Dai rifugi antiaerei oscurati di Mariupol agli ariosi corridoi della NATO, la questione non è meno urgente e non più chiara di quando le forze russe sono arrivate in Ucraina il 24 febbraio.
L’annuncio di martedì di Mosca che avrebbe spostato la sua attenzione da Kiev al Donbas sembrava un segno che il presidente Vladimir Putin si stava preparando a perseguire una vittoria più moderata.
Eppure quella speculazione è stata rapidamente scartata mentre le sue forze hanno continuato il bombardamento intorno alla capitale ucraina.
Con le potenze della NATO irremovibili nel loro rifiuto di intervenire a favore dell’Ucraina, i funzionari occidentali vedono sempre più tre grandi categorie di come questo conflitto potrebbe finire.
Indipendentemente dallo scenario che si presenta – la cacciata di Putin, un accordo negoziato o una situazione di stallo in corso – non si può tornare al vecchio ordine del dopoguerra.
“Per l’amor di Dio, quest’uomo non può rimanere al potere.” Nell’improvvisazione ascoltata in tutto il mondo, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha pronunciato ciò che molti leader occidentali hanno pensato.
Putin pare un nemico assai ostico da battere e i leader si sono stancati delle sue minacce nucleari e non si fidano di una dannata parola di quello che dice.
Motivato dall’ideologia, Putin “non è un tipo di pensatore dell’analisi costi-benefici”, ha scherzato l’ex USA.
Ma a differenza di molti leader occidentali, nonostante il sangue agli occhi, Putin è un giocatore di scacchi e per ogni mossa dell’occidente pare abbia già due o tre mosse di riserva.
Un elemento che sconquassa i piani di Washington e Londra che stanno già sognando come potrebbe essere un mondo post-Putin.
Ma a Londra e a Washington si sono fatti i conti senza l’oste, poiché, se nella Russia Putin grazie alle sanzioni e alla russofobia è riuscito a raccogliere il suo consenso al massimo storico, 83%, per Johnson e Biden non si può dire lo stesso.
Ma in questa visione, la resistenza ucraina (con l’aiuto dell’Occidente) prolunga e innalza il livello del conflitto generando sempre più morti e città distrutte; le armi stanno evidentemente rallentando Putin ma per ogni giorno che passa pare che Zelenskiy, senza l’intervento effettivo occidentale, non possa in nessun modo invertire gli esiti della guerra.
L’ultima volta che i russi hanno improvvisamente rovesciato il loro leader è stato nel 1917 e, data la completa assenza di un’opposizione organizzata, non c’è alcuna garanzia che un successore di Putin avrebbe una mentalità diversa dalla sua.
Nel frattempo, potrebbe essere un errore pensare che l’esperienza della Russia avrebbe riportato Pechino a desistere su Taiwan, come ha sostenuto lo storico Niall Ferguson.
La Cina, che ha un’economia molto più grande di quella russa, potrebbe trarre conforto dall’incapacità dell’Occidente di svezzarsi dai combustibili fossili russi e dal rifiuto della NATO di mettere direttamente a rischio la sicurezza dei propri membri per aiutare l’Ucraina.
Il presidente francese Emmanuel Macron è stato fermamente convinto che un accordo di pace negoziato sia ancora possibile. I contorni di un potenziale accordo variano considerevolmente e non c’è chiarezza su quante concessioni ucraine l’Occidente – e lo stesso popolo ucraino – potrebbero accettare.
I paesi dell’Europa occidentale sono fortemente motivati a tornare alla normalità economica. Tra i segnali che l’effetto delle sanzioni sta svanendo, le punizioni dovrebbero solo diventare più dure e questo non danneggia solo la Russia.
L’aumento del costo della vita sembra essere la più grande minaccia per la rielezione di Macron, ad esempio, e in Germania, il cancelliere Olaf Scholz ha avvertito che evitare il petrolio e il gas russi causerebbe una grave recessione.
“Se avessimo una soluzione negoziata a questo conflitto che ha portato le forze russe fuori dall’Ucraina, che ha protetto la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina in futuro, che ha assicurato la ricostruzione dell’Ucraina, le sanzioni potrebbero essere revocate”, ha affermato il sottosegretario di Stato americano Victoria Nuland al canale in lingua russa Current Time TV, sostenuto dagli Stati Uniti.
Il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy ha già espresso una certa disponibilità a rinunciare all’adesione alla NATO per l’Ucraina.
Ma l’azzardo di Putin rimane la costa Ucraina e l’accesso al mare, così da rendere in futuro l’Ucraina sempre più dipendente dalla Russia, ma difficilmente questa operazione potrà andare a buon fine, e il limite non riguarda i mezzi militari russi.
Ma questo piano fa acque da tutte le parti e anche Putin lo sa ed è per questo che dovrà grossomodo accontentarsi.
Infatti, per aver perseguito una guerra suicida e un politica poco razionale, Zelenskiy ha guadagnato, suo malgrado, una risposta punitiva nei confronti dell’Ucraina, con morti e città distrutte; l’allontanamento dei cittadini ucraini dalle visioni e sogni occidentali, l’indipendenza delle regioni di Crimea e quasi il Donbass, richieste dalla Russia fin dall’inizio, e, soprattutto, ha indebitato l’Ucraina per miliardi di dollari che finiranno per soppesare sui cittadini ucraini fino all’alba dei tempi. Se ieri l’Ucraina era una terra libera, neutra e forte, oggi, al contrario, non solo è occupata dai russi ed è stata acquistata dall’occidente, ma ha perso anche forza e compattezza.
Si chiede a Zelenskiy: quanto ne è valsa la pena?
Alla fine della fiera non è stato un piano geniale quello del Leonida di Kryvyj Rih. Lui, sicuramente, aveva tutti gli elementi per non indurci scioccamente in una guerra suicida, ma si è lasciato abbindolare dalla superficialità occidentale.