Home Cronaca Eutanasia: Cappato si autodenuncia per aver aiutato la signora Elena a suicidarsi

Eutanasia: Cappato si autodenuncia per aver aiutato la signora Elena a suicidarsi

by Redazione

Marco Cappato si è autodenunciato dopo aver accompagnato la signora Elena in Svizzera e aver esaudito il suo desiderio di morire tramite il suicidio assistito o eutanasia ed evitare una lunga e strenue agonia. Elena è una donna di 69 anni della provincia di Venezia affetta da una grave patologia oncologica.

Prima di entrare in Caserma Cappato aveva spiegato alla stampa: “Oggi mi reco alla caserma dei carabinieri per raccontare l’aiuto fornito a Elena, senza cui non sarebbe stato possibile arrivare in Svizzera. E spiegherò ai Carabinieri che per le prossime persone che ce lo chiederanno, se saremo nelle condizioni di farlo, aiuteremo anche loro. Sarà poi compito della giustizia stabilire se questo è un reato o se c’è la reiterazione del reato. O se c’è discriminazione come noi riteniamo tra malati”.

“A noi come associazione Luca Coscioni pare evidente che ci sia una discriminazione costituzionale tra malati”, spiega Cappato, secondo il quale c’è discriminazione tra malati come Elena, che non possono accedere al suicidio assistito, e chi come Federico Carboni, “che sono dipendenti da trattamenti di sostegno vitale, lo possono fare pur con molte difficoltà. È un trattamento discriminatorio contro un certo tipo di malati rispetto ad altri, che faticherei a definire privilegiati, ma che almeno hanno questa faticosa, tenue, possibilità di ridurre le proprie sofferenze nella fase terminale della loro vita”.

“Non c’è stata alcuna risposta da parte del Parlamento, della politica, dei capi dei grandi partiti. In queste ultime due legislature non è mai stata discussa nemmeno un minuto la nostra legge di iniziativa popolare presentata 9 anni fa. Ora siamo arrivati a questa situazione che di fronte alla richiesta di Elena, potevamo girarci dall’altra parte o darle l’aiuto che cercava, alla luce del sole e assumendoci totalmente la responsabilità di questo”, ha aggiunto Cappato.

Marco Cappato ora rischia 12 anni di carcere secondo la legge italiana ma si augura che finisca con l’assoluzione come fu per il caso di Dj Fabo, la ‘spinta’ per il successivo intervento della Consulta che ha riconosciuto, a certe condizioni, il diritto all’aiuto al suicidio.

“Con Fabo è stata aperta una strada che riguarda migliaia di persone. Il nostro obbiettivo non è lo scontro o il vittimismo o il martirio. Siamo qui con la speranza che le aule di Tribunale possano riconoscere un diritto fondamentale, sapendo che c’è anche la possibilità del carcere”.

L’ultimo messaggio della signora Elena

“Mi sono trovata davanti a un bivio. Una strada più lunga che mi avrebbe portato all’inferno, una più breve che poteva portarmi qui in Svizzera, a Basilea: ho scelto la seconda”.

Le parole della signora Elena sono struggenti ma fanno pensare, in un videomessaggio la signora racconta il suo addio e la fine della sua vita come un sollievo.

“Avrei sicuramente preferito finire la mia vita nel mio letto, nella mia casa – ha aggiunto la donna – tenendo la mano di mia figlia e la mano di mio marito. Purtroppo questo non è stato possibile e, quindi, ho dovuto venire qui da sola”.

La povera signora aveva ricevuto la diagnosi di microcitoma polmonare a inizio luglio 2021. I medici le avevano detto che avrebbe avuto poche possibilità di uscirne. Dopo aver provato innumerevoli cure, le è stato comunicato che c’erano ancora pochi mesi di sopravvivenza: una situazione che sarebbe diventata via via sempre più pesante.

“Non ho nessun supporto vitale per vivere, solo una cura a base di cortisone: non potevo fare altro che aspettare che le cose peggiorassero” spiega nel video.

“Ho deciso di terminare la mia vita prima che fosse stata la malattia, in maniera più dolorosa, a farlo. Io ho parlato con la mia famiglia, ho avuto la comprensione e il sostegno. Ho chiesto aiuto a Cappato perché non volevo che i miei cari, accompagnandomi, potessero avere delle ripercussioni legali per una decisione che è sempre stata solo mia”.

L’eutanasia, come l’aborto, è un diritto del privato cittadino e, fino a che questi non rappresenti una minaccia per la comunità, ognuno ha il sacrosanto diritto di decidere “di che morte deve morire” e non deve essere in alcun modo una decisione che spetta alla comunità. Per quanto moralista e bigotta sia.

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