Home Attualità Salvo Andò: “Occorre saper coniugare difesa dell’ambiente e lotta alla povertà”

Salvo Andò: “Occorre saper coniugare difesa dell’ambiente e lotta alla povertà”

by Rosario Sorace

Nell’ambito della formazione del nuovo governo emerge la novità di una prevalente sensibilità ambientalista anche alla luce dei cospicui e poderosi fondi messi a disposizione dall’Europa per l’innovazione green e la transizione ecologica. Ecco le idee di Salvo Andò su questa svolta che può cambiare il nostro Paese.

Il dicastero della transizione ecologica è una straordinaria novità che in qualche misura rimedia alla scarsa convinzione con cui le politiche ambientaliste sono state portate avanti in questi anni nel nostro paese.

Al di là delle circostanze che hanno reso possibile l’accoglimento della richiesta fatta dai 5 stelle, che avevano bisogno di un forte successo d’immagine per potere convincere la parte più riluttante del loro popolo a votar attraverso la piattaforma a favore della formazione di un governo Draghi, pare che sia stata determinante la convinzione con cui la questione ambientale che sin dall’inizio è stata sostenuta dal presidente del consiglio.

Una posizione questa in linea con le strategie portate avanti dalla Commissione europea per l’allocazione delle risorse destinate al Recovery.

Non si tratta di assecondare soltanto un orientamento dell’opinione pubblica, soprattutto dalla parte più giovane del paese fortemente impegnata a promuovere coraggiose politiche ambientaliste, ma a caratterizzare in modo significativo la ripresa economica e sociale per gli anni che verranno.

Di fronte a questa scelta si può davvero dire che nulla sarà più come prima dopo il Covid. Ed è in ogni caso una buona notizia che i grillini di governo adottino con riferimento alle politiche ambientali nuove parole d’ordine per sostituire quelle usurate e demagogiche usate fino a qualche tempo fa.

Quindi la svolta ambientalista dei grillini, che finalmente si battono per innovazioni che servono al futuro del paese e non per distribuire mance clientelari a destra e a manca, insieme alla conversione di Salvini non più sovranista stanno a dimostrare che il governo Draghi consegna al paese due grandi novità che possono essere decisive per il promuovere il progresso italiano.

Si dissolve quel grumo di risentimento, di voglia di vendetta, di atteggiamenti solo distruttivi che hanno caratterizzato i movimenti dell’antipolitica negli ultimi 10 anni.

Tutto ciò è merito di Draghi o di una nuova fase politica del Paese?

Un merito indiscutibile va riconosciuto a Draghi che in tempi non sospetti ha parlato di debito buono come di un debito che consente investimenti che fanno crescere il paese non soltanto economicamente ma costruendo anche a livello di opinione pubblica una nuova cultura dei diritti.

Aver portato su questo terreno il maggior partito della maggioranza di governo, quello pentastellato, va vista come una buona notizia. Occuparsi seriamente dei cambiamenti climatici e proteggere la biodiversità significa garantire uno sviluppo economico sostenibile, consegnare a quelli che verranno dopo di noi un ambiente vivibile, fare si, insomma, che la società del rischio, di cui parlava Ulrich Beck sin dal 1986 possa finalmente disporre di una efficace strategia per fronteggiare le minacce in un mondo disordinato e imprevedibile.

Certo i paesi senza sviluppo hanno bisogno di produrre energia. Hanno bisogno di proteggere la propria agricoltura attraverso rimedi che impediscano la distruzione dei raccolti a causa di insetti infestanti. Devono evitare le carestie. Ma hanno bisogno di conseguire questa maggiore ricchezza che consente una vita dignitosa senza correre il rischio di vivere in un ambiente che produce nuove malattie, senza inquinare i corsi di acqua, senza ripetere gli errori del mondo sviluppato che hanno prodotto un ambiente invivibile, in cui magari si allenta la morsa della povertà ma nascono nuove malattie e si producono distruzioni ambientali che stravolgono poi le condizioni di vita delle popolazioni.

È importante che questo venga percepito dai paesi sviluppati, ma che si diffonda contemporaneamente un idea di sviluppo sostenibile anche in quei paesi che oggi si battono per avere più sviluppo e giustizia sociale.

Le nostre economie, il benessere dei nostri cittadini dipendono dal bene più prezioso che è la natura. Non si può avere uno sviluppo che sia separato dalla natura, che faccia ad essa violenza perché prima o poi essa si vendica così come sta accadendo con alcune malattie rare.

È questa la più importante lezione che viene dalla catastrofe globale del covid 19. Il fatto che in Italia ci sia un ministro apposito che si possa occupare di transizione ecologica e di sviluppo non può che rendere orgogliosi.

Insomma, non c’è sviluppo sostenibile se contemporaneamente non c’è una forte tutela dell’ambiente. Ma non c’è una vera tensione europeista all’interno degli stati se essa non si esprime attraverso un modello di sviluppo economico basato sul green. Da questo punto di vista, è un fatto senza precedenti che il nuovo Premier italiano si candidi a diventare Primo Ministro del Green deal.

Quali effetti si produrranno nell’organizzazione dei pubblici poteri in Italia?

In sostanza la tutela dell’ambiente, la lotta all’emergenza climatica, la svolta verso le rinnovabili sembrano essere diventati le bandiere di riferimento del nuovo governo. Ed è in questo senso significativo che si formi un unico ministero che si occupa di ambiente e di sviluppo; ciò significa che l’ambiente diventa il motore trasversale di tutte le politiche del governo, che non vi sarà una frammentazione delle competenze tra i diversi rami dell’amministrazione allorché si parla di sviluppo sostenibile.

Si è chiuso l’accordo di governo proprio sulla base dell’impegno assunto dal Primo ministro che non vi sarà distinzione tra ambiente e sviluppo economico e che i due ministeri si integreranno.

Ciò è già avvenuto in Svizzera, in Belgio, in Spagna. La svolta ambientalista non è soltanto una bandiera da sventolare di fronte ai dirigenti delle associazioni ecologiste, ma è una scelta di campo ben precisa. Rispetto a questo impegno il governo Draghi pare essere un governo di ecologisti militanti.

Si tratta quindi di una grande occasione di sviluppo economico che non va sprecata oltre che un cambiamento epocale nella visione della crescita sostenibile con un programma ambizioso.

In sostanza intorno ai temi dell’ambiente si concentrerà la parte maggiore della spesa in piena coerenza con i 69.000.000.000 che alla rivoluzione verde dedica il Recovery Fund. In sostanza una volta fatto il ministero è chiaro che esso diverrà la cabina di regia di tutte le riforme che riguardano lo sviluppo basato su un’economia verde. E anche gli assetti burocratici che riguardano i diversi aspetti della politica ambientalistica – quindi tutte le autorizza – zioni per i progetti dell’economia verde o, il regime dei vincoli faranno capo ad un unico centro decisionale, a un unico apparato burocratico.

Si tratta di una scelta che velocizzerà la allocazione delle risorse del Recovery e eviterà duplicazioni di competenze, ostruzionismi, bracci di ferro, dinieghi tra i diversi apparati burocratici.

La commissione europea ha indicato nel 37% delle risorse comunitarie la soglia minima imposta per la transizione verde, e l’Italia dovrebbe attestarsi su circa il 30%, ma il presidente del consiglio incaricato ha spiegato che bisogna andare oltre attestarsi almeno sullo standard europeo.

E’ chiaro che una siffatta scelta politica contribuirà non poco alla diffusione di una coscienza ambientalistica a livello di società civile. Saranno sempre più coloro i quali si convinceranno che l’ambiente costituisce il motore trasversale di tutte le politiche dello sviluppo.

E di conseguenza che le violazioni all’ambiente minacciano le stesse fondamenta della civiltà umana. I nostri consumi superano di gran lunga la capacità della natura di fornirci i beni, i servizi di cui abbiamo bisogno, sui quali facciamo affidamento.

Ciò significa che la terra non è nelle condizioni di garantire gli attuali standard di vita e in futuro le cose peggiorano se si pensa che secondo la Banca mondiale tra vent’anni da oggi la classe media, ossia quella formata da persone che guadagnano fra i 250 ed i € 2500 al mese crescerà da circa 2.000.000.000 di persone, il numero attuale, a circa 5.000.000.000.

In sostanza 3.000.000.000 di persone in più accederanno a consumi molto diffusi come la carne, l’acqua, il carburante, le materie prime. Il fabbisogno attuale quindi sarà inadeguato e saranno più alti i consumi. È chiaro che a questi ritmi si rischia la distruzione dell’ambiente.

Occorre avere una diversa cultura della civilizzazione se non si vuole che venga messa a rischio la sopravvivenza dell’umanità nel momento in cui viene colpita e compromessa la biodiversità.

Ci siamo accorti con il covid 19 del rapporto che esiste tra gli attentati alla biodiversità e le cosiddette malattie rare, quelle poco studiate di cui non ci si occupava.

Quasi tre quarti delle nuove malattie infettive negli esseri umani provengono da altri animali. Tanti hanno osservato che la perdita di biodiversità degli ecosistemi ha creato le condizioni generali che hanno favorito l’insorgenza di una pandemia come covid 19.

Il cambiamento dell’uso del suolo, lo sfruttamento della fauna selvatica, l’aumento del rischio di malattie infettive avvicinando le persone e gli animali domestici alla fauna selvatica portatrice di agenti patogeni, interrompono i processi ecologici che tengono sotto controllo le malattie.

Occorre una forte campagna di opinione per educare soprattutto le giovani generazioni al valore della biodiversità che nel momento in cui viene vulnerata produce conseguenze assolutamente distruttive.

Il nuovo ministero della transizione economica dovrà affrontare questioni che riguardano i tradizionali temi dell’ambiente, ma deve anche occuparsi d’altro, solo così si avrà un’effettiva centralità delle politiche ambientali.

Un risultato sul piano politico molto importante per il neo Presidente Draghi.

Ben venga quindi il patto verde tra Draghi e il movimento 5 stelle, ben venga il varo di un ministero ambientalista potenziato. È questa un’opportunità di per sé, ma è anche un’opportunità politica perché ci consegna un movimento 5 stelle, che è il più numeroso partito in Parlamento, impegnato ad affrontare questioni serie anziché astratte battaglie di bandiera, buone soltanto per tenere permanentemente eccitata una parte dell’opinione pubblica che vuole vendicarsi contro tutti, continuando a fare il processo al passato senza occuparsi delle reali emergenze e soprattutto senza cercare di costruire un futuro più sicuro facendo si che la società del rischio sia nelle condizioni di padroneggiare le nuove minacce.

Si tratta di fare decollare adesso un super ministero che dovrà mettere insieme competenze che consentono di potere garantire la moralità dello sviluppo nel senso in cui su questi temi ha preso posizione in più occasioni Papa Francesco.

Nei giorni scorsi Bill Gates, il fondatore di Microsoft, ha presentato il suo ultimo libro sull’emergenza clima. Ha spiegato che ci sono due numeri sui quali bisogna riflettere quando si parla di cambiamento climatico. Il primo è costituito dai 51 miliardi di tonnellate di gas serra che vengono in genere immessi nell’atmosfera ogni anno nel mondo, e si tratta di un numero che stando ai dati dell’esperienza continua a crescere.

A fronte di quest’emergenza, c’è un altro numero sul quale bisogna riflettere e il numero 0, cioè il numero delle emissioni che dobbiamo ambire e realizzare per potere vivere in un mondo meno rischioso, per fermare gli effetti del cambiamento climatico, per avere uno sviluppo che non rilasci gas serra nell’atmosfera.

 

Non pare dubbio che per realizzare questo obiettivo bisogna cambiare le proprie abitudini, bisogna avere un’altra idea della modernità perché fintanto che la modernità è collegata al consumo di energia non c’è dubbio che l’emissione di gas serra continuerà a crescere; più aumenta il benessere, più si consuma e più si rende invivibile il pianeta.

E, quindi, bisogna trovare il modo di coniugare lo sviluppo con una diversa qualità dei consumi energetici che sono un misuratore importante dello sviluppo, senza però produrre gas serra, senza correre il rischio di un riscaldamento globale che avrà conseguenze catastrofiche su tutti gli essere umani.

Sono maturi i tempi a livello planetario affinché le nazioni assumano una nuova ed omogenea consapevolezza delle sfide ambientali?

Non possiamo rassegnarci all’idea che uno sviluppo fondato su consumi di energia renda inevitabilmente gli uomini più fragili di fronte alle malattie cosiddette rare che continuano a moltiplicarsi.

Da un lato, abbiamo il dovere di portare lo sviluppo ove lo sviluppo non c’è per fare vivere meglio la gente e, dall’altro, però abbiamo anche il dovere di pensare un tipo di sviluppo che nel momento in cui consenta alle persone di avere tutto ciò che rende una vita dignitosa, non li esponga alla minaccia di dovere perire per lo sviluppo finalmente conquistato.

La povertà va combattuta anche portando le rivoluzioni della modernità laddove è difficile che esse possono radicarsi, ma va combattuta in un modo diverso da come lo si è fatto nel secolo scorso.

Bisogna garantire l’accesso all’energia per avere lo sviluppo dell’Africa sahariana, ma deve trattarsi di una diversa energia.

Spiega Bill Gates che tutti meritano di poter condurre una vita sana e produttiva, ma tutti meritano di potere fare ciò conservando la salute. E’ difficile essere produttivi in mancanza della luce per leggere.

È difficile avere un’economia che cresce senza avere una quantità di energia elettrica adeguata, ma è necessario che questa energia sia tale da non farci pagare a caro prezzo lo sviluppo conquistato.

Oggi la grande scommessa è quella di orientare tutta la ricerca scientifica verso la produzione di nuove forme di energia e contemporaneamente lottare contro la povertà.

Cambiare le cose significa garantire condizioni di vita dignitose a popoli che non le hanno mai avute, senza però contestualmente esporle ad una crescente produzione di gas serra che fa crescere le temperature del pianeta e quindi crea un ambiente invivibile per se stessi, ma anche per il resto del pianeta.

E quindi bisogna costruire un progresso, ciò che consente la produzione sempre più intensa di fonti di energia rinnovabile, in particolare quella eolica e solare, ma finora, non abbiamo fatto abbastanza per conseguire questo obiettivo.

Non abbiamo ancora batterie economiche in grado di immagazzinare una quantità di energia pulita necessaria ad una città intera per un tempo sufficiente, nonostante alcune regioni del mondo siano molto ventose e nei loro territori splenda sempre il sole. Dobbiamo fare più ricerca. Ma dobbiamo anche sapere che la produzione di corrente elettrica è responsabile soltanto del 27% dell’emissione di gas serra.

Anche se facessimo straordinari passi in avanti con le batterie, dovremmo trovare il modo per eliminare l’altro 73%.

In sostanza la parola d’ordine dei governi, più o meno illuminati, è oggi quella di azzerare le emissioni di gas serra, di avere finalmente tecnologie rivoluzionarie a tal fine, considerato che se il pianeta continua a riscaldarsi non ci sarà progresso che tenga.

Spiega Bill Gates che il problema non può essere quello di mettere gas serra nell’atmosfera in misura ragionevole perché la temperatura continuerà a salire anche riducendo i tassi di CO2.

Non ci vogliono molti argomenti per capire che per arrivare a emissioni 0 bisogna cercare di non immettere gas serra nell’atmosfera. Bill Gates fa l’esempio della vasca da bagno, spiegando che il clima è come una vasca da bagno che si sta lentamente riempiendo d’acqua.

Anche se rallentiamo il flusso d’acqua fino a farlo diventare uno sgocciolio la vasca finirà per riempirsi e l’acqua che si riverserà sul pavimento. Questo è il disastro che dobbiamo evitare. Porsi il fine di limitare semplicemente le emissioni, senza eliminarle del tutto, non basterà. L’unico traguardo ragionevole sono le emissioni 0.

Potrebbe interessarti

Lascia un commento