Non esser riusciti a far emergere la verità sull’omicidio del Presidente della Regione siciliana, Piersanti Mattarella, ucciso il 6 gennaio 1980, nonché amato fratello del Presidente della Repubblica in scadenza, mostra la limitata sovranità del Paese di cui siamo cittadini.
Sergio Mattarella ha terminato il suo mandato e coscientemente ha ribadito di non esser disposto ad una riconferma, forse perché sette anni, di cui gli ultimi pesantissimi, costituiscono un impegno estremamente gravoso, difficilmente replicabile.
Crediamo che oltre al senso del dovere, cui il presidente Mattarella ha nel suo agire, parte di questo necessario distacco e allontanamento, derivi anche da quell’incompiuta “missione”, volta alla ricerca della verità sull’omicidio di Piersanti, rappresentante delle istituzioni e fratello.
Una ricerca che seppur ha avuto esito, dicono i maliziosi e nefasti cavalieri che hanno fatto ombra alle vicende più nere del Paese, è stata impedita con la sua elezione, per il vincolo di segretezza cui è legato qualsiasi Presidente della Repubblica.
E se l’esecuzione mirata, politica, di Piersanti Mattarella non ha trovato un colpevole, nonostante la testimonianza della moglie sugli autori materiali, tanto meno è stato per i suoi mandanti.
Giovanni Falcone si impegnò con la sua abituale tenacia e indipendenza, nel far emergere la verità sull’omicidio Mattarella, le cui cause aveva compreso essere parte del puzzle cui mafia, parte delle istituzioni e stati stranieri erano e sono partecipi.
L’assassinio del delfino di Aldo Moro, Piersanti Mattarella appunto, avviene dopo poco meno di un anno dall’omicidio del suo mentore, cui precise parti politiche non hanno voluto evitare, parti delle istituzioni non hanno voluto impedire e un ministro dell’interno, successivamente capo dello Stato, ha certificato.
Se facessimo un elenco dei morti, degli obiettivi, delle stragi, degli attentati omicidi agli uomini delle istituzioni, in quella fase di guerriglia armata che ha attraversato il nostro Paese e dal quale non è mai uscito omettendo le verità, ci renderemo conto che il “sistema” da cui sono stati “partorite” tali azioni, è parte connaturata con quelle componenti invisibili e deviate delle istituzioni, cui non riusciamo a isolare e espellere.
Un sistema deviato che opera all’interno delle istituzioni, orientandole e tal volta dirigendole, in misura non dissimile da quanto concepito nel piano di Rinascita di matrice piduista, del quale solo di alcuni “confratelli” è stato possibile scoprire i nomi, forse i meno scaltri.
Intravedere questo “sistema” deviato, i mandanti e gli assassini di un proprio caro, del proprio fratello e esser costretti a tacere o a dover rappresentare anche quella parte del sistema in metastasi, genererebbe orrore e rigetto a chiunque.
In un Paese nel quale le istituzioni repubblicane sono aggredite da un tale corpo in cancrena, condurrebbe qualsiasi persona dotata di umanità a rifiutare un incarico istituzionale, sia esso il più alto.
Il rigetto sarebbe ancor più esplicito, se nei fatti quello specifico ruolo, nel contravvenire la Costituzione democratica che incarna in astratto, impedisse la possibile cura, nonché espulsione di quella metastasi che divora il Paese.