Il 19 gennaio 1940 nasceva a Palermo Paolo Emanuele Borsellino, magistrato ucciso in una tremenda strage organizzata da Cosa Nostra a Palermo in via D’amelio il 19 luglio 1992.
Nell’ attentato persero la vita anche cinque componenti della sua scorta: Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina e Walter Eddie Cosina. L’inchiesta sulla sua morte è considerata uno dei più tragici errori e depistaggi della magistratura della nostra penisola, che ha visto coinvolti uomini di rilievo con incarichi istituzionali. Paolo Borsellino fu uno dei simboli della lotta alla mafia al pari del suo grande amico Giovanni Falcone, anch’egli ucciso da Cosa Nostra il 23 maggio 1992 nella strage di Capaci.
In seguito alla morte di Borsellino, la mafia fece sapere che l’eliminazione del magistrato era già stata programmata nel 1991. Quest’ultimo visse i mesi precedenti alla sua uccisione con la consapevolezza di sapere già come sarebbe andata a finire per lui.
Borsellino, che si guadagnò il titolo di magistrato più giovane d’Italia, per essere entrato in magistratura a soli 23 anni, nel 1975 strinse una forte amicizia con Rocco Chinnici, un suo superiore, ucciso nel 1983. Chinnici formò il famoso pool antimafia di cui faceva parte anche Giovanni Falcone, e sulle dichiarazioni del pentito mafioso Tommaso Buscetta istituirono un maxiprocesso, il quale portò enormi problemi ai due giudici, che per un periodo furono costretti a vivere sull’ isola dell’Asinara, in Sardegna, per motivi di sicurezza con le loro rispettive famiglie.
Nel 1987, nell’aula bunker del carcere dell’Ucciardone, dopo il maxiprocesso furono formalizzate 342 condanne. Paolo Borsellino venne nominato procuratore a Marsala subito dopo lo scioglimento del pool, ma dopo questo incarico tornò a Palermo come procuratore aggiunto. Quando il suo collega e amico Giovanni Falcone fu ucciso da Cosa Nostra insieme alla moglie e a 3 uomini della sua scorta, Borsellino dichiarò nelle sue ultime interviste lo scarso interesse dello Stato nel dover proteggere i giudici.
Poco tempo dopo, in via D’Amelio, mentre il giudice si stava recando dalla madre, una macchina carica di tritolo esplose uccidendo lui e gli uomini della sua scorta. La famiglia di Paolo Borsellino rifiutò i funerali di Stato e ancora oggi combatte contro il mondo politico, ritenuto colpevole di non averlo protetto adeguatamente.
Tra falsi pentiti, depistaggi e strane confessioni, un fatto misterioso è la sparizione della famosa agenda rossa con gli appunti di Borsellino, che lui stesso aveva con sé in macchina poco prima dell’esplosione e mai più ritrovata.