Dopo 27 anni dal terribile evento che scosse tutto l’universo socialista ecco che ritorna a mordere il dente avvelenato dei socialisti, finiti vittima, solo loro, di una epocale caccia alle streghe che mise in cattiva luce il socialismo e vanificò parzialmente tutte le conquiste nel campo dei diritti fatti dagli stessi.
A finire del mirino di quelli in cerca di giustizia è il professor Vereni, che a Tor Vergata tiene un corso da professore associato in materia di Antropologia. Il professore apparteneva al gruppo dei facinorosi protagonisti dell’aggressione che fu il frutto di una convergenza fra militanti di sinistra comunista e di destra e sosteneva: “Urlavo anche io a Craxi di andare a farsi fottere e che era finita per sempre con il troiaio che si era costruito intorno, vorrei prendermi brevemente la briga di argomentare per la tesi opposta: abbiamo fatto bene, dovevamo fare quel che abbiamo fatto, le monetine sono state evidentemente troppo poche, e gli insulti pure. Dovevamo fare di più. Quella sera, per parlare spiccio, stavamo facendo fuori il re, e in questo non c`è nulla di male o di sbagliato. Ma vorrei andare oltre e mi chiedo: cosa sarebbe successo se ci fossimo veramente impossessati del corpo di Bettino? Se lo avessimo fatto a pezzi sul serio, se l`avessimo magari mangiato a brani (era grande e grosso, ce n`era per tutti)?'”.
Parole senza vergogna e piene di ira, un professore che insegna lo studio dell’uomo non può esprimere tanta rabbia e frustrazione nei confronti di un politico, che sicuramente non è impeccabile, ma paragonato a quelli odierni risulta un gigante.
Nell`interrogazione parlamentare del Psi e di Italia Viva, si chiede al ministro di rivedere la posizione del professore: “L’opportunità morale di mantenere un soggetto, visibilmente facinoroso e dal comportamento socialmente pericoloso, all`interno dell`Ateneo in una posizione di responsabilità educativa tale da pregiudicare l`orientamento degli studenti per la sua conclamata inclinazione violenta e per la sua condotta personale della quale non se ne è colto il pentimento, tranne nel momento nel quale i suoi scritti sono tornati alla luce dopo la pubblicazione di un libro che riepiloga gli incresciosi fatti dell`epoca”.
Non ci sono parole per descrivere la rabbia e la frustrazione dell’epoca nel vedere affiorare un sistema poco trasparente, ma la dignità di una persona è intoccabile e, anche chi ha commesso qualche errore o sbaglio nella propria carriera, non può subire quello che ha subito il leader socialista, la sua famiglia e i suoi amici. Si tratta sempre di persone e dei loro diritti umani.
Così anche se il professore, nel tempo, non ha mai dato segni di pentimento per le dichiarazioni fatte, valse probabilmente il momento di notorietà più lungo della sua vita vivendo quell’istante della luce riflessa da Craxi, non è una mossa socialista questa! In queste occasioni mostrare atteggiamento “illiberare” e rimuovere una persona dal suo lavoro solo per aver contestato, seppur con parole di odio e violenza, in separata sede dall’università, un leader politico; non è la mossa giusta da fare. Mostrare superiorità ed essere difensore dei diritti erano le qualità che distinguevano Bettino Craxi dagli altri, monitorare il professore e il suo insegnamento può essere giusto, ma cacciarlo a prescindere, non sarebbe stata una mossa di un gigante come Bettino.
Craxi. Renzi, Nencini e Faraone a Messa, prof Vereni è un violento, deve rimanere al suo posto?
Una interrogazione parlamentare firmata da Matteo Renzi, Riccardo Nencini e Davide Faraone, capogruppo IV-PSI al Senato, rivolta al Ministro dell’Università e della Ricerca Maria Cristina Messa per fare luce sulle dichiarazioni del Prof Piero Vereni, titolare di una cattedra all’Università di Tor Vergata a Roma, riguardo quella che nell’interrogazione viene descritta come “una delle scene più cruente della storia della Repubblica che segnò simbolicamente la fine di Bettino Craxi, un’aggressione pubblica riconosciuta come il famoso gesto del ‘lancio delle monetine’ avvenuta di fronte all’Hotel Raphael di Roma il 30 aprile 1993”. Il prof Vereni, che a Tor Vergata tiene un corso da Professore Associato in materia di Antropologia, ha rivendicato di appartenere al gruppo di facinorosi protagonisti dell’aggressione che fu il frutto di una convergenza fra militanti di sinistra comunista e di destra, sostenendo, tra le altre cose che: “…urlavo anche io a Craxi di andare a farsi fottere e che era finita per sempre con il troiaio che si era costruito intorno, vorrei prendermi brevemente la briga di argomentare per la tesi opposta: abbiamo fatto bene, dovevamo fare quel che abbiamo fatto, le monetine sono state evidentemente troppo poche, e gli insulti pure. Dovevamo fare di più”. Ed inoltre: “Quella sera, per parlare spiccio, stavamo facendo fuori il re, e in questo non c’è nulla di male o di sbagliato. Ma vorrei andare oltre e mi chiedo: cosa sarebbe successo se ci fossimo veramente impossessati del corpo di Bettino? Se lo avessimo fatto a pezzi sul serio, se l’avessimo magari mangiato a brani (era grande e grosso, ce n’era per tutti)?”. Nell’interrogazione parlamentare di Renzi, Nencini e Faraone si chiede se il Ministro il Prof Piero Vereni, ravveda, si legge nell’interrogazione, “l’opportunità morale di mantenere un soggetto, visibilmente facinoroso e dal comportamento socialmente pericoloso, all’interno dell’Ateneo in una posizione di responsabilità educativa tale da pregiudicare l’orientamento degli studenti per la sua conclamata inclinazione violenta e per la sua condotta personale della quale non se ne è colto il pentimento, tranne nel momento nel quale i suoi scritti sono tornati alla luce dopo la pubblicazione di un libro che riepiloga gli incresciosi fatti dell’epoca”.