Di Mirko Fallacia
Settantadue organizzazioni non governative si sono riunite tutte insieme per chiedere a gran voce alle autorità egiziane il rilascio immediato e incondizionato dello studente e ricercatore ventinovenne Ahmed Samir Santawy, detenuto ingiustamente dal 1° febbraio 2021 per false accuse di terrorismo, e di garantire indagini tempestive, indipendenti, imparziali, trasparenti ed efficaci sulle accuse del detenuto, secondo le quali, in seguito al suo arresto, sarebbe stato vittima di sparizione forzata e maltrattamenti da parte delle forze di sicurezza.
Secondo il rapporto delle 72 Ong, si ritiene che Ahmed Samir Santawy, ricercatore e studente di un master di antropologia presso l’Università centrale europea di Vienna, sia detenuto arbitrariamente solo per la sua attività in ambito accademico sui diritti delle donne e sulla storia dei diritti riproduttivi in Egitto.
Prima del suo arresto, il 23 gennaio 2021, sette agenti di polizia con il volto coperto hanno fatto irruzione nell’abitazione della famiglia di Ahmed Samir Santawy, che non era presente, lasciando disposizioni, senza fornire alcuna motivazione, affinché egli si recasse presso gli uffici dell’Agenzia per la sicurezza nazionale (Nsa), i servizi segreti civili.
Dopo che il ricercatore ha fatto quanto richiesto, il 1° febbraio di quest’anno, le forze di sicurezza lo hanno arrestato. Ha detto che durante questo periodo, trascorso presso una stazione di polizia del Cairo, gli agenti dell’Nsa lo hanno picchiato, schiaffeggiandolo in volto e colpendolo con pugni allo stomaco, mentre si trovava ammanettato e bendato.
Inoltre il 6 febbraio Ahmed Samir Santawy viene condotto per l’interrogatorio presso la Procura suprema per la sicurezza dello stato, competente per i procedimenti penali relativi ai reati riguardanti la “sicurezza dello stato”. Il ricercatore è stato iscritto nell’inchiesta 65/2021 per “appartenenza a un gruppo terroristico”, “diffusione di notizie false” e “utilizzo di un account social per la diffusione di notizie false”.
Nell’udienza del 23 febbraio, un procuratore ha messo sotto indagine Ahmed Samir Santawy per “finanziamento di organizzazione terroristica”. L’accusa, basa le sue tesi su un’inchiesta dell’Nsa, che né ad Ahmed Samir Santawy né ai suoi avvocati è stato permesso esaminare, oltre che su post sui social media di cui egli nega di essere l’autore.
Le accuse sono varie e fantasiose, ma la vera colpa di Ahmed Samir Santawy, come quella di Zaki, è quella di essere andati contro il regime di Abdel Fattah al-Sisi. Infatti, lo studente è accusato di fare studi, su Islam e aborto e di aver realizzato alcuni post contro il governo provenienti da un account Facebook di cui egli ha però negato di essere l’autore.
Inoltre, durante l’udienza del 23 febbraio, Ahmed Samir Santawy ha detto alla Procura che era stato tenuto in isolamento in una cella fredda senza possibilità di accesso a indumenti e biancheria da letto adeguati. La Procura non ha disposto un’indagine sulle sue accuse di essere stato vittima di sparizione forzata e di percosse da parte dell’Nsa e non ha risposto alla richiesta degli avvocati affinché Ahmed Samir Santawy potesse essere visitato da un medico.
Ahmed Samir Santawy è attualmente in regime di detenzione preventiva presso il carcere di Tora. La sua detenzione preventiva è stata confermata per quattro volte in assenza sua e dei suoi avvocati, in violazione del diritto di contestare la legittimità della sua detenzione.
Le 72 Ong chiedono alle autorità egiziane di garantire che, in attesa del suo rilascio, Ahmed Samir Santawy possa avere accesso regolare e immediato alla sua famiglia e ai suoi avvocati, gli venga fornita assistenza sanitaria adeguata e venga protetto da torture e altri maltrattamenti.
L’arresto di Ahmed Samir Santawy si colloca in un periodo in cui in Egitto è in atto una repressione senza precedenti nei confronti della libertà di espressione, associazione e riunione pacifica. Negli ultimi anni, le forze di sicurezza hanno arrestato centinaia di difensori dei diritti umani, attivisti, avvocati, politici, manifestanti pacifici, operatori sanitari, ricercatori e accademici, sottoponendoli a sparizioni forzate, torture e lunghi periodi di detenzione preventiva in attesa di indagini per accuse di terrorismo infondate.
Nel febbraio del 2020 le forze di sicurezza hanno arrestato, al suo arrivo in Egitto, Patrick George Zaki, ricercatore sui diritti di genere presso l’organizzazione Iniziativa egiziana per i diritti della persona e studente iscritto a un master all’Università di Bologna in Italia. Da allora è in stato di detenzione preventiva per accuse infondate di terrorismo.
Nel maggio del 2018 Walid Salem, ricercatore dottorando presso la University of Washington è stato arrestato in seguito al suo rientro in Egitto per la sua attività di ricerca sul campo. In attesa delle indagini, Walid Salem è stato rilasciato provvisoriamente a dicembre 2018, dopo aver trascorso sette mesi in regime di detenzione preventiva, ma le autorità gli hanno imposto un divieto di viaggio fuori dall’Egitto. Questi attacchi nei confronti di universitari e ricercatori pregiudicano ulteriormente la già limitata libertà accademica nel paese. Una repressione della cultura e una prova di forza nei confronti di chi inizia a farsi domande sui diritti, questa è la dimostrazione che in Egitto le libertà non esistono. Che sia arrivato il momento di tacciare anche Abdel Fattah al-Sisi di essere un dittatore?! Utilizzare due pesi e due misure non è la strada giusta per guadagnare credibilità. Bisogna colpire duro chi viola i diritti e prendere le distanze da certi regimi. Avanti e uniti per le libertà!