Nuovamente arrestato l’ex senatore di Fi Pittelli in un operazione contro la ‘ndrangheta. L’accusa nei confronti dell’onorevole è, ancora una volta, di concorso esterno con la criminalità organizzata.
Sono state emesse 29 misure cautelari nei confronti di persone che sono esponenti di vertice della cosca Piromalli e che sono coinvolti un’indagine sul traffico di rifiuti della suddetta cosca con cinque aziende sequestrate.
L’arresto eccellente è proprio quello di Pittelli che è già imputato nel maxi-processo “Rinascita Scott”, attualmente in dibattimento al Tribunale di Vibo Valentia.
L’ex senatore e avvocato Pittelli, quindi, viene coinvolto in questa inchiesta denominata “Mala pigna” che è coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Reggio Calabria, ed è appunto relativa ad un traffico di rifiuti gestito dalla cosca ‘ndranghetista Piromalli.
A suo tempo l”avvocato Pittelli è stato arrestato risultando imputato per concorso esterno nel maxi-processo “Rinascita Scott” e oggi è stato arrestato con un ordine di custodia cautelare firmata dal Gip Vincenza Bellini su richiesta del procuratore di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, dell’aggiunto Gaetano Paci e dei sostituti della Dda Giulia Pantano e Paola D’Ambrosio.
Pittelli era già agli arresti domiciliari e adesso è stato trasferito in carcere. In totale, gli indagati dalla Dda di Reggio Calabria sono 44 e le accuse dei pm ritengono che l’avvocato Giancarlo Pittelli era “uomo politico, professionista, faccendiere di riferimento avendo instaurato con la ‘ndrangheta uno stabile rapporto ‘sinallagmatico’, caratterizzato dalla perdurante e reciproca disponibilità”.
I magistrati hanno messo in luce la “generale disponibilità” dell’ex senatore di Forza Italia “nei confronti del sodalizio a risolvere i più svariati problemi degli associati, sfruttando le enormi potenzialità derivanti dai rapporti del medesimo con importanti esponenti delle istituzioni e della pubblica amministrazione”.
Secondo questa inchiesta, Pittelli era molto potente e aveva notevoli entrature che gli consentivano “illimitate possibilità di accesso a notizie riservate e a trattamenti di favore”.
Tra l’altro era in grado, secondo i Pm, di veicolare “informazioni all’interno e all’esterno del carcere tra i capi della cosca Piromalli detenuti in regime carcerario ai sensi dell’articolo 41 bis”.
In questo momento storico, il capo della cosca di Gioia Tauro sarebbe Giuseppe Piromalli, detto Facciazza, e suo figlio Antonio Piromalli, che è ritenuto il reggente della cosca.
In questa imputazione è scritto che l’ex senatore “fungeva da ‘postino’ per conto dei capi della cosca Piromalli, nella perizia balistica relativa all’omicidio del giudice Antonino Scopelliti”.
Le accuse nei confronti di Pittelli sono gravi e pare che avrebbe sottoposto all’attenzione di un indagato che viene ritenuto “soggetto di estrema fiducia” della famiglia mafiosa di Gioia Tauro, “una missiva proveniente da Antonio Piromalli finalizzata a far risultare un pagamento tracciato e quietanzato per il consulente tecnico che avrebbe dovuto redigere la consulenza per conto di Giuseppe Piromalli detto ‘Facciazza’ indagato quale mandante, in concorso con altri capi di cosche di ‘ndrangheta’ e di ‘cosa nostra’ siciliana, dell’omicidio del giudice Antonino Scopelliti facendosi portavoce delle esigenze della cosca”. In tal senso lo scopo sarebbe stato quello di creare “un sistema al fine di eludere la tracciabilità del denaro necessario alle strategie difensive, proveniente da profitti criminali”.
L’operazione e i relativi arresti sono stati portati avanti con un blitz dei Carabinieri forestali anche in Sicilia e Lombardia e dal comando provinciale di Reggio Calabria.
Tale indagine, si riferisce alla filiera dei rifiuti che partiva da Gioia Tauro e arrivava fino al Nord Italia. Questa operazione, infatti, ha portato al sequestro anche di cinque aziende di trattamento rifiuti tra Calabria e Emilia Romagna.
I reati contestati sono assai pesanti e si tratta di associazione a delinquere di stampo mafioso e il traffico illecito di rifiuti. Esiste anche l’accusa di disastro ambientale realizzata dai boss Piromalli in concorso con alcuni imprenditori e professionisti di riferimento della famiglia mafiosa di Gioia Tauro.