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Renzi, l’ostacolatore

by Silvia Roberto

A nulla è servito l’incontro tra la delegazione di Italia Viva (senza Renzi) e l’incontro dello stesso con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella che lo ha invitato al Colle per dare delle risposte sul suo comportamento improvviso. L’ex premier sembrerebbe proprio deciso a far cadere questo governo.

Lui dirà di no. Come quel “No, non voglio far saltare il governo” quando parlava dell’esecutivo capeggiato da Enrico Letta “perché prima delle ambizioni personali c’è l’Italia”. Ma poi abbiamo visto come andò a finire. L’hashtag #enricostaisereno impazzava in quel lontano 2014. Forse all’inizio non ci credeva neanche lui, lungi dal voler “sabotare” l’amico Letta. Ma poi qualcosa cambiò, forse l’amore per il proprio Paese, forse le tante questioni che non funzionavano più, forse il dovere morale e sociale che gli imponevano (a Renzi) di rispondere. Chissà, è pur vero che molti meccanismi interni della politica non li conosciamo e mai li conosceremo.

Oggi, ci troviamo di fronte a una politica spettacolarizzata dove tutti si ergono a paladini della trasparenza e dell’assunzione di responsabilità di fronte al popolo italiano che li ha votati. Fino a quando però quella trasparenza e responsabilità tocca proprio a quegli stessi uomini d’istituzione che solo poco prima avevano urlato quelle parole in Aula, tanto ci avevano creduto. Lì, le cose cambiano notevolmente.

Ecco allora che, preso forse da questi stati d’animo e quel senso del dovere nei confronti degli italiani, Renzi decise, già dal 2013, di “soffiare” la poltrona a Letta. E lo fece con una tale nonchalance, con una tale naturalezza, non passando nemmeno dalle normali votazioni popolari ma da una sfiducia della Direzione di partito, che nessuno si accorse che da quel 22 febbraio 2014, giorno del passaggio della campanella a Palazzo Chigi, saremmo stati presieduti e amministrati da un governo che noi italiani non votammo. Una genialata.

Ed Enrico Letta? Non disse neanche una parola. In realtà non rispose neanche quando, durante il suo mandato, l’allora sindaco di Firenze, cercava di porre problemi e discussioni su tutte le questioni. Il più delle volte lasciò correre, anche di fronte alle frecciatine e provocazioni che il ragazzo di Rignano gli indirizzava, complice la mediaticità delle interviste televisive e cartacee.

Enrico Letta, dalla sua eleganza, preferiva far scivolare, piuttosto che innescare controversie inutili. Poi però arrivò la resa dei conti e Letta disse: “Vuole uccidermi? Io non condivido questo modo di fare politica quindi non accetto nessun posto e nessun compromesso, se vuole uccidermi lo faccia, ma deve essere chiaro e ben visibile a tutti che mi sta uccidendo”. E quell’”omicidio” avvenne. Renzi prese il posto di Enrico Letta.

Perché questa premessa? Perché da quel 2014 le cose non sono poi così cambiate e oggi, alla fine del 2020, ci ritroviamo con un Renzi scatenato, che dal suo flebile partito da neanche 3%, rischia di aprire una crisi di governo, e di farlo cadere, se il premier Conte non ascolterà i suoi consigli (o per alcuni diktat).

A partire dal Recovery Plan e da quella famosa cabina di regia che al leader di Iv non va proprio giù tanto da arrivare a minacciare addirittura le dimissioni delle sue ministre (mossa che porterebbe Giuseppi a presentarsi alle Camere per verificare l’esistenza di una fiducia). Da settimane aleggia questo tira e molla tra i due. Il “ce lo chiede l’Europa” di Conte, non è bastato a far desistere l’ex premier dall’andare avanti. Anzi, è più agguerrito che mai ed è pronto a presentare al ministro Gualtieri una controproposta.

“Ciao” il nome scelto per il documento, acronimo di cultura, infrastrutture, ambiente e opportunità, composto da 61 punti. Renzi, che il Recovery Plan di Conte sia un piano “senz’anima”, che “manca di ambizione” e che “è un collage talvolta raffazzonato di pezzi di diversi ministeri”.

Così, la delegazione di Iv, composta dai capigruppo Faraone e Boschi, insieme ai ministri Bellanova e Bonetti, si presenterà mercoledì 30 dicembre al cospetto del ministro dell’Economia per dimostrarsi destruens, ovvero facendo notare su cosa Iv non è d’accordo delle 103 pagine di Next Generatione Eu, dall’altra invece essere construens e dunque essere costruttiva e propositiva portando delle proposte che secondo il partito potrebbero fare la differenza in questo momento politico, sociale, economico e pandemico che stiamo vivendo.

Poi c’è il capitolo Mes sul quale Renzi dice che non tornerà indietro. “I denari del Recovery fund sono più condizionati di quelli del Mes”, afferma. “Oggi ci sono 273 medici morti, trovo vergognoso che si stia ancora a discutere dei 36 miliardi del Mes”. “Nei denari del Recovery circa 127 miliardi sono prestiti. Di questi 127 miliardi il governo immagina di spenderne 88 per progetti vecchi, perché i tassi di interessi sono migliori. Penso che sia un errore, la riduzione del debito la fai con la crescita. Dobbiamo spenderli tutti questi soldi del Mes. Se accettano di prendere 88 miliardi con condizionalità del Recovery, mi spiegate perché non prendere i 36 miliardi del Mes che hanno condizionalità ancora migliori? È un tema ideologico fatto sulla pelle delle persone”, ha spiegato. “Non siamo noi che complottiamo contro il governo. Sono quelli che dicono No all’alta velocità che sono contro l’Italia”.

E poi c’è la tanto discussa questione sui servizi segreti. Attualmente è il premier ad avere la delega sui servizi ma a Renzi questo non va giù e si oppone fermamente alla creazione dell’Istituto italiano di cyber sicurezza. Nel concreto il senatore originario di Rignano chiede che il premier non eserciti da solo la delega ma si faccia affiancare da una persona terza che Renzi individua nell’esponente dem al Copasir Enrico Borghi, il deputato Emanuele Fiano, la senatrice Roberta Pinotti o il coordinatore di Italia Viva Ettore Rosato.

Ma qui Conte non sembra voler cedere e i più maligni ci fanno sapere che una delle motivazioni per cui il premier non vuole accettare tale condizione, ops! Consiglio di Renzi, potrebbe essere perché non vuole far uscir fuori alcuni aspetti della sua vita privata. Ma non solo, vorrebbe mantenere quel controllo sui soci di governo.

Sarà davvero così? Chissà, ciò che più adesso ci interessa e capire fino a quando andrà avanti questo ultimatum di Renzi, perché di questo si tratta anche se l’ex primo cittadino di Firenze non vuole chiamarlo tale. Se il premier Conte non lo accontenterà sui 61 punti che il documento prevede, Renzi si dice pronto a dire “Ciao” a questo governo, aprendo di fatto una crisi e mettendo a rischio anche la prossima elezione del presidente della Repubblica. E qui si aprono diversi scenari.

Chi dice che il governo non cadrà ma al massimo ci sarà un rimpasto per accontentare anche qualche casella pro Iv, chi invece grida a gran voce le elezioni, come il centrodestra convinto che alle prossime votazioni sbancherà e chi invece predilige un governo tecnico ma lì, lo sappiamo, si apre una partita al buio. Ora, secondo voi, questo giovane ragazzo ambizioso arrivato nella stanza dei bottoni dalla capitale Toscana, permetterà mai che si possa mettere in discussione la nomina del prossimo Capo dello Stato permettendo magari che questi venga scelto dal centrodestra? Qualcosa ci dice che dietro c’è dell’altro, molto altro e ci stiamo avvicinando sempre più per conoscere le reali ambizioni di Matteo Renzi.

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