La parentesi crisi di governo potrebbe scemare nelle ultime ore e il giorno della resa dei conti è sempre più vicino. Dopo le dimissioni del premier, respinte in tronco da Mattarella, abbiamo assistito allo spettacolo pietoso dello scarica barile e la maggioranza si è scagliata unita contro il Movimento cinquestelle.
Il segretario del Pd, Enrico Letta, prova a fare da paciere tra il governo e i suoi alleati del campo largo e, infatti, fa “un appello al M5S, perché sia della partita di mercoledì con la voglia di rilanciare” l’azione dell’esecutivo.
Inoltre aggiunge che bisogna ritrovare “il filo di questa maggioranza” e avvisa: “Se noi oggi fermiamo il percorso del governo Draghi, da coloro che hanno dato più di 200 miliardi di euro sarà interpretato come la solita e drammatica inaffidabilità italiana. E noi ci porteremo dietro lo stigma di questa scelta”.
Ma nonostante il ricatto del Pnrr, pare che Conte non voglia sentir ragione e le sue dichiarazioni sembrano un preludio a un appoggio esterno, nel caso in cui non venisse data risposta ai 9 punti pentastellati.
La misura e colma
Ognuno utilizza la crisi per tirare l’acqua al proprio mulino. La Lega, con un piede in più staffe, non esclude un ritorno alle urne, cosa che chiede a gran voce Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia. “Basta con l’accanimento terapeutico di questo Parlamento e con i governi che non raggiungono risultati”.
Matteo Salvini, dalla sua propaganda, dice che “la Lega sceglierà per il bene dell’Italia, capricci e minacce li lasciamo ai signori del No, cioè ai 5Stelle, e ai loro amici del Pd”.
Salvini ribadisce l’impegno del Carroccio “per far uscire il Paese dallo stallo” e segnala che “la Lega conferma la propria responsabilità, nonostante le continue provocazioni e i ritardi”.
Di diverso avviso è Luigi Di Maio che dice: “Se salta il governo Draghi, salta il tetto massimo al prezzo del gas europeo”. Riforma che era stata stroncata sul nascere dall’Europa stessa.
Infatti, dopo aver tradito tutti i suoi ideali primordiali e aver pugnalato Conte e il Movimento alle spalle, si scaglia contro “il teatrino della politica non molto onorevole tra veti e bandierine. Se giochiamo così, non andiamo da nessuna parte e allora vorrà dire che si guarderà al voto del 25 settembre”, dice il ministro degli Esteri.
Antonio Tajani invece dice di avere “le idee molto chiare, non possiamo continuare a governare con i cinque stelle, la nostra presenza è alternativa alla loro. Se non ci sarà un altro governo Draghi senza i cinque stelle si tornerà a votare”.
Intanto Matteo Renzi, per paura di cadere nell’anonimato alle prossime elezioni, punta a raccogliere 100mila firme (per ora superata quota 70mila) per la petizione che punta al Draghi bis e chiarisce: “Italia viva non si rassegna alla catastrofe voluta da Giuseppe Conte e dal M5S. A Draghi diciamo di andare avanti”.
Non si discosta da questa linea il segretario di Azione, Carlo Calenda, che tuona e si scaglia contro “Forza Italia e Pd” che “continuano a blandire i loro alleati populisti invece di chiedere insieme con forza a Draghi di restare e dare disponibilità a sostenere un’agenda riformista. La responsabilità di questa crisi è loro tanto quanto dei 5S e della Lega”.
Anche il governatore della Liguria, Giovanni Toti, lancia un appello rivolto anche agli altri governatori “affinché Draghi rimanga al suo posto”, perché “servono stabilità e decisioni rapide”.
Anche i sindaci chiedono a Draghi di non mollare: “Abbiamo bisogno di stabilità”.
Da Giuseppe Sala (Milano) a Roberto Gualtieri (Roma) passando per Antonio Decaro (Bari), Luigi Brugnaro (Venezia) ecc… in molti invocano il ritorno del governo Draghi per mettere le mani sui soldi del Pnrr e non solo. Così, pregando il premier, chiedono “di andare avanti”, in quanto “ora più che mai abbiamo bisogno di stabilità, certezze e coerenza”.
“Noi sindaci abbiamo 65 miliardi di euro di opere pubbliche da realizzare con i fondi del Pnrr in questi mesi. Qualsiasi rallentamento potrebbe essere fatale. Non possiamo perdere neanche qualche settimana”, dice Dario Nardella sindaco di Firenze.
“Una follia portare il Paese alle urne ora. È un momento troppo delicato, in cui Roma e l’Italia si giocano tutto per il loro futuro” dice il primo cittadino di Roma Roberto Gualtieri.
“Se oggi andiamo al voto perderemo gran parte dei soldi che abbiamo ottenuto in Europa. E ricordo la fatica che ci è voluta per ottenerli dato che ho trattato in prima persona a Bruxelles in qualità di ministro dell’Economia. Rischiamo un autogol clamoroso come Paese mandando ora a casa Mario Draghi”, conclude Gualtieri che ha appena raddoppiato gli stipendi ai consiglieri della Capitale.
Insomma Draghi, che per molti rappresenta il leviatano, non ha ancora tirato i remi in barca e il suo governo può ancora tirare avanti per le lunghe, ahinoi, nel frattempo Conte prepara inutilmente i suoi penultimatum per uscire dal pantano creatosi dal momento in cui ha dato la sua fiducia a questo governo.
Tuttavia, infine, c’è una considerazione da fare. Invece del solito teatrino ignobile, opportunista e stucchevole, messo in scena dalla politica italiana che ha il preciso compito di fare da propaganda a Mr. Bilderberg, se piace così tanto Mario Draghi facessero un partito attorno a lui e chiedessero agli italiani in primis se riconfermare o meno il premier poiché questa vendita tanto “ar chilo” puzza un tantino di fregatura.