Home Arte & Cultura “Pillole Domenicali”, le ultime novità in libreria: UTOPISTI E RIFORMATORI ITALIANI

“Pillole Domenicali”, le ultime novità in libreria: UTOPISTI E RIFORMATORI ITALIANI

by Freelance

Di Delio Cantimori

Con la prefazione di Adriano Prosperi, professore emerito di Storia moderna alla Scuola Normale Superiore di Pisa, a cura di Lucio Biasiori e Francesco Torchiani, l’editore Donzelli manda in libreria UTOPISTI e RIFORMATORI ITALIANI. Dall’abate Maurizio Antonio Tocci, propugnatore di un proto comunismo solidaristico ed assoluto, fisiocrate sognatore, critico della Rivoluzione in Francia, come Babeuf e Buonarroti, utopista  in un Settecento che sta morendo, immaginando una Famiglia dei Cristiani Pari che entra nella riflessione del moderno stato. Una società volontaria, regolata da una famiglia con una perfetta Fraternità ed uguaglianza, nella rinuncia alla Proprietà, alla Possidenza, all’Acquisto. Egli ammetterà nel suo progetto ideale anche gli eretici e gli altri appartenenti ad altre religioni. Tutti dovranno lavorare, con la sola esclusione dei fanciulli e dei vecchi. Tocci insisterà sulla educazione che deve essere pubblica e non privata. Egualitario ma non comunista sembra essere Enrico Michele L’Aurora, romano, radicale giacobino, linguaggio concitato ed impaziente all’azione, forse robespierrano, fervente sostenitore di una prima, ideale Repubblica romana. Fantuzzi, Melchiorre Gioia, Vincenzio Russo, altro giacobino “patriota” del primo periodo: l’uomo deve essere libero e l’uguaglianza non è un fatto naturale. Certo, il pensiero originale di questi idealisti scaturisce dal rifiuto mercantilistico e dalla preminenza invece di una dottrina già formata quale quella fisiocratica. Una nuova riflessione sulla terra e sulla agricoltura, imporrà anche al movimento ed al pensiero socialista nuovi slanci e nuove filosofie. Le parabole umane e politiche di Babeuf e di Buonarroti avranno dalla loro l’originalità di un calco rivoluzionario di grande riferimento per tutti i gruppi proletari di metà Ottocento.

Recensione di Guglielmo Brighi

 

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