” respingendo inoltre la richiesta dei Democratici di presentare nuovi testimoni a cominciare da attuali ed ex esponenti dell’amministrazione a conoscenza di fatti controversi, quali il capo di staff Mick Mulvaney e l’ex consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton.

Sul piede di guerra è invece la speaker della Camera dei Rappresentanti, Nancy Pelosi, la quale vuole aspettare che il Senato stabilisca e garantisca regole equilibrate prima di inviare gli articoli di accusa. Finora non abbiamo visto nulla che assomigli a un processo giusto”. Non vuole dunque perdere il controllo del procedimento al Senato ma neanche Mitch McConnel, che ha rivendicato apertamente di voler coordinare l’andamento del processo con la Casa Bianca, definendo il caso portato dalla Camera come “debole”.

Ma
tutto questo non sembra scalfire i sondaggi e l’elettorato. Cbnc ha trovato il
45% degli americani contrario all’impeachment e il 44% favorevole. Mentre per
“Politico” il 50% sarebbe a favore anche di una rimozione definitiva di Trump
dalla Casa Bianca e il 43% contrario. La popolarità di Trump rimane comunque stabile.
Un elemento da non sottovalutare considerando che nel novembre 2020 l’America
tornerà al voto.

Ora spetta solo al Senato porre fine a questa vicenda dichiarando il tycoon  vincitore dell’ennesima battaglia avviata contro di lui oppure se rimuovere definitivamente Trump e passare lo scettro a qualcun altro. 

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