E’ ufficiale, l’Italia è il Paese della precarietà. L’aumento esponenziale dei contratti discontinui e a termine continua a condannare il nostro Paese ad un mercato del lavoro sempre più discontinuo e sempre meno garante nei confronti anche di chi “si vuole dar da fare”.
Sono passati 45 anni da quando in Italia non si registrava un aumento così sostenuto di contratti a tempo determinato.
Secondo quanto rivelato dall’Istat:
Ad aprile gli assunti con contratto a termine hanno raggiunto quota 3 milioni 166mila con un aumento di 9mila unità su marzo e una crescita di 354mila unità su aprile 2021 (+12,6%), oltre la metà dell’aumento complessivo degli occupati (+670mila in un anno). Per il numero degli occupati dipendenti a termine si tratta del dato più alto dal 1977, inizio delle serie storiche. Il dato dello scorso febbraio, inizialmente più alto e indicato a 3 milioni e 170mila è stato rivisto a 3 milioni e 140mila.
Il numero degli occupati è sceso di 12mila unità a 23milioni e 21mila con un tasso di occupazione che resta stabile al 59,9%, il valore record registrato a marzo 2022.
Il tasso di disoccupazione cala all’8,4% diminuendo di 0,1 punti rispetto ad aprile e di 1,8 punti rispetto ad aprile 2021. Il calo è riconducibile all’incremento degli inattivi che sono 34mila in più di un anno fa. Le persone senza lavoro sono 2 milioni 94mila con un calo di 17mila unità rispetto a marzo e di 428 mila unità su aprile 2021.
Su base mensile aumentano le disoccupate donne (+22mila) mentre diminuiscono i senza lavoro uomini (-39mila). Diminuiscono le donne occupate rispetto a marzo (-43mila) mentre aumentano gli uomini (+31mila). Il tasso di disoccupazione delle donne ad aprile sale al 9,6% (+0,2 punti) mentre quello degli uomini cala al 7,4% (-0,3 punti).
Ma il dato preoccupante è sui contratti a termine che riflettono “un quadro di forte incertezza che ancora caratterizza la vita sociale ed economica del Paese. È un dato che ci chiede di riflettere e intervenire attraverso il dialogo sociale per ricercare strade che rimettano in discussione le forme di precarizzazione del lavoro e valutino anche se l’insieme dei contratti attualmente previsti dall’ordinamento non possa essere ripensato e rivisto”, dice il ministro del Lavoro, Andrea Orlando.
“L’opzione per noi resta quella, in cui si eliminano i contratti a tempo determinato lasciando solo due tipologie: per sostituzione dei lavoratori e per carichi produttivi. Noi siamo per una flessibilità contrattata ma quella che registriamo è una flessibilità selvaggia: i numeri purtroppo dimostrano che si sta costruendo un’economia sulle sabbie mobili della precarietà”, dichiara il numero uno della Uil, Pierpaolo Bombardieri.
Il problema che affrontano costantemente i giovani e le persone che devono ancora realizzarsi in Italia riguardano appunto i contratti lavorativi “da fame” e la precarietà.
Un tempo in Italia per vivere e metter su famiglia bastava trovare un impiego, mentre ora, grazie ai contratti di lavoro poco remunerati e allo scarso diritto del Lavoro, è stato elaborato un sistema che non permette al cittadino di crescere, progredire e riprodursi. Problema messo in risalto anche dalla scarsa natalità.
In Italia si sopravvive di stenti e rinunce anche lavorando. E’ una vergogna! Serve più occupazione, magari reintegrando imprese pubbliche, e un salario minimo immediato.